Il caso degli scafisti immaginari
Minore sbattuto in un carcere per adulti da quasi un anno, e il giudice se ne frega
Saha Alam è in un carcere per adulti dal 13 agosto, il gip ha ricevuto il certificato di famiglia e l’atto di nascita (tradotto) il 3 marzo. Il ministro manderà una ispezione in Calabria?
Cronaca - di Angela Nocioni

È minorenne, oltre che innocente. È nato l’8 febbraio del 2008. Dall’agosto dell’anno scorso è rinchiuso in un carcere per adulti e stamattina andrà davanti a un tribunale ordinario. I giudici sanno che è minorenne, lo sanno almeno dal 3 marzo, ma il minore è stato lasciato nelle celle tra adulti e comparirà ugualmente davanti a un tribunale ordinario. Succede in una remota repubblica centroafricana? No, a Locri.
Stamattina Saha Alam, un ragazzino del Bangladesh accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina perché indicato alla Guardia di finanza allo sbarco come scafista insieme ad altri tre (due di loro hanno patteggiato) da quattro migranti della stessa barca di 9 metri in cui viaggiavano dalla Libia in 23, comparirà per l’udienza preliminare al Tribunale di Locri. Elementi evidenti dimostrano la sua innocenza. Innanzitutto uno dei due migranti che hanno ammesso di esser stati al timone – perché costretti da libici armati – dice che il ragazzino era un passeggero come gli altri ed è pronto a ripeterlo in tribunale. Quindi l’avvocato difensore, Giancarlo Liberati, ha rifiutato il patteggiamento. Ma il punto è che il gip ha ricevuto il 3 marzo scorso il certificato di famiglia e l’atto di nascita del ragazzo. E cosa è successo in questi tre mesi e mezzo? Niente.
L’istanza e la convalida di arresto
Nell’istanza per l’accertamento dell’età depositata il 3 marzo viene pregato “l’illustrissimo Giudice delle Indagini Preliminari di voler ordinare gli accertamenti che saranno ritenuti necessari per verificare l’effettiva età di Salah Alam disponendo che venga sottoposto agli esami previsti dalla normativa nazionale e sovranazionale anche attraverso la nomina di uno o più consulenti medici qualificati e specializzati in materia di genetica forense”. Eppure nessuno dal Tribunale di Locri è andato a cercare quel ragazzino sepolto illegalmente in cella tra adulti. Racconta l’avvocato Liberati: “Quando ho visto per la prima volta Saha in carcere gli ho chiesto: scusa, ma quanti anni hai? E lui mi ha detto subito che è nato l’8 febbraio del 2008, ma si vede a occhio che è più piccolo dell’età dichiarata sul passaporto. Mi ha detto: ‘Nel mio passaporto risulto maggiorenne perché dal Bangladesh non mi avrebbero fatto uscire altrimenti, io dovevo andare a lavorare in Libia e quindi abbiamo falsificato il passaporto’. Allora mi rivolgo al gip: ‘guardate che questo è minorenne’. Il gip dice: ‘Ha ragione avvocato, ma io trasmetto queste carte al pm’. Sollevo la questione, spiego perché nel passaporto c’è scritta come data di nascita 1.01.2004 e la risposta della pm Valentina Antonuccio è: ‘allora ha commesso un altro reato che è la falsificazione di documenti’. Lui va davanti a un tribunale ordinario e non importa nulla a nessuno”.
Sulle coste calabresi arrivano migranti anche dalla rotta libica, non solo da quella turca. È una nuova rotta che dalle coste libiche non punta a Lampedusa, ma più a nord. Quel barchino intercettato il 13 agosto dalla Guardia di finanza a dieci miglia dalla costa italiana viaggiava con un satellitare a bordo e solo due bottiglie d’acqua. Si legge nella convalida d’arresto dei quattro migranti accusati: “Bakkar Abu ha raccontato di essere stato costretto a mettersi alla guida dell’imbarcazione da due appartenenti alla cosiddetta mafia libica di nome Sharif e Firus, i quali, dopo avere riscosso da lui una prima somma equivalente ad euro 2.000,00 e una seconda somma pari ad euro 1.600,00, lo hanno condotto fino all’imbarcazione e, per convincerlo a salire, lo hanno aggredito. Sarker Md Kamal Uddin ha riferito di una vicenda ancor più cruenta. Anche lui ha raccontato di essere stato vittima di libici malavitosi che, dopo averlo tenuto segregato in una sorta di prigione per quattro/cinque giorni e avergli sottratto, con la violenza, tutti i soldi che aveva con sé (circa duemila euro), lo hanno condotto fino all’imbarcazione e, minacciandolo con una pistola, lo hanno costretto a salire e ad occuparsi della guida. A tale ultimo riguardo, ha precisato che lì in mezzo è stato condotto per tutta la traversata solo dal Bakkar poiché lui non è in grado di guidare un natante, tanto che si è limitato a reggere il timone per appena cinque minuti, a pilota automatico inserito, solo per consentire al Bakkar di dedicarsi ai bisogni fisiologici. Anche Saha Alam ha raccontato di essere stato vittima di sequestro di persona, ma ad opera della polizia libica, il cui obiettivo era quello di estorcergli del denaro. Ma, non disponendo lui di alcuna risorsa economica, veniva ceduto alla mafia locale. Quest’ultima, dietro minaccia, lo costringeva a salire sull’imbarcazione e ad occuparsi della rotta utilizzando il navigatore satellitare che gli veniva consegnato. Younus Md ha offerto una narrazione sostanzialmente sovrapponibile a quella del Saha, ma in più ha precisato che, una volta portato alla nave dai malavitosi libici, questi lo hanno aggredito fisicamente con così tanta violenza che egli è rimasto completamente tramortito e privo di sensi per i primi due giorni di navigazione”.
Le conclusioni tratte dal gip
“Le dichiarazioni rese dagli indagati hanno palese inverosimiglianza. Ed infatti, ciascun indagato ha riferito di essere stato condotto sull’imbarcazione dietro minaccia di morte, con l’uso di armi o addirittura dietro violenza fisica, ma una circostanza tanto eclatante non è nemmeno stata accennata dai quattro informatori sentiti, che, avendo tutti dichiarato senza incertezze di essersi imbarcati prima dei quattro indagati, avrebbero avuto modo di avvedersi delle vessazioni loro inflitte dagli organizzatori rimasti sulla terraferma. Inoltre, se davvero l’aggressione fisica riservata a Younus Md è stata così efferata da provocargli uno svenimento durato ben due giorni, si fatica a comprendere come i quattro informatori non si siano potuti accorgere della presenza sul mezzo, per ben due giorni consecutivi di navigazione, di un passeggero totalmente privo di conoscenze. Peraltro, se davvero Younus Md fosse stato vittima delle ripetute violenze fisiche descritte, egli dovrebbe ancora riportare delle tumefazioni al volto e al resto del corpo che invece, stando a quanto direttamente percepito anche da questo Giudice nel corso dell’udienza di convalida, si presentano totalmente intatti. Di conseguenza, allo stato sussistono gli elementi per ritenere che gli odierni fermati abbiano condotto l’imbarcazione, trasportando numerosi migranti dalle coste della Libia fino a quelle italiane, consentendone l’approdo illegale sul territorio nazionale, condotta, questa, che rientra a pieno titolo nella nozione di trasporto di stranieri onde procurarne illegalmente l’ingresso in territorio italiano. La condotta contestata risulta, altresì, connotata dalle aggravanti: dell’essere stato determinato l’ingresso nello Stato di cinque o più persone; dell’esposizione al pericolo per la vita o l’incolumità e della sottoposizione a un trattamento inumano e degradante, integrate in ragione del sovraffollamento del natante, non strutturato per ospitare un siffatto numero di passeggeri, della totale assenza di presidi di soccorso e dell’altrettanto totale mancanza di scorte di cibo e di acqua; del concorso di tre o più persone nel reato”.
Non è chiaro sulla base di quali elementi concreti il giudice fondi la seguente considerazione: “Va evidenziato che, in considerazione della più articolata dinamica del viaggio intrapreso emersa con chiarezza dalle convergenti dichiarazioni dei sommari informatori, gli odierni indagati non rappresentano che un tassello intermedio di una più estesa e complessa rete di trafficanti di esseri umani, che si avvale anche di complici presenti sulle coste di partenza, con l’incarico di regolare l’afflusso dei migranti sull’imbarcazione principale da terra e, talvolta, di riscuotere le ingenti somme di denaro pretese”. Tasselli intermedi di una complessa rete di trafficanti? Definiti tali sulla base di quali prove? Non è una deduzione basata su fatti concreti questa. È una illazione, una ipotesi non provata. L’atto di nascita di un minorenne e il certificato di famiglia che lo conferma tale, invece, sono FATTI. Ignorati per ora dal Tribunale di Locri.