Il docufilm

John Lennon e Yoko Ono: le star che lottavano contro la guerra, la sfida pacifista in “One to one”

Se il movimento pacifista riuscì a decollare negli Usa negli anni 70, fu grazie al traino dell’ex Beatle e della sua compagna, che riuscirono a ispirare i giovani. Le preziose testimonianze d’epoca intarsiano il film sono un atto d’accusa contro la pigra società odierna

Spettacoli - di Graziella Balestrieri

26 Maggio 2025 alle 13:58

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John Lennon e Yoko Ono: le star che lottavano contro la guerra, la sfida pacifista in “One to one”

Instant karma’s gonna get you, Gonna knock you right on the head, You better get yourself together
Pretty soon you’re gonna be dead, What in the world you are thinking of? Laughing in the face of love. What on earth you tryin’ to do? It’s up to you, yeah you. Instant karma’s gonna get you
Gonna look you right in the face, Better get yourself together darlin’, Join the human raceHow in the world you gonna see, Laughin’ at fools like me? Who in the hell’d you think you are?
A superstar? (Instant Karma John Lennon)

Chissà perché Bob Dylan non dice niente sulla guerra, sul genocidio a Gaza, chissà perché Bob Dylan non dice niente sulle guerre. Che poi oggi anche i giovani lo conoscono, dopo il successo di A Complete Unknown. Perché non dice niente? Perché è di origine ebraica? Perché è ricco? No, non c’entra. Perché ha passato gli 80 anni e non ne vuole più sapere? No, non c’entra. Perché ha paura di morire? A 80 anni non si ha paura di morire… E allora perché Bob Dylan non dice niente sulla guerra? Forse perché nessuno glielo ha chiesto? Che qualcuno glielo chiedesse allora. E che cosa c’entra Bob Dylan con One to One: John&Yoko che è stato nelle sale dal 15 maggio fino al 21 maggio, distribuito da Nexo Studios e diretto dal premio Oscar Kevin Macdonald? C’entra tutto, c’entra davvero tutto Bob Dylan, perché a lui, che è anche un Premio Nobel per la letteratura oggi, si attribuisce, da parte di attivisti, che poi diventeranno politici, di musicisti già eroi in vita, gli si attribuisce qualcosa che forse Dylan non voleva. Ma ne siamo sicuri che non voleva? Impossibile. Impossibile che uno dell’intelligenza di Dylan non sapesse quanto le sue parole avrebbero cambiato il corso degli anni e le coscienze.

Già qui si parla di coscienza, civile e politica. Siamo negli anni 70, e quando nel documentario sentite la voce di Jerry Rubin, attivista e politico, dire alla folla di giovani che attendono John&Yoko, “Bob Dylan ha formato le nostre coscienze, la sua musica e la sua poesia sono le ragioni per cui noi siamo qui”, non ci sono dubbi sull’importanza di Dylan, non c’è altro, perché chi forma le coscienze ha la capacità di costruire il futuro di quelle coscienze, e se non di costruirle del tutto almeno ha la potenza di indirizzarle. Ed è questo che poi porta alla domanda iniziale, ovvero: che fine ha fatto Dylan oggi? Perché non dice niente sulla guerra? Possibile che Bob Dylan si sia fatto intimidire da un giornalista che gli ha frugato nella spazzatura in quegli anni come se stesse cercando chissà quale verità nascosta? La paura era ragionevole allora, ma non ora. Era solo un giornalista e di giornalisti che finiscono nel secchio dell’immondizia, pur di scrivere qualcosa, ce ne sono tanti. Ma in ogni caso Bob Dylan c’entra con John e Yoko.

Per John Lennon, le parole di Bob Dylan sono una sorta di faro, quasi nella sua visione da sognatore pensa che lui, Bob e Yoko, possano spazzare via l’apatia dei giovani americani e non solo, imbambolati davanti alla tv, alle pubblicità, davanti ad un America che promuove progresso ma che ha le mani piene di sangue dei suoi giovani mandati in guerra solo per il potere, di pochi, in questo caso di uno: Nixon. È il presidente Nixon, è la sua mentalità, è la sua brama di potere che John e Yoko cercando di contrastare, è la politica di Nixon che John e Yoko affrontano da quell’appartamentino del Village, dal quale vedono un mondo di terrore, orrore e non riescono a stare fermi guardando la tv e cambiando canale. Sono gli anni di Nixon, della guerra, della rivolta nelle carceri di Attica, della protesta, del razzismo, dell’America che vorrebbe cambiare, dei giovani che non vogliono morire, è l’America scelta da John Lennon ormai ex Beatles, e da sua moglie Yoko Ono, attivista straordinaria, femminista in ogni suo aspetto, artista dai più definita stravagante ma artista in grado di smuovere. È un John Lennon che è una figura dominante come artista che vuole cambiare, che cerca, che prova, ma non solo a parole, con i fatti e fa della musica soltanto un mezzo, usa la sua fama più che mondiale per arrivare a livello sociale e politico, per smuovere coscienze, John Lennon insieme a Yoko vuole ottenere qualcosa.

Tutto qui? Tutto qui. John Lennon e Yoko Ono scelgono il “fare” e non l’essere o, meglio, l’essere John E Yoko serve per fare qualcosa per gli altri. La folla che urla che ha bisogno di John per affondare un Nixon guerrafondaio, ha bisogno della sua voce, come un megafono, qualcuno che dia del potere ai giovani e alla gente che non vuole la guerra, che non vuole avere tra le mani soldi che puzzano di sangue umano, di bambini, di povera gente finita sotto la spirale della follia umana. La Pace gridata nelle piazze, e poi Bob Dylan, rincorso nelle telefonate tra Yoko e il giornalista A.J. Weberman, quello dell’immondizia per intenderci, quello che ha intimidito Dylan con le sue minacce, uno che Dylan addirittura arriva ad aggredire nel 1971, una Yoko che intima al giornalista di fare le scuse a Dylan, perché senza Dylan non sono in grado di smuovere tutto, Dylan è essenziale.

Queste telefonate straordinarie, testimonianza di come se un artista vuole anche il suo management lo vuole, tra John e il suo manager che non lo chiama per i contratti o per i soldi, lo chiama perché ci sono carceri dove andare, ci sono giovani che vorrebbero la presenza di John Yoko, e dall’altra parte c’è un John Lennon carico di entusiasmo nel voler aiutare, fare, di contrastare questa “apatia” di cui lui parla sempre, un John Lennon al telefono che anzi propone le sue idee, di come secondo lui e Yoko la protesta dovrebbe essere, potrebbe svilupparsi, John è un vulcano di idee per far scoppiare la pace, per riportare quei ragazzi a casa. E poi fare dei concerti, e con il guadagno liberare prigionieri in carcere su cauzione, perché secondo John Lennon sono i neri quelli poveri, quelli che non possono pagare la loro libertà. L’umanità di John e Yoko come il concerto organizzato per raccogliere i fondi per le condizioni disumane dei bambini con disabilità intellettive di Willowbrook. Generoso fino al midollo osseo, empatico, lui e Yoko, in maniera del tutto naturale, in maniera umana.

Filmati inediti, telefonate registrate, immagini casalinghe e sequenze del leggendario One to One Benefit Concert, rimasterizzato e prodotto per l’occasione da Sean Ono Lennon, un mondo, quello degli anni 70 che pensavamo di aver lasciato alle spalle e invece no. Nixon ora ha altri nomi, il sangue del Vietnam ha un altro sangue, altre terre inondate di dolore e lacrime, ci sono altri orrori oggi, che provengono da quel mondo lì. E poi ci sono John e Yoko, due rivoluzionari, due anime generose, due esempi. E poi c’è Bob Dylan. Già: e poi c’è ancora Bob Dylan.

“Come, you masters of war
You that build the big guns
You that build the death planes
You that build all the bombs
You that hide behind walls
You that hide behind desks
I just want you to know
I can see through your masks
You that never done nothin’
Forgive what you do
Let me ask you one question
Is your money that good?
Will it buy you forgiveness?
Do you think that it could?
I think you will find
When your death takes its toll
All the money you made
Will never buy back your soul
And I hope that you die
And your death will come soon
I’ll follow your casket
On a pale afternoon
I’ll watch while you’re lowered
Down to your deathbed
And I’ll stand over your grave
‘Til I’m sure that you’re dead
(Masters of War, Bob Dylan)

26 Maggio 2025

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