Il 50° anniversario

Vietnam: come scoppiò la guerra che ha spaccato e mobilitato gli USA come nessun’altra

Il primo maggio del 1975 i vietcong e l’esercito del generale Giap presero Saigon e gli americani fuggirono. Fu la più clamorosa sconfitta politica e militare subita dagli Stati Uniti nella loro storia.

Esteri - di David Romoli

27 Aprile 2025 alle 11:24

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©picture-alliance/Lapresse
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L’8 luglio 1959 due militari americani, il maggiore Dale R. Buis e il sergente Chester M. Ovnand, furono uccisi nel corso di un attacco dei guerriglieri comunisti sudvitenamiti contro la base aerea di Bien Hoa, a 30 km dalla capitale del Vietnam del Sud Saigon. Facevano parte di un contingente di 700 “consiglieri militari” americani presenti in Vietnam per addestrare e supportare le truppe del regime sudvietnamita nella guerra contro i guerriglieri sostenuti dal Vietnam del Nord comunista.

Buis e Ovnand furono i primi due americani uccisi in Vietnam, i primi caduti in quella che era destinata a diventare la più disastrosa avventura militare nella storia degli Usa. Alla fine della guerra, conclusa il 30 aprile 1975 con la conquista della capitale Saigon da parte dell’esercito regolare nordvietnamita e dei Viet Cong, si sarebbero contati 58mila soldati americani uccisi e 153mila feriti. La guerra nel Vietnam avrebbe spaccato l’America come mai dopo la guerra civile e con una profondità che non si è sinora mai più ripetuta. Gli Usa sganciarono complessivamente sul Vietnam del nord 7 milioni di tonnellate di bombe, più di quante ne fossero state adoperate contro la Germania nella guerra mondiale. Il Vietnam incendiò i campus e le strade. A decretare la sconfitta degli Usa fu una mobilitazione senza pari contro la guerra in America e in Europa che pesò tanto quanto la sconfitta militare sul campo e forse anche di più.

I primi consiglieri americani erano arrivati in Indocina già nel 1950 per assistere l’esercito francese nella guerra contro il Viet Minh, il movimento di liberazione nazionale indocinese. Guidato dal leader comunista Ho Chi Min, il Viet Minh era nato per contrastare sia l’occupazione giapponese che la dominazione coloniale francese. Nazionalista e aperto a tutti, il Movimento era però a netta egemonia comunista, sostenuto e aiutato sia dall’Unione sovietica che dal Partito comunista cinese. Dopo la sconfitta del Giappone nella seconda guerra mondiale, i francesi tentarono di ripristinare il dominio coloniale, e gli Usa garantirono un crescente appoggio economico e militare in funzione anticomunista, nel contesto della guerra fredda. I francesi furono sconfitti sul campo dall’esercito del generale Vo Nguyen Giap. La disastrosa battaglia di Dien Bien Phu, nel 1954, sancì la fine del dominio coloniale sull’Indocina.

La sorte della penisola fu decisa in una conferenza a Ginevra da Usa, Urss, Uk, Francia e Cina: l’Indocina fu divisa in quattro Stati, Laos, Cambogia, e due Vietnam, quello del nord governato dai comunisti con Hanoi capitale, e quello del Sud. La divisione avrebbe dovuto prolungarsi solo per due anni. Poi, nel luglio 1956, libere elezioni avrebbero dovuto riunificare il Paese e stabilire dove si sarebbe collocato nella geopolitica della guerra fredda. Quelle elezioni non si svolsero mai. Il capo del neonato governo del Sud Vietnam Ngo Din Diem, cattolico in un Paese ad ampia maggioranza buddista, sapeva che le avrebbe perse. Puntò invece su un referendum che abolì nel 1955 la monarchia e si proclamò primo presidente della Repubblica con il pieno appoggio dei servizi segreti americani che spalleggiarono il tentativo di eliminare tutti i nuclei del Viet Minh con una metodica e feroce repressione. Diem, personalmente, era dittatoriale ma almeno onesto. Non lo erano però suo fratello Ngo Din Nhu e sua moglie, anime nere e registi di quello che diventò subito un regime autocratico, repressivo e anche profondamente corrotto.

Frenato da Russia e Cina, che non volevano ritrovarsi coinvolte in una nuova guerra di Corea, il Nord Vietnam evitò di reagire per due anni. Poi, di fronte all’intensificarsi della repressione, all’inizio del 1957 riprese la lotta armata. I guerriglieri uccidevano funzionari del governo sudvietnamita a decine: 400 nel 1957, 1200 l’anno successivo, 4000 nel 1960 quando si formò il Fln sudvietnamita, Fronte di liberazione nazionale, a egemonia comunista e universalmente noto come Viet Cong. Il termine fu coniato in senso spregiativo proprio dal regime di Saigon: “Vietnamita Rosso”. A sprofondare nelle sabbie mobili del Vietnam fu il presidente americano Lyndon Johnson, ma a creare le premesse per quel disastro erano state le due amministrazioni precedenti, quella di Eisenhower e soprattutto quella di John F. Kennedy. Entrambi i presidenti continuarono a sostenere Diem nonostante fosse sempre più odiato e impopolare. Privilegiava sfacciatamente la minoranza cattolica, pari al 10% della popolazione, inimicandosi la stragrande maggioranza buddista. Aveva cancellato la riforma agraria avviata dal Viet Minh prima della conferenza di Ginevra, restituendo le terre agli antichi proprietari terrieri, tutti compromessi con il colonialismo francese.

I consiglieri americani peggiorarono la situazione. Pensando di circoscrivere l’influenza del Fln suggerirono di creare i “villaggi strategici”, zone militarizzate controllate dall’esercito nelle quali venivano concentrati i contadini provenienti dalle aree più vicine ai Vietcong. La tradizionale guida elettiva dei singoli villaggi fu sostituita da funzionari inviati dal peraltro corrotto e inefficiente governo centrale. Il risultato fu il dilagare dei Viet Cong. Gli Usa di Kennedy risposero moltiplicando l’invio di truppe. Nel 1962 i “consiglieri militari” erano 12mila. L’anno successivo sarebbero arrivati a 20mila ormai direttamente impegnati nelle operazioni di controguerriglia. Sulla base dell’esperienza della Corea, inoltre, gli strateghi americani addestravano l’esercito sudvietnamita secondo una logica convenzionale, per fronteggiare un eventuale invasione del Nord Vietnam. Avevano invece a che fare con una strategia che di convenzionale non aveva nulla e sfruttava un territorio ideale per la guerriglia.

Il confine con Laos e Cambogia si snodava per oltre mille km coperti da una vegetazione impenetrabile: lì il Nord Vietnam aveva costruito il cosiddetto “sentiero di Ho Chi Min”, che permetteva ad Hanoi di rifornire di armi russe e cinesi i guerriglieri senza essere intercettati. Il delta del Mekong e le vaste zone paludose contavano centinaia di villaggi isolati e non raggiunti dalle strade e dai mezzi pesanti forniti all’esercito sudvietnamita da Washington. Per togliere ai guerriglieri la copertura naturale gli Usa lanciarono nel 1961 l’operazione Ranch Hand, cospargendo con gli elicotteri il territorio con defolianti, in particolare il micidiale e altamente tossico Agente Arancio. L’operazione sarebbe proseguita per dieci anni contaminando una quantità di villaggi vietnamiti e colpendo anche moltissimi militari americani o degli altri Paesi che partecipavano alla guerra con loro contingenti: soprattutto la Corea del sud, poi Australia, Nuova Zelanda e Filippine.

Nel corso dell’ultimo anno dell’amministrazione Kennedy, il 1963, i contrasti tra Washington e il regime di Saigon raggiunsero il punto di non ritorno anche se le vere ragioni della frattura non sono ancora del tutto chiarite. Senza dubbio pesò l’impopolarità del regime presso la maggioranza buddista della popolazione ormai apertamente perseguitata da Diem: le proteste dei bonzi che si davano fuoco nelle strade della capitale avevano reso insostenibile la permanenza al potere di un regime così odiato. Un telegramma dell’ambasciatore in Vietnam Cabot Lodge a Washington era esplicito: “E’ impossibile che la guerra venga vinta sotto un’amministrazione come quella di Diem”. Ma è possibile che abbia pesato anche il tentativo di Diem di recuperare credibilità prendendo maggiori distanze dagli Usa.

In ogni caso un golpe organizzato da un gruppo di generali, con la piena approvazione e probabilmente anche con la regia degli Usa, abbatté il regime il primo novembre 1963. Diem e suo fratello furono fucilati. A Saigon si scatenò una caotica e feroce lotta per il potere che si sarebbe conclusa solo nel 1967. Quando il 22 novembre 1963 Kennedy fu ucciso a Dallas, la micidiale trappola del Vietnam era già del tutto pronta.

(Fine prima puntata / continua)

27 Aprile 2025

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