La premier a Washington

Meloni alla Casa Bianca da Trump, la premier fa melina: la missione a rischio flop, niente soliti proclami

“È una fase complessa, serve ragionare con lucidità”: prima dell’incontro con Trump Meloni fa melina, preoccupata di fallire e finire screditata. Palazzo Chigi minimizza: “è un vertice a due”

Politica - di David Romoli

17 Aprile 2025 alle 07:00

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Foto Roberto Monaldo / LaPresse
Foto Roberto Monaldo / LaPresse

La fase è “tanto complessa quanto in rapida evoluzione”. Occorre pertanto “ragionare con lucidità, lavorare con concretezza e pragmatismo”. Non si può dire che la premier, poche ore prima di volare a Washington, si allarghi in valutazioni o azzardi previsioni. La prudenza, in un caso come questo, non è mai troppa neanche per lei che spesso si lancia in slogan e proclami.

La preoccupazione a palazzo Chigi è palpabile e rivelata senza margini di dubbio dal tentativo di derubricare la missione europea a un molto meno significativo incontro bilaterale, quasi di prammatica. Alla Casa Bianca c’è una nuova amministrazione. Un incontro ufficiale con il governo italiano ancora non c’è mai stato. Insomma di dazi si parlerà per forza ma non solo di quelli. Il tentativo di ridimensionare mette in chiara luce quanto la premier tema di tornare in Europa con un nulla di fatto. Però riportare l’incontro di oggi, ancora in orario da destinarsi, a semplice incontro bilaterale non è possibile. L’attesa che si è creata nei giorni scorsi è troppo alta e del resto Meloni arriva dopo frequenti contatti con la presidente della Commissione europea von der Leyen, l’ultimo mercoledì sera subito dopo il vertice con i vicepremier e i ministri Giorgetti, Crosetto e Foti nel quale era stato fatto per l’ultima volta il punto sulla situazione. Negare che la premier sia negli Usa anche e soprattutto col ruolo di ambasciatrice della Ue, sia pur informalmente, è proprio impossibile.

È proprio questo ruolo effettivo anche se non ufficiale che rende così importante ma anche così rischiosa la missione di oggi per Giorgia Meloni. Se dimostrerà nei fatti di trovare ascolto presso una Casa Bianca oggi considerata non una mina vagante ma un ordigno nucleare vagante le sue azioni in Europa arriveranno al cielo. Avrà voce in capitolo su tutte le scelte importanti e delicatissime che aspettano la Ue negli ultimi mesi, dall’Ucraina ai dazi. Sarà promossa sul campo a leader europea di prima grandezza e il riflesso anche in termini di consenso interno in Italia sarà inevitabile. Se invece tutto si risolverà in gentili frasi di circostanza e verrà acclarato che su Donald Trump la leader della destra italiana non ha alcun ascendente quelle stesse azioni in Europa precipiteranno e di conseguenza l’Italia avrà nei prossimi e cruciali mesi pochissima voce in capitolo. Solo che uscirne a testa alta nella sostanza e non solo nelle pacche sulle spalle non sarà facile.

L’obiettivo concordato dalla premier italiana e dalla presidente europea è tanto chiaro quanto distante: eliminazione di ogni dazio tra Usa e Ue, zona di libero scambio occidentale. Però ha già provato a metterla sul tavolo l’incaricato ufficiale europeo della trattativa, il commissario al Commercio Sefcovic, e si è sentito rispondere picche non più tardi di due giorni fa. È molto difficile immaginare che la premier italiana, nonostante i vantati buoni rapporti con Trump, possa ottenere di più. Insisterà quindi sulla necessità di un incontro diretto tra la sua amica Ursula e il presidente americano, in vista di un vertice Usa-Ue che almeno negli auspici dovrebbe appianare le cose tra le due sponde dell’Atlantico. Non sarebbe un risultato trionfale ma neppure un tornare a mani vuote e con la coda fra le gambe.

Il solo argomento che la premier italiana ha per spingere l’amico americano è la posizione che li accomuna sul dialogo con la Cina. Trump vuole che l’Europa lo interrompa. L’Italia la pensa, o almeno dice al momento di pensarla allo stesso modo. Ma per convincere un’Europa di orientamento opposto non basteranno i moniti e le minacce americane. Bisogna che Trump conceda almeno a Giorgia un segnale positivo che faccia sperare nella fine della guerra dei dazi almeno all’interno dell’Occidente. Il ministro Crosetto ha precisato ieri che a Washington i due “parleranno di cose importanti e non banali come alleanza atlantica, dazi e commercio. Non penso che il tema centrale sia l’acquisto d’armi dagli Usa”. In realtà di quelle cose banali probabilmente sarà inevitabile parlare almeno un po’, essendo quegli acquisti il prezzo di Trump per abbassare la tensione se non per arrivare alla pace.

Ma è certamente vero che argomento molto più centrale sarà il contributo alla Nato dell’Italia. La premier prometterà di arrivare rapidamente a quel tetto del 2% del Pil stabilito già da anni però mai raggiunto. Sull’ulteriore incremento che il presidente americano esige, sulla carta sino al 5% del Pil ma si accontenterebbe del 3,5%, invece la premier non potrà andare oltre un generico e vaghissimo impegno. Se si creerà un gelo tale da decretare il fallimento pieno della missione sarà proprio in seguito a quella richiesta impossibile da accogliere, almeno non in tempi brevi. Non a caso è proprio quello il passaggio che palazzo Chigi considera più delicato e preoccupante.

17 Aprile 2025

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