Via al G7 in Canada

Perché Trump vuole la guerra e boccia la linea Ue

La bozza preparata da Francia e Germania sostiene il diritto di autodifesa di Tel-Aviv e chiede la de-escalation ma il tycoon non firma: vuole la resa dell’Iran

Esteri - di David Romoli

17 Giugno 2025 alle 20:00

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Suzanne Plunkett/Pool Photo via AP
Suzanne Plunkett/Pool Photo via AP

Trump non manca di calare la sua carta esplosiva al G7 di Kananaskis, Canada, dove era arrivato per ultimo domenica sera: “Putin parla solo con me perché è stato cacciato dal G8 per colpa di Obama e Trudeau. È stato un errore senza il quale non ci sarebbe stata la guerra”. The Donald oscilla nei rapporti con Putin e un po’ anche in quelli con Netanyahu ma quando si arriva all’osso la sua posizione non varia: vicino a Putin, vicinissimo a Bibi.

La dichiarazione di ieri arriva subito dopo la proposta della vigilia di affidare proprio a Putin la mediazione nel conflitto tra Israele e Iran. Idea poco realistica ovviamente, respinta subito apertamente da Macron ma anche, senza esporsi, dagli altri leader del G7 ma che serviva soprattutto a lanciare un segnale a tutti, a partire da Zelensky: per gli Usa Putin è un interlocutore. Non il nemico, come per la Ue. La bozza di documento che viene proposta all’americano è fortemente sbilanciata a favore di Israele. Difende il diritto all’autodifesa dello Stato ebraico. Afferma che l’Iran non deve arrivare all’arma atomica. Ma per il presidente degli Usa è ancora poco. A sera era ancora deciso a non firmare e la sua dichiarazione è una richiesta di resa: “Gli iraniani vogliono dialogare ma avrebbero dovuto farlo prima. Non vinceranno questa guerra. Devono tornare a negoziare e fare un accordo prima che sia troppo tardi”. Accordo significa rinuncia all’arricchimento dell’uranio anche se “a scopi civili”. È una posizione diversa da quella degli altri 6, che insistono sulla de-escalation, cioè sulla sospensione o sull’attenuazione degli attacchi e dei contrattacchi come viatico per una trattativa. È la linea decisa dai Paesi europei e fatta propria anche da Canada e Giappone.

C’era una volta l’Europa divisa. C’è ancora e probabilmente lo si riscoprirà tra una decina di giorni, nel Consiglio europeo convocato per il 27 giugno, subito dopo il vertice Nato dei tre giorni precedenti. Però a guardare quello che succede al G7 in Canada si direbbe che invece quell’Europa divisa non esista e anche quando le divaricazioni riemergeranno, quasi certamente in materia di riarmo e strumenti per consentire agli Stati europei al verde di ottemperare ai nuovi obblighi, le ragioni dell’unità si faranno sentire più di quanto siano riuscite a fare sinora, con una sola ed eloquente eccezione: il Covid. È necessità, non virtù. Ed è una necessità che non si limita ai Paesi dell’Unione presenti nel G7, Germania, Francia e Italia ma coinvolge anche gli altri tre, Canada, Giappone e soprattutto Regno Unito, che non è rientrato nell’Unione ma non è nemmeno più davvero esterno ai 27. La necessità si chiama appunto Donald Trump.

A Kananaskis, prima che il vertice dei 7 aprisse i battenti poi in una rimpatriata notturna in un ben fornito bar, Giorgia Meloni ha fatto il punto con il tedesco Merz e l’inglese Starmer in due bilaterali. Non con Macron, ma non ce n’era bisogno avendo i due già espletato il compito qualche giorno fa a Roma. Il presidente francese, comunque, era presente, con gli altri, nell’incontro notturno informale arrivato dopo i bilaterali. Non si è parlato solo di come disporsi nei confronti del presidente americano ma anche un po’ di progetti di collaborazione futura ma il piatto forte, anzi quasi unico, era la ricerca di una posizione comune su tutti i diversi fronti nei quali si articola il rapporto, e spesso il contenzioso, con gli Usa.

La massima urgenza è la guerra inattesa che ha sconvolto l’agenda del G7, quella tra Israele e Iran. I 4 leader confermano la scelta fatta nei colloqui telefonici subito dopo l’attacco israeliano di assumere una posizione comune, quella che confluirà nel documento che però non basta a Trump. Sull’Ucraina, anche prima degli incontri formali o informali con Zelensky, il tycoon si è di fatto espresso con il passaggio molto critico sulla “cacciata” dal presidente russo dal G8. I dazi sono al centro dei colloqui dell’americano con Merz e Starmer. È una partita che si giocherà dopo il Consiglio europeo, nei primi 10 giorni di luglio. Gli europei si siederanno disposti a parlare di dazi al 10% ma con garanzie. Su tutti i fronti Giorgia la Pontiera, la leader che sognava di posizionarsi a metà strada fra Washington e Bruxelles, farà fronte con il resto dell’Europa, Ue e Uk. È tornata all’ovile.

17 Giugno 2025

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