Come sostenere Gaza

Il j’accuse di Borrell all’Ue: “Basta vendere bombe a Netanyahu”

L’ex Alto rappresentante accusa il premier israeliano di avere “intenzioni genocide” e denuncia: “Metà dei raid fatti con armi vendute dall’Europa”

Esteri - di Umberto De Giovannangeli

23 Maggio 2025 alle 17:30

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AP Photo/Petr David Josek
AP Photo/Petr David Josek

Cosa potrebbe fare in concreto l’Europa per sostenere la vita contro la morte a Gaza? Non vendere più armi, bombe a Israele, ad esempio. “Nella Commissione europea le decisioni non sono per unanimità, devono essere accettate dai due terzi dei Paesi. Se l’Europa volesse, avrebbe molta capacità di influire su Israele. La metà delle bombe sganciate su Gaza sono bombe fabbricate in Europa”.

È quanto ha affermato l’ex alto rappresentante per la politica estera della Ue, Josep Borrell, attuale presidente del Barcelona Centre for International Affairs (Cidob) in un’intervista alla spagnola Radio Cadena Ser in cui ha denunciato la debolezza dell’Ue nell’imporre sanzioni a Israele e ha definito il governo di Benjamin Netanyahu come un esecutivo “con intenzioni genocide”. “Genocidio è una definizione giuridica che dovrà essere determinata da un tribunale, ma non ho nessun dubbio che ci sia un’intenzione genocida”, ha rilevato il presidente di Cidob, precisando che la sua affermazione “deriva da ciò che fanno e dicono i ministri del governo di Netanyahu”. “Ha il governo più religioso e fanatico che ci sia mai stato in Israele Quando senti quello che dicono e vedi ciò che fanno, non c’è dubbio che ci sia un’intenzione genocida”, ha aggiunto Borrell. “Non so se sarà processato” per crimini di guerra, ha anche detto nel riferirsi al presidente del governo israeliano, “ma è una delusione vedere che in Europa qualche Paese lo accoglie con grandi onori”, ha concluso.

Dal 7 ottobre del 2023 nella Striscia di Gaza sono stati uccisi 16.503 bambini, tra cui 916 neonati di età inferiore a un anno. Lo denuncia il ministero della Salute dell’enclave palestinese aggiornando il bilancio della rappresaglia israeliana per il massacro compiuto da Hamas. La guerra permanente ha un suo sbocco. A chiarirlo è stato l’altra sera, in una affollata conferenza stampa, Benjamin Netanyahu. Al termine dell’offensiva in corso «l’esercito israeliano controllerà tutta Gaza», annuncia senza mezzi termini il premier israeliano. Nel frattempo, Netanyahu ha deciso di richiamare l’intera delegazione israeliana dal Qatar a causa della persistente situazione di stallo nei negoziati indiretti con Hamas per un cessate il fuoco e un accordo sugli ostaggi. Lo riportano diversi organi di stampa israeliani. Martedì scorso Netanyahu aveva annunciato che i membri di alto livello del team negoziale sarebbero tornati dopo una settimana di intensivi colloqui con gli ostaggi a Doha, mentre un certo numero di rappresentanti a livello operativo sarebbero rimasti nella capitale del Qatar.

Il Forum delle famiglie degli ostaggi ha reagito con amarezza al rientro della delegazione negoziatrice da Doha, dichiarando: «La notizia dell’interruzione dei negoziati ci provoca un dolore immenso. Non abbiamo il privilegio di rinunciare ai nostri cari». «Continueremo a lottare e a tenerci aggrappati alla speranza che qualcuno rinsavisca e prenda la decisione coraggiosa e giusta per riportare tutti a casa, una decisione che tutto il popolo di Israele desidera ardentemente. Nessun tentativo sterile di dipingere una falsa immagine di vittoria potrà riuscire», si legge nella nota del Forum. “So che posso suonare ingenuo, ma sarà la realtà a insegnare ai bambini le cose brutte: a noi, nonni e genitori, spetta essere messaggeri di speranza”. Lo spiega lo scrittore israeliano David Grossman in un’intervista a Repubblica.Anche contro la realtà che ci circonda, anche contro l’odio che la guerra crea nei cuori. È nostro dovere ricordare ai bambini che guerra e odio non sono l’unica opzione – prosegue -, che popoli che si sono combattuti per anni ora vivono in pace e si scontrano solo sui campi di calcio”.

“È necessario coltivare l’immaginazione dei bambini. Dobbiamo fare in modo che non venga schiacciata dalla tristezza e dalla tensione di noi adulti: posso solo immaginare quanto possa essere difficile applicare questa idea ai bambini di Gaza oggi, ma non possiamo assolutamente arrenderci – dice -. Abbiamo il dovere di dare ai bambini strumenti per superare la paralisi che noi stiamo vivendo. L’odio ha tanti agenti: più la guerra va avanti più crescono”. “In una situazione così brutta, sperare è un atto di protesta. Non possiamo lasciare la realtà nelle mani dei codardi, di chi odia o di chi assiste passivamente a quello che succede”, spiega Grossman. La pace, secondo lo scrittore, “è una prospettiva lontana. Sto parlando di dialogo, di tolleranza reciproca: israeliani e palestinesi non potranno camminare mano nella mano verso il tramonto, ma verrà il tempo in cui dovranno ricominciare a parlarsi – conclude -. Ho sentito che a Gaza c’è gente che protesta contro Hamas, vedo la gente in Israele protestare contro il governo: sperare non è impossibile”. Dell’Israele che spera facevano parte anche Yaron Lishinsky e Sarah Milgrim.

23 Maggio 2025

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