Il duplice monito del Presidente
Meloni e Schlein, così lontane e così vicine: colpite da Mattarella per il no al Riarmo Europeo
Il disappunto espresso al vertice Cotec era rivolto al Pd, che si è sfilato dal progetto di riarmo Ue, ma anche a Meloni, lontana dall’asse franco-tedesco
Politica - di David Romoli

In politica ci sono scontri fragorosi, nei quali i contendenti si sforzano di apparire ancor più polemici di quanto non siano davvero a uso del proprio elettorato. Quello di due giorni fa tra Giorgia Meloni rientrava in quella folta categoria. Ce ne sono altri, molto più rari, nei quali chi muove critiche anche acuminate si sforza invece di camuffarle sotto una apparente pacatezza. È successo anche questo due giorni fa e a puntare il dito senza alzare neanche di un decibel la voce e anzi mascherando la pur evidente e acuminata critica era, dal Portogallo, Sergio Mattarella.
Il presidente ha preso di mira entrambe le signore della politica italiana, Giorgia Meloni ed Elly Schlein, per lo stesso motivo: la difesa comune. Il presidente è irritatissimo da settimane con Elly per la decisione di non votare il piano di riarmo proposto da Ursula von der Leyen. Uno strappo molto più profondo di quanto non sia apparso: per la prima volta il Pd non si è allineato alle decisioni dell’Europa e dello stesso Pse: questo per il super-europeista Mattarella è non solo inaccettabile ma del tutto incomprensibile. Dunque ha speso parole chiare per elogiare quel piano indicandolo come passo essenziale verso la costruzione di una difesa comune. Il passaggio era tutt’altro che casuale: la giustificazione con cui Schlein ha spiegato la sua decisione è infatti proprio il non essere quel piano una vera difesa comune ma solo un riarmo dei singoli Stati. C’è molto di vero in questo e il capo dello Stato ne è ovviamente consapevole. Ma ritiene una follia restare immobile invece di muovere un primo passo perché quel passo “non è abbastanza”. Più precisamente lo ritiene un alibi.
Mattarella è in realtà meno furibondo con la premier, che ha votato a favore del piano di riarmo e si è impegnata a portare subito al 2% del Pil le spese per la Nato. Ma anche le sue decisioni più recenti lo hanno deluso e contrariato. Giorgia si tiene ai margini del progetto di Difesa messo in cantiere da Germania e Francia. Con un alibi in realtà molto simile a quello della rivale del Nazareno sostiene di essere pronta a mobilitarsi solo per un progetto dell’intera Unione. Ma è appunto un alibi: a guidare le danze nell’Unione sono e possono essere in questo momento solo i due Paesi guida. Era rivolto soprattutto a lei, alla premier, il passaggio centrale del discorso di Mattarella dal Portogallo, quello in cui indicava proprio la mancanza di una difesa comune come uno dei principali limiti dell’Unione e insieme come il primo passo da compiere per accelerare in processo di integrazione e assumere così come programma quanto indicato da Mario Draghi, che aveva parlato subito prima e quello fra i due è sembrato un duetto perfettamente sincronizzato.
Il monito, anzi il doppio monito, è chiaro. Le possibilità che ottenga i risultati desiderati però sono esigue. Elly mette al primo posto la necessità di mantenere saldo il legame con Conte, contrarissimo al piano di riarmo, e allo stesso tempo teme che l’alleato (o quasi) a cinque stelle guadagni punti a sue spese presentandosi come campione del pacifismo. Almeno per il momento non sembra affatto intenzionata a ripensarci anche se la frizione, in realtà altissima e ormai anche svelata, con il capo dello Stato rappresenta un ulteriore punto di rottura con l’intera parabola del Pd. L’Europa e il Colle sono sempre stati i punti di riferimento di un partito altrimenti non in grado di dotarsi di vera identità politica. Quello di Elly Schlein è un azzardo ma tornare indietro, a questo punto, sarebbe per lei forse ancora più rischioso.
Anche Giorgia Meloni deve fare i conti con la componente della sua maggioranza ferreamente contraria al piano di Ursula, la Lega, e in più non vuole arrivare allo strappo definitivo con la destra radicale che avanza in tutto il Continente, quella di cui anche lei faceva parte sino alla vittoria elettorale salvo poi spostarsi su posizioni europeiste e sostanzialmente moderate, quanto meno in materia di bilancio. Inoltre, nonostante sinora si sia dimostrata poco redditizia, non vuole dare per persa la scommessa consistente nello sbilanciarsi a favore di Washington nel duello tra Ue e Usa. La realtà però la sta mettendo di fronte a un bivio e lo sta facendo molto rapidamente: presto Giorgia dovrà decidere se tornare all’europeismo pieno della prima fase del suo governo o consumare uno strappo che a quel punto sarebbe tale anche con il Quirinale.