Il j'accuse su Haaretz
Levy: “La Germania che tace su Gaza tradisce la tragedia della Shoah”
Su Haaretz l’impietosa requisitoria di Gideon Levy contro Berlino: “Un Paese che diceva ‘mai più’ dopo l’Olocausto ha permesso che lo sterminio si sia verificato ancora nella Striscia. Per il timore di sembrare antisemita, il Paese si è sottomesso al fascismo di Netanyahu”
Esteri - di Umberto De Giovannangeli

Un j’accuse possente. Che riporta da un passato che non passa. Che unisce i lager nazisti a Gaza. “La Germania ha tradito la memoria dell’Olocausto e le sue lezioni”. Inizia così la riflessione, su Haaretz, di Gideon Levy. Annota il grande giornalista israeliano, riferendosi alla Germania: “Un Paese che considerava il suo compito più importante quello di non dimenticare ha dimenticato. Un Paese che si era imposto di non restare in silenzio è ora in silenzio. Un Paese che un tempo diceva “Mai più” e che ora, con le armi, con i finanziamenti e con il silenzio, sta facendo di nuovo la stessa cosa. Non c’è paese che dovrebbe essere migliore della Germania nel ‘discernere i processi nauseabondi’. Ogni tedesco ne sa molto più di Yair Golan. Qui in Israele sono in pieno svolgimento, ma la Germania non li ha ancora riconosciuti per ciò che sono. Si è svegliata solo di recente, troppo tardi e con scarsi risultati”.
Levy evoca pagine di storia che segnano il popolo ebraico e la Germania, di ieri e di oggi. Sostiene Levy: “Quando la Germania osserva la Marcia delle Bandiere a Gerusalemme, dovrebbe ricordare la Notte dei Cristalli. Se non riconosce le somiglianze, tradisce la memoria dell’Olocausto. Quando osserva Gaza, deve vedere i campi di concentramento e i ghetti che ha costruito. Quando vede i gazawi affamati, deve ricordare i miseri sopravvissuti ai campi di concentramento. Quando sente i discorsi fascisti dei ministri israeliani e di altre figure pubbliche che parlano di uccisioni, di trasferimenti di popolazione e di ‘non ci sono innocenti’, di uccidere i bambini, deve ascoltare le voci agghiaccianti del suo passato che dicevano lo stesso in tedesco”. Da qui sorgono imperativi, morali prim’ancora che politici, che investono Berlino.
La Germania, sostiene Levy, “Non ha il diritto di tacere. Deve portare la bandiera della resistenza europea di fronte a quanto sta accadendo nella Striscia. Eppure, continua a rimanere indietro rispetto al resto dell’Europa, anche se in modo scomodo, non solo per il suo passato, ma anche per la sua responsabilità indiretta nella Nakba, che probabilmente non si sarebbe verificata senza l’Olocausto. La Germania ha anche un parziale debito morale nei confronti del popolo palestinese”. E questo perché “l’occupazione israeliana non sarebbe avvenuta senza il sostegno degli Stati Uniti e della Germania. Per tutto questo periodo, la Germania è stata considerata il secondo miglior amico di Israele. Ha mostrato sostegno incondizionato. Ora la Germania pagherà per i suoi lunghi anni di severa autocensura, durante i quali le è stato vietato di criticare Israele, il sacrificio sacro. Qualsiasi critica a Israele veniva etichettata come antisemitismo. La giusta lotta per i diritti dei palestinesi è stata criminalizzata. In un paese in cui un grande impero mediatico richiede ancora ai suoi giornalisti di giurare di non mettere mai in dubbio il diritto all’esistenza di Israele come condizione per l’assunzione, non si può pretendere di onorare la libertà di espressione. E se le politiche attuali di Israele mettono a repentaglio la sua stessa esistenza, non ha il diritto di criticarlo? In Germania è difficile, se non impossibile, criticare Israele, qualunque cosa faccia. Questa non è amicizia, è asservimento a un passato che deve finire di fronte a ciò che sta accadendo a Gaza”.
Incalza Levy: “La ‘relazione speciale’ non può includere un sigillo di approvazione per i crimini di guerra. La Germania non ha il diritto di ignorare la Corte Penale Internazionale, istituita in risposta ai suoi crimini, e di discutere quando estendere un invito a un primo ministro israeliano ricercato per crimini di guerra. Non ha il diritto di ripetere i cliché del passato e di deporre fiori a Yad Vashem, a soli 90 minuti di macchina da Khan Yunis. La Germania si trova ora ad affrontare la più difficile prova morale dai tempi dell’Olocausto. Poche settimane dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin, la Germania ha guidato le sanzioni contro la Russia. A venti mesi dall’invasione di Gaza, la Germania non ha ancora intrapreso alcuna iniziativa contro Israele, se non quella di seguire l’esempio di altri paesi europei. La Germania deve cambiare, non nonostante il suo passato, ma a causa di esso. Non basta che il Cancelliere Friedrich Merz dica che non è più possibile giustificare il bombardamento di Gaza. Deve prendere provvedimenti concreti per porre fine a questa situazione. Non basta che il ministro degli Esteri, Johann Wadephul, dica che la Germania non si lascerà “mettere in una posizione in cui dobbiamo mostrare una solidarietà forzata”.
Conclude Levy: “È tempo che la Germania esprima solidarietà alle vittime e si liberi dalle catene del passato che la allontanano dalle lezioni dell’Olocausto. La Germania non può più rimanere inattiva e accontentarsi di tiepide condanne. Considerata la terribile situazione di Gaza, questo è silenzio, il vergognoso silenzio della Germania”. Quel vergognoso silenzio che dà forza a quanto ebbe a scrivere Edward Said, il più grande intellettuale palestinese: “La tragedia dei palestinesi è essere vittime delle vittime”.