Musica

Quando Bob Dylan sconvolse il mondo: la “svolta elettrica” del Festival di Newport, da 1965 al film “A Complete Unknow”

Estate del 1975: il pubblico che si aspettava il menestrello dell'America fischiò e rumoreggio. "Giuda". Non sapeva di partecipare a un momento storico non solo di una carriera ma della musica pop

Cultura - di Antonio Lamorte

23 Gennaio 2025 alle 18:07

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FILE – Musician Bob Dylan performs with The Band at the Forum in Los Angeles on Feb. 15, 1974. Transcripts of lost 1971 Dylan interviews with the late American blues artist Tony Glover and letters the two exchanged reveal that Dylan changed his name from Robert Zimmerman because he worried about anti-Semitism, and that he wrote “Lay Lady Lay” for actress Barbra Streisand. The items are among a trove of Dylan archives being auctioned in November 2020 by Boston-based R.R. Auction. (AP Photo/Jeff Robbins, File)
FILE – Musician Bob Dylan performs with The Band at the Forum in Los Angeles on Feb. 15, 1974. Transcripts of lost 1971 Dylan interviews with the late American blues artist Tony Glover and letters the two exchanged reveal that Dylan changed his name from Robert Zimmerman because he worried about anti-Semitism, and that he wrote “Lay Lady Lay” for actress Barbra Streisand. The items are among a trove of Dylan archives being auctioned in November 2020 by Boston-based R.R. Auction. (AP Photo/Jeff Robbins, File)

Quando la gente arrivo al festival di Newport, il 25 luglio 1965, si aspettava il Bob Dylan che conosceva: Bob Dylan con la chitarra, un’armonica a bocca, le sue canzoni. E invece quello si presentò con una band, un assetto elettrico, suonò come non lo avevano mai sentito prima. Era un’espressione estrema e selvaggia di libertà. “Tutto quello che posso fare è essere me stesso, chiunque io sia”. Lo chiamarono “giuda”. Quando la gente ascoltò Bob Dylan al festival di Newport, il 25 luglio 1965, e si indignò e lo contestò, non lo sapeva ma stava assistendo, anzi: aveva appena cominciato a far parte di un momento storico non soltanto di una carriera ma di tutta la musica pop del ‘900.

Robert Zimmermann era l’erede di tutta una tradizione della canzone d’autore folk e impegnata statunitense, quella di Woody Guthrie e Pete Seeger. Il cantante operaio dell’America profonda e antica, il menestrello dell’America, il genio libero di Blowin in the wind, il poeta impegnato di The times they are a-changin’, il poeta romantico di Don’t think twice, it’s all right e di Girl from the North Country, l’ispirato pacifista di A hard rain’s a-gonna fall.

Già in Bringing It All Back Home, quinto album pubblicato nella primavera precedente, comparivano dei brani con strumenti elettrici. Disco rivoluzionario: uno dei momenti se non IL momento in cui il rock da fenomeno di massa per ragazzini divenne roba da adulti, capace di slanci letterari, di citazioni alte, di uno storytelling e di una poetica più alta e profonda. Nel video di Subterranean Homesick Blues si vedeva il cantautore in primo piano mostrare in serie una risma di cartelli con le parole del testo mentre sullo sfondo nel vicolo il poeta leader della beat generation Allen Ginsberg era impegnato in una discussione.

“Io cerco di fare del mio meglio per essere quello che sono, ma tutti vogliono che tu sia come loro”, cantava  Dylan nel ruvido rock-blues di Maggie’s Farm. All’inizio di quell’estate del 1965 secondo alcuni retroscena aveva deciso si smettere di cantare. Si intratteneva spesso e volentieri in rissosi botta e risposta con i giornalisti che lo riportavano alla dimensione di menestrello folk, del cantante di protesta. “Suonavo canzoni che non volevo suonare, cantavo parole che non volevo cantare”. Si chiuse nella sua casa di Woodstock, scrisse una ventina di pagine di getto che divennero Like A Rolling Stone, pubblicata il 20 luglio 1965.

Cinque giorni dopo, al Festival di Newport, si presentò in giacca di pelle e stivali. Sul palco con lui il chitarrista Mike Bloomfield, il bassista Jerome Arnold, il batterista Sam Lay e il tastierista Al Kooper. Con la band tre canzoni: Maggie’s Farm, Like a Rolling Stone e una versione abbozzata di It Takes a Lot to Laugh, It Takes a Train to Cry. Non c’era stato tempo per provare altro. Il volume era così alto che quasi non si sentiva la voce. Il pubblico rumoreggiava. Dopo l’esibizione con il gruppo, tornò sul palco per due pezzi in acustico, Mr. Tambourine Man e It’s All Over Now, Baby Blue.

Quell’episodio passò alla storia come il concerto della “svolta elettrica” di Bob Dylan. È stato al centro di analisi, saggi, articoli, monografici che però non hanno mai trovato un’unitarietà di visione. Alcuni hanno raccontato che l’esibizione fu fischiata dall’inizio alla fine, altri hanno riportato anche di applausi. Una leggenda metropolitana racconta che Seeger, tra i fondatori del festival, volesse tranciare con un’ascia i cavi per togliere la corrente elettrica al palco. L’episodio è uno dei momenti cardine anche di A Complete Unknown, il film biopic diretto dal regista James Mangold in uscita nelle sale oggi in Italia, nei panni di Dylan l’attore Timothée Chalamet.

L’attore sostiene, in un’intervista a Rolling Stone, che con Dylan “entra in gioco la gioia maliziosa di sapere che, sì, il tuo talento, la tua abilità speciale è opera tua, in un certo senso è un dono di Dio. Credo che lui ne sia orgoglioso da sempre”. Soltanto a fine agosto comparì nei dischi Highway 61 Revisited, altro snodo e capitolo fondamentale della carriera di Dylan, la conferma su 33 giri della rivoluzione di Like a Rolling Stone. La Fender Stratocaster che suonò è stata venduta nel 2013 per quasi un milione di dollari. Dylan tornò al festival di Newport soltanto nel 2002.

23 Gennaio 2025

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