Il nuovo Pontefice nel mirino
Parte la caccia a Papa Leone: “È il fantoccio di Bergoglio”
“Non è americano, è peruviano e vicino alla Teologia della liberazione ”, tuona Bannon. E nei siti conservatori pullulano le critiche: c’è chi lo mette all’indice persino per i gusti sul football...
Cronaca - di Fabrizio Mastrofini

Scrive il New York Times International Edition del 12 maggio che il mondo cattolico tradizionalista statunitense è scontento dell’elezione di Papa Leone XIV. “I cattolici tradizionalisti, soprattutto negli Stati Uniti, dove si è concentrata gran parte dell’opposizione a Francesco, desideravano un nuovo Papa che avrebbe rafforzato o addirittura annullato i cambiamenti apportati da Francesco per promuovere una Chiesa più inclusiva, in cui l’autorità fosse condivisa e tutti potessero essere ascoltati”. Più chiaramente si esprime Steve Bannon, l’ex stratega di Trump, oggi tra le voci più importanti del movimento Make America Great Again: “Quest’elezione è più truccata dell’elezione del 2020 contro Trump”.
Sul Corriere della Sera di domenica 11, Bannon parla di Prevost e ci va giù con l’accetta. “È americano ma non troppo; è nato in America, ma è più del Perù, è vicino alla Teologia della Liberazione. Bergoglio l’ha creato e selezionato per questa posizione. È cardinale da solo due anni. L’ha messo a capo del potente dicastero dei Vescovi per farlo conoscere. Serviva un americano perché i donatori abbiano accesso — così possono fare le loro premiazioni, cene e benedizioni papali — e le donazioni aumentino, ma i cardinali americani hanno detto in conferenza stampa che è il meno americano tra loro. Il fratello ha detto al Daily Mail che avevano parlato del nome Leone prima che il Conclave iniziasse. È impossibile per un arcivescovo americano virtualmente sconosciuto che ha passato la maggior parte della vita in Perù ed è cardinale da meno di due anni arrivare ad un Conclave e vincere nella quarta votazione. È stata la Curia globalista di Bergoglio. Quest’elezione è completamente truccata. Alcuni cattolici Maga dicono che si è incontrato col Cardinale Burke e ha detto che ama la Messa in Latino e andrà tutto bene, ma non è per niente vero”.
E così adesso parte la grancassa mediatica dei conservatori sui social media – soprattutto su X – per poi rimbalzare attraverso i diversi siti. Con alleanze inaspettate. Ad esempio scopriamo che su National Catholic Register – il periodico online collegato al gruppo multimediale Ewtn, capofila dell’opposizione a Bergoglio, nonostante si professino tutti cattolici, è stato assoldato Francis X. Rocca. Già responsabile della redazione romana del Catholic News Service (agenzia stampa dei vescovi Usa), poi passato al The Washington Post, adesso che è in pensione mette allo scoperto la sua decisa propensione verso il mondo conservatore cattolico. Lo vediamo così uscirsene con un lungo articolo in cui ricostruisce l’incontro che ha avuto insieme ad un collega con padre Robert Francis Prevost nel 2012, quando era superiore generale degli Agostiniani. È molto importante evidenziare questa storia raccontata da Rocca in un lungo articolo, perché esemplifica la modalità di lavoro del mondo conservatore (cattolico).
Nell’ottobre 2012 Prevost, sollecitato dai due cronisti, ribadiva quanto sostenuto nel suo intervento al Sinodo appena concluso (sulla nuova evangelizzazione) e cioè come i media occidentali stessero promuovendo quelle che lui chiamava “scelte di vita anticristiane” – tra cui aborto, eutanasia e matrimonio tra persone dello stesso sesso – e di come la Chiesa cattolica potesse rispondere. Spiega Rocca, oggi, quale è la questione dirimente. Lo dice così: “Il contenuto del suo discorso sinodale del 2012 (di Prevost, ndr) non contraddiceva, a rigor di termini, nulla dell’insegnamento di papa Francesco, ma il suo tono controculturale ha colpito in modo netto per contrasto con l’approccio conciliatorio del Papa argentino alla cultura laica”. Questo è il punto. Prevost era con il papa nel 2012, o no? Prima di diventare cardinale nel 2023, il collega di Rocca chiede di nuovo a Prevost se è ancora d’accordo con quanto diceva nel 2012.
Risposta del neo-cardinale: “Papa Francesco ha chiarito che non vuole che le persone siano escluse semplicemente sulla base delle scelte che fanno, che si tratti di stile di vita, lavoro, modo di vestire o altro. La dottrina non è cambiata, e la gente non ha ancora detto: ‘Stiamo cercando questo tipo di cambiamento’. Ma stiamo cercando di essere più accoglienti e aperti, e di dire che tutti sono benvenuti nella Chiesa”. E quindi, dirà il lettore? Che conclusione dobbiamo trarre? Per Rocca la questione è estremamente chiara: si tratta “della prima controversia del suo pontificato”. E, diciamo noi, è la prima prova-provata applicata a Leone XIV, del metodo con cui lavora il mondo tradizionalista. Accennando, insinuando, collocando dei problemi dove non ne esistono. Inventando insomma. Un altro esempio riguarda The Pillar, rivista online molto letta in Curia, ed è uno dei baluardi del conservatorismo cattolico, ammantato di rispetto per l’autorità ecclesiale. Ma un rispetto che usa l’ironia fuori luogo.
Papa Leone XIV parla di Sinodo e sinodalità nella prima messa con i cardinali? Apriti cielo, usa una parola che i conservatori vorrebbero bandire da ogni vocabolario ecclesiale. Ma siccome non osano dirlo apertamente, ci scherzano sopra. Giudichi il lettore, a partire dalla premessa dell’articolista Ed Condon (che è uno dei fondatori della rivista online) che parte da lontano e visto che anche lui è di Chicago, si sente per questo già da subito in sintonia con il nuovo papa: “Siamo entrambi di Chicago e, come direbbe papa Leone, questo significa qualcosa, non importa quanto lontano si vada da casa. Ed è qualcosa in cui si nasce, non si diventa”. E quindi? Quindi “Non so cosa succederà negli anni del suo pontificato, sono sicuro che ci saranno cose che farà che mi faranno esultare e altre che mi lasceranno confuso, o persino critico. Ma, a livello istintivo, sento che probabilmente mi capirebbe, e io capirei lui, se ci incontrassimo. E questo per me significa qualcosa”. Ed ecco venire l’esempio calzante di cosa potrebbe piacere e non piacere. Giudichi il lettore quanto l’esempio possa essere appropriato. “Poco dopo la sua apparizione (dalla Basilica per il saluto ai fedeli, ndr), su internet circolava la voce che il nuovo papa, nonostante fosse nato nel South Side, fosse un tifoso dei Cubs. Potete immaginare quanto mi abbia emozionato: la forza di carattere, la capacità di discernimento che sicuramente ci sono volute per fare una scelta del genere in tali circostanze. Purtroppo non è stato così. Il fratello del papa, John Prevost, ha precisato: “Non è mai stato un tifoso dei Cubs. È sempre stato un tifoso dei Sox”.
Continua Ed Condon. Attenzione, qui c’è una punta avvelenata: “È giusto, non si può avere tutto. Ma vorrei sottolineare anche questo: molti hanno notato il riferimento pungente di Leone al desiderio di essere ‘una Chiesa sinodale’. Certo, la sinodalità è diventata una sorta di test di Rorschach negli ultimi anni. Ma la madre di papa Leone era una tifosa dei Cubs, e suo padre a quanto pare era un tifoso dei Cardinals, e lui è un tifoso dei Sox. Secondo qualsiasi ragionevole valutazione, quella famiglia avrebbe dovuto disgregarsi, violentemente. Eppure è stata così felice da produrre una vocazione che ha portato alla cattedra di Pietro. Questo è ciò che chiamo sinodalità”. Evviva la comprensione ecclesiale, Dunque: sinodalità nel football come modo – anzi, come test di Rorschach, addirittura! – per comprendere la sinodalità nella Chiesa. Sì, è proprio un approccio comparabile! Ma in realtà cosa vogliono i tradizionalisti? Tornare indietro rispetto alle riforme di Francesco. Quali sono, non si sa. Rivogliono la messa in latino e questo è sicuro. Poi rivorrebbero dei passi indietro in tema di morale matrimoniale con le condanne per divorziati, risposati, e per tutto il mondo Lgbtq+. Ma non si sa cosa voglia dire, perché ci sono certo state frasi e incoraggiamenti ad accogliere ed evitare di condannare le persone a priori. Ma passi sostanziali non ce ne sono stati.
In campo teologico-morale, papa Francesco ha detto e ribadito che i teologi morali in particolare e la teologia in generale, hanno la possibilità di discutere liberamente. Sarà poi il magistero a decidere. Quindi la vera novità è che si può dialogare, parlare, dibattere. Ma a proposito di “pilastri” (pillars, appunto), la Chiesa ne ha tre: la Scrittura, il magistero, la tradizione. Per i tradizionalisti conta solo l’ultimo cioè la tradizione. Un modo per dire: nulla cambi per ora e per sempre e stiamo bene così. Ultima notazione: si tratta di un settore molto attivo sui social, molto chiassoso. Ma del tutto residuale nei numeri. E – teologicamente parlando – appellarsi solo alla tradizione, ti porta fuori della Chiesa cattolica apostolica romana.
Inutile continuare a restarci. O a far finta di volerci stare, per coprire interesse economici e finanziari. Perché i tradizionalisti godono di cospicui finanziamenti. Perché il mondo deve restare come è, con ricchi da un lato e poveri dall’altro; cittadini di serie a e migranti da rimandare via perché minacciano un’idea di progresso e benessere del tutto illusoria. Guai ad una Chiesa che predica il Vangelo del prendersi cura degli altri. Meglio una Chiesa del filo spinato.