Il caso
Lo scandalo Paragon si allarga, altri dispositivi “infetti” in Italia: e i rappresentati di Meta sfilano al Copasir

Lo scandalo Paragon, la società israeliana che ha fornito all’Italia e ad altri Paesi europei lo spyware Graphite utilizzato per intercettare tra gli altri il fondatore della Ong Mediterranea Saving Humans Luca Casarini e il direttore del giornale online Fanpage Francesco Cancellato, potrebbe allargarsi.
Oggi è atteso il rapporto sulla vicenda di The Citizen lab, il team canadese che ha “bonificato” e analizzato gli smartphone compromessi dallo spyware, ma già nei giorni scorsi dal gruppo era stato fatto filtrare che la portata delle attività di spionaggio potrebbe essere ben più ampia rispetto a quanto accertato fino ad oggi.
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“Riteniamo – aveva riferito John Scott-Railton, uno dei ricercatori del Lab, pochi giorni fa in un incontro al Parlamento europeo di Strasburgo – che quello individuato da WhatsApp rappresenti solo uno dei modi in cui lo spyware di Paragon viene inserito nei dispositivi; e c’è quasi certamente un numero maggiore di casi in Italia e altrove che non hanno ricevuto una notifica perché il metodo attraverso il quale quello spyware è stato inserito nel dispositivo è diverso e quindi potrebbe non essere stato visto da WhatsApp”.
Il riferimento a WhatsApp rimanda alle modalità con cui è nato lo scandalo, ovvero con le comunicazioni agli “spiati” da parte di Meta, la holding Usa guidata Mark Zuckerberg che possiede tra gli altri WhatsApp, Facebook ed Instagram.
Rappresentanti di Meta Italia che proprio nella giornata di martedì sono stati protagonisti di una lunga audizione, durata circa tre ore, al Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica che si sta occupando del caso dello spionaggio tramite il malware israeliano.
Dopo lo scoppiare dello scandalo l’uso di Graphite da parte dell’Italia è stato sospeso: il Comitato ha già ascoltato nei giorni scorsi i direttori di Aise, Aisi e Dis, Giovanni Caravelli, Bruno Valensise e Vittorio Rizzi, il direttore dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, Bruno Frattasi ed il procuratore generale presso la Corte di Appello di Roma, Giuseppe Amato, il magistrato che autorizza le intercettazioni preventive dell’intelligence. I responsabili dei servizi, riferisce l’Ansa, hanno assicurato che l’utilizzo di Graphite è avvenuto entro i confini previsti dalla legge.
Ieri invece i rappresentanti di Meta hanno ricostruito davanti al Comitato i passi fatti dell’azienda che ha scoperto la campagna hacker svolta col software di Paragon, dato che è stato proprio WhatsApp ad avvisare le vittime che i loro telefonini erano stati infettati dallo spyware israeliano, che Paragon esclusivamente ad entità governative. Sempre Meta ha notificato a Paragon un ‘cease and desist’, una diffida ad interrompere l’attività ritenuta illegale. “Le aziende di spyware – aveva sottolineato un portavoce – devono essere ritenute responsabili delle loro azioni illecite. WhatsApp continuerà a proteggere la capacità delle persone di comunicare in privato”.