La leader storica dei Radicali
Intervista a Emma Bonino: “Papa Francesco mi disse: continua a combattere per detenuti e migranti”
«Quando il Papa venne a visitarmi a casa. Su alcune cose eravamo d’accordo, su altre no. Predicò nel deserto, l’ascolto dei potenti fu uguale a zero. Sui detenuti e sui profughi non siamo stati “fratelli tutti”»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli

Francesco è stato anche il “Papa dei gesti”. Molto spesso imprevisti e imprevedibili. Spiazzanti. Come quel 5 novembre 2024, quando il Papa era sulla strada di ritorno dalla Gregoriana, dove in mattinata aveva incontrato la comunità accademica, e a un tratto la nota Fiat 500L bianca, invece di proseguire dritto per Casa Santa Marta ha deviato verso una via del centro di Roma. Francesco ha voluto fare sosta a casa di Emma Bonino. Una visita del tutto a sorpresa. Al termine il Papa, una volta uscito dal portone dell’abitazione, è stato avvicinato da alcune persone incuriosite che gli hanno domandato in che condizioni avesse trovato Bonino. “Benissimo”, ha risposto il Pontefice, “lei è sempre cordiale”.
Quell’indimenticabile incontro, la leader storica dei Radicali, già ministra degli Esteri e Commissario europeo tra il 1994 e il 1999, per gli Aiuti umanitari, l’immortalò così su X: “Stamane, con enorme sorpresa e piena di emozione, Sua Santità mi ha fatto una graditissima visita”, si legge. “Di Papa Francesco emerge sempre l’aspetto umano straordinario. Già dai presenti che ha voluto donarmi, un meraviglioso mazzo di rose e dei cioccolatini. Sono rimasta molto colpita dalla forza e comprensione dimostratami già dal suo saluto ‘cerea’ tipico piemontese, per le nostre origini comuni. E avermi detto di essere ‘un esempio di libertà e resistenza’ mi ha riempito di gioia”. Una gioia che adesso s’intreccia Indissolubilmente con il dolore per la scomparsa del pontefice: “Ho accolto con profonda commozione la notizia della morte di Papa Francesco e con un enorme senso di vuoto. La tristezza è mitigata dal fatto che Papa Francesco, anche se duramente provato dalla malattia, fino all’ultimo ha voluto e saputo esercitare in pienezza la sua funzione, senza risparmiarsi, e con gioia. Rimarrà per me e per tanti come me la sua instancabile azione di difesa della vita e dei diritti dei tanti dimenticati o ignorati o discriminati dagli uomini, come i detenuti e i migranti. Su questo in particolare, oltre che sui temi francescani dell’ambiente, anche per noi politici laici la sua predicazione è stata un imprescindibile punto di riferimento e di incontro. Porterò per sempre nel cuore con profonda riconoscenza l’emozione del nostro ultimo incontro, quando sorprendendomi venne a visitarmi in un momento particolarmente faticoso della mia malattia, infondendomi coraggio e speranza”.
È con questo lungo e toccante messaggio sul suo profilo X che Emma Bonino, ha dato il suo addio a Papa Francesco. In passato Francesco ed Emma Bonino si sono incontrati più volte, a partire dal 4 novembre 2015 quando l’ex ministra degli Affari esteri aveva preso parte all’udienza generale del mercoledì in Aula Paolo VI. Insieme al procuratore aggiunto di Roma, Michele Prestipino, e a Maria Rita Parsi, Bonino aveva presentato le nuove iniziative a favore dei bambini profughi da parte della fondazione “La fabbrica della pace”. Lo stesso anno il Papa aveva telefonato alla esponente politica ammalata di tumore ai polmoni, per informarsi sulle sue condizioni di salute. L’8 novembre 2016 il Papa l’aveva poi ricevuta in udienza privata nel Palazzo Apostolico. La Sala Stampa vaticana riferiva allora che “il colloquio si è focalizzato soprattutto sui temi dei flussi migratori, dell’accoglienza ai migranti e della loro integrazione”.
Proprio per l’opera a favore dei migranti, Papa Francesco aveva elogiato la parlamentare e fondatrice di + Europa durante un incontro informale a Santa Marta con il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, sempre nel 2016. Emma Bonino, disse di Francesco in quell’occasione, “ha offerto il miglior servizio all’Italia per conoscere l’Africa”. Parlando con l’Unità, Bonino ricorda con emozione quel 5 novembre di un anno fa, ll giorno della visita di Francesco e il messaggio, profetico, che le lasciò accomiatandosi: “Sono vecchio, morirò, continua tu le nostre battaglie”. Le battaglie sulle carceri, sui migranti. Idee di libertà, di apertura, di inclusione, di umanitarismo, che hanno unito Francesco ed Emma, così diversi e così vicini in tante battaglie di civiltà.
Quale definizione darebbe di Papa Francesco e del suo pontificato pensando anche a quell’incontro del 5 novembre?
Il Papa ha condiviso con me due o tre opinioni su alcuni temi, in particolare carceri e su immigrati. Su altri temi avevamo opinioni totalmente diverse, come sull’aborto e l’eutanasia. Quando è venuto a trovarmi, improvvisamente, abbiamo parlato soprattutto di carceri e immigrati, delle tante guerre colpevolmente ignorate, questioni su cui Papa Francesco si è sempre speso con coraggio e amore verso il prossimo che prescindeva da qualsiasi appartenenza etnica o religiosa. Non mi interessa aggiungere la mia alle innumerevoli definizioni che in questi giorni sono state appiccicate al Papa defunto, tantomeno unirmi al coro degli ipocriti che hanno scoperto le sue “virtù” postume ignorando bellamente le sue indicazioni da vivo. Sui diritti dei tanti dimenticati o ignorati o discriminati dagli uomini, come i detenuti e i migranti, non siamo stati “Fratelli tutti”. I miei, che sono di Brà, mi hanno detto che la sua famiglia, che è di Asti, praticamente attaccati, è quella che sa di più della storia della famiglia Bergoglio, quando sono partiti con la nave, vivendo la condizione di immigrati, che Francesco ha conosciuto di persona. L’ha vissuta e non solo visitata.
Due temi, le carceri e i migranti, che hanno caratterizzato il pontificato di Bergoglio fino ai suoi ultimi giorni di vita, basti pensare alla visita ai detenuti del carcere romano di Regina Coeli, giovedì scorso. Arrivato poco prima delle 15, trascorse circa mezz’ora nel penitenziario: “A me piace fare tutti gli anni quello che ha fatto Gesù il Giovedì Santo, la lavanda dei piedi, in carcere. Quest’anno non posso farlo, ma posso e voglio essere vicino a voi. Prego per voi e per le vostre famiglie”, disse il Pontefice. Sulla difesa dei più indifesi Francesco ha parlato molto, ma quanto è stato ascoltato, senatrice Bonino?
Zero. Almeno a me questo pare, che non sia stato minimamente ascoltato, né sulla questione carceri né su quella degli immigrati. Almeno per quanto riguarda i potenti della Terra, o sedicenti tali, Francesco ha predicato nel deserto. Mentre parliamo, pensando alla sua famiglia, mi è venuto in mente che, sulla storia degli immigrati, Papa Francesco ha esperienza diretta, il ricordo di quando da bambino lo piazzarono sulla nave con i suoi genitori.
Tutti si sono cimentati in aggettivazioni. Chi l’ha definito il Papa del popolo, chi il Papa degli umili etc. Non c’è molto di “coccodrillesco” in questi riconoscimenti postumi?
Ma è sempre stato così e sempre lo sarà. Quando qualcuno muore si espande una dose massiccia di ipocrisia. Che sia lui o Pannella o chi per esso. Chiunque dopo morto viene sempre santificato.
Una cosa è certa: nella sua geopolitica, Francesco più che alla vecchia Europa ha guardato ai continenti giovani: l’America latina, l’Africa, l’Asia. Continenti che lei, senatrice Bonino, ha visitato più volte da parlamentare, ministra degli Esteri e Commissaria europea.
Penso che sia uno dei temi che più ci ha accomunato. La mia esperienza in Africa, soprattutto, e anche la consapevolezza che è ripresa la guerra in Sudan. Questo ci ha avvicinato tantissimo. Lui sapeva delle mie avventure in Africa perché l’Africa era piena di comboniani che lo informavano.
Senza addentrarci in un “toto papabili”, c’è l’idea di un Papa nero, africano come successore di Francesco. Cosa potrebbe significare per la Chiesa?
Questo non lo so. Però è sicuro che se non è una suora, se fosse un africano non mi parrebbe questa grande sorpresa.
Anche in questa occasione, l’Italia non si è fatta mancare polemiche politiche. Il Governo ha decretato cinque giorni di lutto nazionale, dentro i quali cade anche il 25 Aprile, con le celebrazioni della Liberazione dal nazifascismo.
Sono polemiche veramente assurde e francamente faccio fatica a comprenderne le ragioni della loro persistenza.
Sono anche un segno del degrado a cui è giunta la politica nel nostro Paese?
Non esageriamo tutte le volte. Il degrado c’è già di per sé, senza bisogno di tirarlo in ballo tutte le volte e su tutte le questioni. Il problema è come ne verremmo fuori, se è possibile.