Lo show inconsistente dell'opposizione

Se non rinnega gli accordi con la Libia, il Pd fa solo show: l’opposizione ha sprecato un’occasione unica

Non sono stati capaci di cogliere l’attimo. Schlein poteva affermare non solo a parole un Pd diverso e non l’ha fatto. Conte quasi ha rimproverato a Meloni di non aver fatto il blocco navale. E così hanno aiutato Giorgia a sfangarla (per ora)

Politica - di David Romoli

7 Febbraio 2025 alle 07:00 - Ultimo agg. 7 Febbraio 2025 alle 09:58

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Foto Roberto Monaldo / LaPresse
Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Il governo Meloni esce dal vicolo cieco in cui si era cacciato con la liberazione del torturatore Almasri, il solo vero scandalo di prima grandezza nella sua parabola sin qui, molto meglio di quanto sarebbe stato lecito aspettarsi. Non lo deve alla propria abilità, essendosi al contrario mosso con una goffagine da principianti potenzialmente rovinosa. Lo deve a un’opposizione che non è stata in grado di cogliere e sfruttare un’occasione difficilmente ripetibile.

La vicenda era enorme già in sé: un governo che in preda al panico allestisce una sgangherata manovra per liberare e mettere al sicuro un criminale con sulla coscienza delitti orrendi, inseguito da un mandato di cattura internazionale della Cpi. Nel tentativo di nascondere la sua scelta politica la premier ha deciso di non proteggersi dietro lo scudo del segreto di Stato. La conseguenza è stata una girandola forsennata di bugie, omissioni e contraddizioni che in qualsiasi Paese democratico sarebbe bastata a decretare la crisi di governo. Infine, ma anche soprattutto, uno scandalo già in sé inaudito rinviava direttamente a una trama ancora più scabrosa e meno confessabile: la vera natura degli accordi tra lo Stato italiano e la fazione armata che governa Tripoli.

Arrivata al momento dello showdown, cioè a un dibattito in Aula richiesto per settimane, l’opposizione stessa ha scelto invece la strada di una propaganda da social, rumorosa ma inconsistente, pensata per farsi belli agli occhi degli (eventuali) telespettatori invece che per mettere realmente in difficoltà il governo. Una gara a chi la diceva più grossa, a metà strada tra il comizio da paese e il cabaret. La maggioranza non ha fatto di meglio ma alla destra, a differenza degli avversari, la derubricazione di uno scandalo drammatico su sfondo tragico ad avanspettacolo faceva solo comodo. Tutti, tra una battuta e l’altra, hanno cercato solo di dipingere Giorgia Meloni come una pavida, pur sapendo benissimo che dal suo punto di vista disertare l’aula ed evitare di riferire in prima persona era una mossa accorta, e di strigliare il ministro Nordio per le sue numerose contraddizioni. Senza peraltro chiederne le dimissioni, anche perché la richiesta sarebbe stata inutile e una eventuale mozione destinata a certissima sconfitta.

La sola strada che l’opposizione avrebbe potuto battere era incidentalmente quella maestra: portare in primo piano ciò che è sempre rimasto sullo sfondo, nominato solo poche volte e di sfuggita: il memorandum con la Libia, l’accordo senza il quale diventa impossibile capire il senso dell’intera faccenda e non ci si spiega perché un governo non composto da malviventi abbia deciso di rendersi complice di un criminale come Almasri. Invece di impelagarsi in battute infantili sulla premier “coniglia” l’opposizione avrebbe avuto tutte le carte in regola per chiedere la denuncia di quel memorandum. Almasri, infatti, non è un brigante qualsiasi ma un gerarca del regime con cui vige l’accordo. Definirlo “un personaggio pericolosissimo”, come ha fatto più volte il ministro Piantedosi, dovrebbe rendere impossibile stringere accordi con il regime di qui il temibile è esponente eminente. Almasri, inoltre, non è il capo di quella banda: se lo si considera, sia pure per liberarlo di corsa, un criminale a maggior ragione dovrebbe essere fuori discussione andare poi a braccetto con i suoi capi.

Obbligare il governo, come era possibile fare, ad accedere i riflettori sull’accordo con la Libia avrebbe avuto anche un marcato significato politico generale. Avrebbe costretto la premier a mostrare cosa sono nella cruda realtà gli accordi per “esternalizzare” i centri in cui rinchiudere gli immigrati. L’opposizione non lo ha fatto per diversi motivi, il principale tra i quali è la responsabilità del Pd nella nascita dell’accordo con Tripoli. Era un Pd diverso, guidato da un altro gruppo dirigente. Quello attuale, con la segretaria in testa, avrebbe potuto prendere le distanze non solo a parole, come Elly ha già fatto, ma anche nei fatti: denunciando il memorandum per quello che è, cioè un accordo in base al quale l’Italia finanzia moltissimi Almasri ma anche la vera ragione che ha orientato le scelte del governo.

Conte, dal canto suo, non voleva apparire troppo morbido con l’immigrazione: nel suo intervento alla Camera è andato a un pelo dal prendersela con Meloni per non aver dato seguito alla promessa del blocco navale. Avs è il solo partito che ha parlato apertamente del memorandum ma stretto dalla necessità di non attaccare il Pd, neppure quello dell’altro ieri, lo ha fatto sottovoce. Senza chiamare in causa l’accordo, la partita era persa in partenza. Restavano solo i fuochi artificiali, lo spettacolo fine a se stesso e tante battute da avanspettacolo.

7 Febbraio 2025

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