Il caso dell'iraniano
Amir si è tagliato la gola: non doveva stare in carcere
Il ragazzo iraniano è stato condannato nello stesso processo che ha visto assolta Marjan, nonostante la testimonianza del capitano avesse scagionato entrambi
Cronaca - di Angela Nocioni

È innocente Amir Babai. Innocente e disperato. Si è tagliato la giugulare in cella, a 31 anni. Nell’Aula del Tribunale di Locri martedì sono risuonate le sue grida di dolore alla lettura della sentenza che lo condanna in primo grado per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina a sei anni e un mese di reclusione e al pagamento di un milione e mezzo di multa. Ha già scontato 600 giorni di ingiusta detenzione preventiva.
Tornato in carcere a Locri, Amir Babai s’è tagliato la giugulare. L’ha salvato il medico di turno che il caso ha voluto fosse un medico chirurgo. È riuscito a bloccare l’emorragia chiudendo il taglio con 15 punti di sutura. Se quella notte di turno fosse stato, come molto spesso accade, un dentista o un internista, Amir sarebbe morto dissanguato. Ha perso tantissimo sangue. Con quei 15 punti di sutura è stato rimandato in cella. E incredibilmente sta ancora in carcere. È chiaro che la sua condizione non è compatibile con la detenzione. Deve essere mandato ai domiciliari subito in attesa dell’Appello. Il secondo grado non potrà che assolverlo con formula piena come con formula piena è stata assolta martedì – finalmente, dopo una persecuzione giudiziaria spiegabile soltanto con la prepotenza degli inquirenti stizziti per l’esposizione all’opinione pubblica delle clamorose falle dell’inchiesta – Marjan Qaderi Jamali, la ragione della detenzione di Amir.
Perché Amir è finito in galera come scafista appena sbarcato a Roccella Jonica il 27 ottobre del 2023 soltanto perché ha difeso questa ragazza trentenne, Marjan, iraniana come lui, che viaggiava da sola con il figlio di otto anni nella stessa barca dove erano stipate con loro altre 104 persone partite dalla costa turca verso l’Europa. L’ha difesa da tre altri migranti che in un momento della traversata hanno infilato le mani sotto i vestiti di Marjan. Lei, svegliatasi di soprassalto sentendosi palpeggiata, si è messa ad urlare. Amir è stato l’unico che si è alzato a difenderla. I tre – come testimoniato da altri migranti al processo – hanno risposto: ve la facciamo pagare. Intercettata la barca dalla Guardia di finanza, quando allo sbarco tutti i passeggeri sono stati identificati e gli è stato chiesto di indicare quali fossero gli scafisti, i tre hanno accusato Marjan e Amir. E poi sono scomparsi.
Gli inquirenti non li hanno rintracciati per l’incidente probatorio e hanno sbattuto in galera Marjan e Amir sulla sola base delle accuse di dichiaranti resisi irreperibili. Nonostante non avessero uno straccio di prova, hanno ignorato costantemente nel dibattimento ogni prova a discapito portata in Aula dall’indagine difensiva dell’avvocato di Marjan, Giancarlo Liberati, continuando a ripetere di considerare “immutato il quadro probatorio” senza mai essere in grado di dimostrare quali fossero queste prove. La testimonianza chiave che ha scagionato Marjan scagiona anche Amir. È clamoroso che i giudici di Locri non ne abbiano fatto derivare una immediata assoluzione anche per Amir. Il capitano della nave, Faruk, egiziano, che ha accettato il patteggiamento, ha testimoniato al processo confermando che sia Marjan sia Amir erano dei passeggeri, dei migranti come gli altri a bordo.
La pm, Marzia Currao, nella requisitoria ha tentato di screditare l’attendibilità degli imputati esibendo suoi giudizi morali invece di esibire delle prove. Ha pronunciato le seguenti parole: “È arrivato il Commissario Trimboli, il quale ha dichiarato tutta una serie di cose delle quali io non ero a conoscenza perché non erano neanche degli atti di indagine, perché ricordiamoci, a meno che non succedano delle cose eclatanti, le parti relative allo scambio di effusioni amorose, come è stato per esempio tra la signora Qaderi e il signor Babai, non è che entrano negli atti del processo, perché a noi non ci importa, non ci interessa quello che tu fai nella tua vita personale, a meno che non abbia a oggetto i fatti di causa. Quindi, a noi non interessa quello che è successo tra queste persone, gli odierni imputati a bordo della barca e una volta che sono scesi dalla barca. Ci interessano i fatti di causa. Il Commissario Trimboli che cosa ha detto? Ha detto che loro stavano mano nella mano. Dà fastidio anche a me riferire queste cose, però lo devo fare, perché a me non interessa quello che voi avete fatto e quali sono i vostri rapporti se non influiscono sui fatti di causa, però io penso che fare emergere questi dati serva a mettere in evidenza, diciamo, anche degli elementi ai Giudici per valutare quella che è la correttezza processuale che voi avete avuto e l’attendibilità. Quindi, io penso che sia giusto dirlo”.
La pm se l’è presa con la copertura giornalistica del processo (da notare che il tribunale di Locri ha anche negato a Radio Radicale il permesso di registrare l’udienza). Ha detto la pm Currao: “La difficoltà principale che io ho trovato, diciamo nel dovere affrontare questo processo, è questa, cioè l’esposizione mediatica che la vicenda ha assunto, i toni che sono stati diciamo sposati nei confronti dei miei stessi colleghi della Magistratura italiana e delle forze dell’ordine, sulle quali si è cercato in ogni modo di gettare discredito, del cui operato encomiabile perché, lo ripeto, queste persone, soprattutto nei territori dove noi ci troviamo a operare, dove io mi trovo a operare da più di sei anni ormai, perché ho origini di altro tipo, le persone, le forze dell’ordine dedicano la loro vita, sacrificando le proprie famiglie, sacrificando diciamo i loro interessi, per uno stipendio che, non voglio fare nessun tipo di polemica, ma sicuramente non è paragonato al sacrificio che noi Stato gli chiediamo di fare, e questo processo è stato un processo alla Magistratura ed è stato un processo alle forze dell’ordine”.
Marjan è stata probabilmente salvata dal tribunale del riesame di Reggio Calabria che il 27 marzo l’ha messa in libertà con una sentenza che ha rilevato la totale assenza di prove a suo carico e la fondatezza dei tanti elementi che ne dimostrano l’innocenza. Se non ci fosse stata quella sentenza, forse oggi sarebbe ancora in cella anche lei. Il caso di Amir Babai – ingiustamente accusato come lei – ha avuto risonanza solo di rimbalzo a quella di Marjan. Bisogna occuparsi subito di lui e tirarlo fuori dalla cella. Il garante dei detenuti si faccia subito carico della sua condizione. I parlamentari e tutti coloro dotati di potere ispettivo vadano al carcere di Locri: andateci, vedetelo questo carcere nel cuore della Locride pieno zeppo di ragazzi neri, turchi, mediorientali, una selva di braccia scure che escono dalle sbarre: l’esercito dei presunti scafisti che riempie le celle. Andateci e fate scarcerate Amir Babai, innocente.