Il dossieraggio contro le Ong

Conte ha spiato me e Mediterranea, ma non è un alibi per Meloni e soci: invece di chiedere scusa rispondono “così fan tutti”

A fare dossieraggio contro me e Mediterranea è stato in origine l’ex premier grillino nel 2019: è questa la scusa accampata da Meloni e soci. Che invece di chiedere scusa, rispondono: “Così fan tutti”

Politica - di Luca Casarini

28 Maggio 2025 alle 15:00

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Conte ha spiato me e Mediterranea, ma non è un alibi per Meloni e soci: invece di chiedere scusa rispondono “così fan tutti”

Quando ho saputo che Giuseppe Conte aveva disposto la nostra sorveglianza usando i servizi segreti fin dal 2019, ammetto che mi è dispiaciuto. Per uno come me certo, la cosa non stupisce. Ricordo ancora qualche mese fa il dirigente della cybersicurezza, durante la deposizione in merito all’ultimo caso, Paragon, che candidamente ammetteva: “a te ti abbiamo sempre spiato”. Ma mi è dispiaciuto che la destra di governo, che sta anche approvando il famigerato decreto sicurezza a colpi di fiducia e manganello, potesse usare questa cosa per trovare l’alibi migliore possibile: lo fanno tutti, mica solo noi.

È il refrain che viene messo in campo ogni volta che il potere viene svergognato. Resteranno nella storia in questo senso, le tirate di Vespa che per giustificare la porcheria fatta sul caso del torturatore Almasri, il boia di Mitiga, si è rivendicato pure Somoza, i contras, e ogni aberrazione compiuta in nome della ragion di Stato dalla “più grande democrazia del mondo”. Ogni Stato deve compiere atti, ad un certo punto, che sono le peggio schifezze pensabili. Colpi di stato, guerre, torture, uccisioni. E non di gente come loro, banditi e criminali in nome dello Stato, ma di migliaia e migliaia di persone innocenti. Eppure, siccome “lo fanno tutti”, allora si autoassolvono. E non solo. Siccome lo fanno tutti, allora si vede che si fa così. Se Conte ci ha fatto spiare, a noi di Mediterranea, fin dal 2019, non è stato perché le nostre biografie siano di quelle non proprio simpatiche al potere politico di ogni provenienza. Ma per il soccorso in mare. Era il periodo d’altronde, dei “taxi del mare”, la teoria di quel raffinato intellettuale che risponde al nome di Luigi Di Maio.

Quello che doveva far fuori la “casta” in Italia, e si ritrova ad essere oggi uno dei più grandi imboscati e garantiti, con stipendio d’oro, membri della casta europea. E quel “Giuseppi” di allora, stava al governo con il gatto e la volpe, al secolo Salvini e Piantedosi. Il primo che grazie alla “ruota della fortuna” era ministro degli Interni, il secondo che gli faceva da suggeritore come capo di gabinetto. Figurarsi se due personaggi del genere, uno interessato solo alla poltrona e l’altro cresciuto a pane e verbali, non ci hanno scatenato addosso tutti gli apparati dei quali si servono a proprio piacimento anche oggi. Questa è gente che diventa pericolosa davvero quando ha il potere in mano: intelligenza discutibile, cultura da caserma e sete di protagonismo non sono le migliori compagne del potere. La Storia è piena di esempi, di quanto i disastri e le tragedie umane siano spesso derivate dalle miserie personali e soggettive dei singoli uomini.

Comunque è saltato fuori, sembra, che durante la visita ispettiva del Copasir al Dis, nell’ambito dell’indagine Paragon, che fu Conte il primo a metterci addosso i servizi segreti. Firma sua. Sono sicuro che se la destra adesso gli chiuderà la bocca in Parlamento quando si proverà a dire che usare i servizi segreti contro attivisti, oppositori politici e giornalisti, è roba da regime, qualcun altro dirà “ma lo facevano anche quelli prima di me”. Alla fine, per capire cos’è veramente la “casta”, bisogna osservare questo momento qui, quando il Re è nudo. Alla fine l’appartenenza o meno ad una elite, non è una dichiarazione e nemmeno una promessa nello spazio di un comizio. “Far parte” significa proprio “spartire”, riconoscersi con il tuo simile, al di là di ogni ragionevole dubbio.

Mi è dispiaciuto davvero che quelli pericolosi che sono al governo trovino una via d’uscita sbeffeggiando uno dei capi dell’opposizione in Parlamento. Il risultato che inseguono i vari Mantovano &c, sono quelli della notte in cui tutte le vacche sono nere. E invece questa storia degli spionaggi, ai fini di produrre dossier da utilizzare per costruire montature giudiziarie come il “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” usato come una clava contro chi pratica la solidarietà, soccorre vite invece che eliminarle come fanno loro, sarebbe importante affrontarla degnamente. Se per capire il concetto di casta basta osservarli quando sono in difficoltà, per capire quello di democrazia basta accorgersi di chi la nomina ad ogni celebrazione, per poi farle il funerale negli atti concreti tutti i giorni. Avevo avuto l’idea, dopo aver saputo di Conte, di trasformare questa triste vicenda in un rovesciamento del piano: gli ho proposto di incontrarci, di aprire una riflessione pubblica sui diritti, le libertà, il rischio di uno stato di polizia. Ma per farlo Conte dovrebbe ammettere che ha sbagliato. Come doveva fare anche al tempo del processo contro Salvini.

Ma fare questo, per la casta, è davvero difficile, mi rendo conto. Forse per riuscire a farlo, ci vogliono anche discontinuità generazionali e non solo di fase politica. È ciò che è successo anche alla Schlein con il suo partito: dire che Gentiloni e Minniti hanno più responsabilità di Meloni nell’aver aperto quella strada per l’inferno che si chiama memorandum Italia–Libia, non significa che dentro il Pd siano tutti d’accordo. Anzi. C’è una generazione di quadri e funzionari, quella dei Minniti e Gentiloni, che non è mica d’accordo con la segretaria. “Che è giovane, mica sa cosa vuol dire gestire il potere vero”.. E allora, caro Conte, cari tutti, siete davvero una generazione perduta. Perché se uno non riesce ad ammettere che ha sbagliato, profondamente sbagliato, se uno non riesce mai a chiedere scusa, vuol dire che il potere non può usarlo. Perché gli fa male, e soprattutto rischia di far male agli altri.

28 Maggio 2025

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