La mostra a Londra
Chi è Yoko Ono, la moglie di John Lennon che si è battuta per la pace
Finita all’indice degli inglesi con l’accusa di aver traviato John Lennon e aver distrutto i Beatles, la performer giapponese, oggi 91enne, è stata tra i più instancabili promotori del pacifismo mondiale
Spettacoli - di Graziella Balestrieri
Nel documentario Get Back, Yoko Ono se ne stava comodamente seduta su una sedia, leggendo i giornali e sgranocchiando del cibo, accanto al suo John, intento per l’ultima volta, insieme a Paul, Ringo e George nel lasciare, l’ennesimo segno indelebile nella storia della musica internazionale.
Così mentre i quattro di Liverpool salivano e scendevano dai tetti di Savile Row di Londra, lei c’era. Yoko Ono c’era sempre, e c’è sempre stata, anche prima di John Lennon.
Anche prima di essere trasformata in quella “strega” che avrebbe dirottato i piani di John e dei Beatles e lo avrebbe trascinato quasi per i capelli (siamo ironici, eh) ad una carriera solista.
Yoko Ono che in tutti questi anni, anche dopo la morte del suo amato John, ancora si trova il dito puntato dei più, come se i più fossero nelle menti dei quattro di Liverpool e come se John Lennon fosse stato una specie di essere incapace di intendere e di volere e avesse subito la magia nera della donna venuta dal Giappone. Eppure, vi siete mai chiesti cosa sarebbe stato John Lennon senza Yoko Ono?
Per chi magari non conoscesse la donna che per molti ha cambiato la storia della musica, e magari siete curiosi di scoprire chi è stata Yoko Ono, e chi è ancora dall’alto dei suoi 91 anni da poco compiuti, basta dare “un’occhiata” alla mostra che la Tate Modern di Londra le ha dedicato.
Aperta dal 15 Febbraio fino al primo settembre, la mostra si intitola Yoko Ono: Music of the mind ed è una mostra enorme dedicata a colei che ha fatto a pezzi (sempre per quelli con il dito puntato) i Beatles.
Yoko Ono nasce in Giappone da una famiglia molto benestante, ma presto con l’arrivo della Seconda guerra mondiale non solo conosce le bombe, il suono dell’orrore e l’odore della morte ma conosce la fame e la caduta in disgrazia della sua famiglia.
Intelligente già da piccola, intraprendente e dotata di un forte senso di libertà, Yoko adolescente prende le distanze dalla rigidità culturale della propria famiglia e inizia a frequentare quegli ambienti in cui si parla di libertà, arte, idee di rivoluzione e di presa di coscienza politica.
Coscienza e impegno politico che non la abbandoneranno mai e che trasmetterà (i meriti di questa donna sono molteplici) anche al suo John. Siete sicuri che senza Yoko Ono, John Lennon avrebbe potuto scrivere Imagine o Give Peace a Chance o War is over?
È sempre stato lo stesso John a ribadire che aver conosciuto Yoko Ono ed essersi innamorato di lei ha cambiato completamente la sua visione del mondo e della sua vita, di quello di cui era davvero importante occuparsi e cantare e di come la sua immagine potesse essere usata a favore di temi come quello della pace.
È Yoko Ono la mente del pacifismo attivo nella coppia, il bed-in del 1969, contro la guerra in Vietman, per “sbattere in prima pagina la pace” come diceva John, “fare pubblicità alla pace”.
Ma Yoko Ono è una donna di un carisma profondissimo, che ha avuto la capacità di indirizzare non solo sé stessa verso il nuovo e le sperimentazioni, attraverso, arte, pittura, musica ma anche cercando di indirizzare John Lennon verso una maturità artistica e una capacità che molto probabilmente John non avrebbe saputo tirar fuori da solo.
E allora questa mostra di Londra è una sorta di consacrazione, in questa terra che l’ha sempre posta sulla bilancia del male, che l’ha sempre vista come colei che si è portata via uno dei figli più pregiati, addirittura portandolo nell’America che gli avrebbe dato la libertà a discapito di una Gran Bretagna diventata strettissima e bigotta per il suo John.
Questa mostra, arrivata quando lei ora ha 91 anni, anche se in ritardo, è una ammissione di quanto questa donna in realtà sia “stata” molto di più e molto prima di essere la moglie di John Lennon.
Una mostra dove viene celebrata la sua mutevole e sempre alternativa carriera, nella quale invita il pubblico a partecipare alla creazione delle sue opere.
È l’impegno sociale di Yoko Ono e la sua influenza nelle arti, che la mostra al Tate vuole e prova ad esaminare e che lo fa diventare il perno della mostra interattiva, con un allestimento che prende spunto da Grapefruit (Giappone 1964), manuale di istruzione che Yoko Ono scrisse per arte e vita nel quale invita il lettore a toccare, immaginare, sperimentare e a finire il lavoro, a realizzare, a comporre affinché la mente possa essere stimolata.
Il pubblico si mescola con le opere e con l’artista, sono loro che devono terminare il percorso artistico ed interattivo creato da Yoko Ono, e tutto questo fa sì che non ci sia più l’artista in primo piano ma il pubblico, che da spettatore diventa attore, parte integrante di questa performance live.
Tutto gira intorno ad opere da comporre e scomporre, e Yoko da artista principale diventa osservatrice di come il pubblico riceve la sua arte e le sue opere.
E poi la famosa performance Cut Piece del 1964, dove Yoko Ono invitava a tagliare a pezzetti i vestiti, tagliando per prima i suoi. E poi ancora il Film No.4 (Bottoms) del 1966, che allora venne censurato, perché mostrava il fondoschiena di uomini e donne nel quale Yoko Ono mostrava apertamente e sottolineava la sua idea di pacifismo e la sua posizione netta contro ogni forma di guerra.
Una mostra piena di vita, di consapevolezza, di attivismo, di prese di posizione, di una donna che ancora prima di incontrare John Lennon (1966) aveva già vissuto tutto: la guerra, le bombe, la fame, un’artista che aveva conosciuto la ricchezza, il buio della guerra, il terrore della morte, ma che sin da piccola si era tenuta stretta la libertà, il suo essere donna libera in un mondo che fino all’ultimo ha cercato (e cerca) di rinchiuderla in un quadretto dritto, appeso lì sul muro, con lei e John sorridenti e l’epigrafe “Yoko Ono, la donna che ha fatto sciogliere i Beatles” .
E invece no, Yoko Ono li sposta i quadri, Yoko Ono è artista, attivista, musicista, cantante, performer, scrittrice, regista, donna e infine moglie di John Lennon.
C’è un telefono che squilla, all’entrata della mostra, lo si sente squillare talmente tanto finché alla fine c’è una voce che risponde: è una vecchia segreteria telefonica che dice “Pronto? Sono Yoko”.
Ecco, forse questa mostra, questo percorso sorprendente e coinvolgente per il pubblico, è un modo – magari potrebbe essere anche l’unico – per far capire ai molti, quanto Yoko Ono ha dato all’arte di John Lennon, quanto lei esistesse già prima e quanto già prima avesse intrapreso la sua strada, sempre cangiante, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, una ricerca della mente e dello spirito attraverso l’arte che per quanto possa sembrare astratta in realtà era ed è una forma concreta di esserci e di protestare in un mondo che oggi come allora trasuda sangue e sotterra i suoi figli in nome di guerre che nessuno vuole, se non i ricchi e i potenti.
Yoko Ono: Music of the mind è una retrospettiva, sì, ma anche un’opportunità per mettersi nei panni e nella testa di Yoko. E magari tornare a sognare la pace. Di questi tempi ne avremmo tutti un gran bisogno.