L'omelia di inizio pontificato
Papa Leone disarma la destra: pace e migranti saranno il fulcro della sua opera pastorale
Il programma presentato dal nuovo Pontefice nell’omelia inaugurale è un’ode all’unità nell’accettazione della diversità. Pace e migranti saranno il fulcro della sua opera pastorale
Cronaca - di Fabrizio Mastrofini

L’omelia di inizio pontificato di papa Leone XIV ha presentato il programma della sua azione e visione futura. Chi se ne è accorto? Siamo stati travolti dalle folle, dalle delegazioni dei politici, da re e regine in bianco, dalla cavalcata della papamobile in mezzo alla folla, dalla commozione del papa che si è guardato l’anello del pescatore quasi a dire di non crederci lui stesso. Il colore e il folklore di un rito antico hanno un po’ preso il sopravvento. Mentre il centro era l’omelia e i due aspetti che ha messo a fuoco.
Il primo: una chiesa unita. Amore e unità sono le parole d’ordine del binomio inscindibile che il papa vuole. Unità sotto il segno degli apostoli e soprattutto di Pietro primo apostolo e primo papa, che nonostante tutte le abiure e le manchevolezze, è stato scelto per guidare la chiesa. “Chiamati col nostro Battesimo – ha detto papa Leone – a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità”. “Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato”.
Il secondo aspetto, collegato strettamente con il primo: la pace. “In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri”. E pertanto “noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace”. Uno “spirito missionario” di nuovo conio, “senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo” perché “si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo”.
In uno slogan: “è l’ora dell’amore”, ha sintetizzato il papa. E ieri ha insistito sul tema aggiungendo una postilla importante e per nulla scontata: la continuità assoluta con papa Francesco nel metodo per portare avanti il programma di governo. Lo ha detto parlando alle delegazioni delle altre chiese cristiane, delle altre religioni, al mondo ebraico e musulmano. Il metodo è la sinodalità, termine che il mondo conservatore cattolico non può neppure sentire nominare. E invece papa Leone lo ha ribadito: “Desidero assicurare la mia intenzione di proseguire l’impegno di Papa Francesco nella promozione del carattere sinodale della Chiesa Cattolica e nello sviluppo di forme nuove e concrete per una sempre più intensa sinodalità in campo ecumenico”. Ed è ritornato sulla pace, dando una declinazione dai risvolti molto concreti. “Sono convinto che, se saremo concordi e liberi da condizionamenti ideologici e politici, potremo essere efficaci nel dire ‘no’ alla guerra e ‘sì’ alla pace, ‘no’ alla corsa agli armamenti e ‘sì’ al disarmo, ‘no’ a un’economia che impoverisce i popoli e la Terra e ‘sì’ allo sviluppo integrale”.
Ma la strada è lunga, soprattutto per realizzare una certa unità all’interno di un mondo cattolico attraversato da correnti riottose e ideologicamente violente. Che proprio ieri ha dato il peggio di sé, mostrando con quali settori il papa abbia a che fare. Lo spunto è venuto dalla importante nomina del cardinale vicario Baldassarre Reina a Gran Cancelliere del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia, all’interno dell’Università Lateranense. Il cardinale sostituisce mons. Vincenzo Paglia, che ha compiuto 80 anni; e si torna alla prassi per cui il Gran Cancelliere dell’Università Lateranense lo è anche del Pontificio Istituto. Una procedura normale. E invece il settore conservatore cattolico ha approfittato per scrivere fiumi di parole su mons. Paglia “eretico” finalmente sostituito, per augurarsi che si torni alla teologia della famiglia di Giovanni Paolo II. Ignorando – facendo finta di ignorare – che papa Francesco non ha sovvertito la visione cristiana della famiglia; ha ‘solo’ accentuato la misericordia e l’apertura verso i tanti che vivono drammi e fallimenti esistenziali. Che il mondo tradizionalista pervicacemente vuole ignorare per fare della Chiesa una sorta di tribunale che somministra condanne e patenti di cattolicità.