Il caso

Il dramma di Mohammed, sbattuto in cella per due anni e mezzo e poi assolto: “Non era uno scafista”

La pm aveva chiesto 6 anni. Il Tribunale di Locri l’ha assolto. Nel cellulare che aveva allo sbarco c’erano tutti i video che lo scagionano

Cronaca - di Angela Nocioni

9 Aprile 2025 alle 13:30

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© Lapresse
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Dell’Italia ha visto soltanto una motovedetta della Guardia di finanza, il molo di Roccella Ionica e il carcere di Locri dove l’hanno portato subito il giorno dello sbarco. Era il 14 novembre del 2022. Lunedì, 7 aprile 2025, una guardia carceraria gli ha aperto la porta della cella dove stava rinchiuso con altre otto persone. Ordine di scarcerazione immediata. Innocente. Sentenza di primo grado del tribunale di Locri, assoluzione piena.

Lui si chiama Mohammed El Hamarwa. Ha 29 anni. E no, non era uno scafista. S’erano sbagliati, s’erano sbagliati anche questa volta. L’Italia ha preso un ragazzo di 27 anni, con un figlio di 6 e una moglie giovanissima che aspettavano sue notizie da una città dell’entroterra egiziano a cinque ore di macchina da Alessandria d’Egitto dove lui per partire aveva venduto tutto, incluso la moto ape con cui lavorava come tassista, l’ha sbattuto in galera senza uno straccio di prova e l’ha tenuto due anni e tre mesi in una cella perché chi deve fare le indagini non le fa per nulla o le fa coi piedi. Mohammed il 14 novembre del 2022 era su un motopeschereccio carico di migranti. Avaria al motore, al traino di un’altra barca entrano in acque italiane. Lì arriva la Guardia di finanza che troverà 263 persone a bordo. Portati a Roccella Ionica.

Solita procedura di identificazione allo sbarco, solito obiettivo: per ogni sbarco trovare gli scafisti, qualcuno da poter incriminare ex articolo 12 del testo unico sull’immigrazione, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Sulla base di quali prove? Le dichiarazioni firmate da altri migranti allo sbarco. Anche questa volta l’unico elemento d’accusa erano le dichiarazioni di altri migranti. Quattro in questo caso, tutti e quattro pakistani. Indicano come scafisti 5 egiziani. Tre dei 4 accusatori spariscono subito dopo aver firmato la dichiarazione d’accusa. Uno solo di loro si presenta all’incidente probatorio. Dirà poi che ha indicato 5 persone come responsabili a bordo scegliendole tra le 19 fototessere che gli ha mostrato la polizia. Perché mostrare solo 19 se i migranti a bordo erano 260? Succede molto spesso, soprattutto negli sbarchi con grossi numeri di persone a bordo: la polizia mostra le foto solo di alcuni, non di tutti i migranti sbarcati a chi si appresta a formare dichiarazioni “spontanee” d’accusa.

Il pakistano indica i 5 egiziani, tra cui Mohammed che somiglia moltissimo a uno degli altri 4 accusati i quali, dopo qualche mese in carcere, accettano il patteggiamento, si dichiarano colpevoli e vengono condannati a 3 anni. Mohammed rifiuta di patteggiare, vuole che un tribunale italiano riconosca la sua innocenza.
L’accusa non ha nulla altro in mano se non le dichiarazioni dei 4 allo sbarco, non un indizio, non un riscontro. Il pakistano ha detto di ricordare Mohammed seduto sopra la cabina di comando con un coltello in mano. Coltello che non è stato trovato. Addosso allo sbarco Mohammed aveva invece due telefoni cellulari con prove evidenti che lui era un passeggero come gli altri. Solo che il telefono qualcuno l’avrebbe dovuto guardare, nessuno degli inquirenti l’ha fatto. Nel telefono c’è il video che mostra lui, ammassato con tanti altri migranti, dentro uno stanzone in cui i trafficanti li hanno tenuti rinchiusi molti giorni in attesa che arrivassero i soldi della traversata. E ci sono le immagini scattate dentro il peschereccio in cui si vede lui a poppa insieme agli altri, nelle stesse condizioni degli altri, chiaramente un passeggero.

Questi ed altri documenti – tra cui gli screenshot (mandati alla madre) dei pagamenti on line ai trafficanti, 200mila guinay, circa 3600 euro – sono stati mostrati dal difensore, l’avvocato Giancarlo Liberati ai giudici. La pm Rosa Maria Pantano, aveva chiesto 6 anni ex art 12 testo unico immigrazione, esclusa l’aggravante del fine di profitto. Il Tribunale lunedì l’ha assolto. Lunedì sera alle otto e mezza si sono aperte le porte del carcere di Locri e Mohammed è uscito, per la prima volta in strada in Italia. Senza un centesimo, senza un telefono né un numero da chiamare, senza un posto dove dormire, senza nulla da mangiare. Non conosce nessuno. L’è andato a prendere il suo difensore, l’ha portato in albergo, gli ha dato un telefono, da mangiare. “Il minimo indispensabile per consentire a un ragazzo di 29 anni di muoversi. Cosa devo fare? Lo lascio in mezzo alla strada? Ma sono tutti così, mica solo lui” dice l’avvocato Liberati. Mohammed per poter guadagnare qualcosa faceva le pulizie in carcere. Lunedì andrà a prendere i soldi della paga del mese di marzo e dei primi cinque giorni di aprile e con quelli prenderà un treno per Milano.

9 Aprile 2025

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