L'emergenza trattata con la forza

La Milano dei grattacieli, senza una strategia sulla crisi abitativa ma pronta alle ruspe per i rom

Ieri in via Medici del Vascello lo sgombero di alcune famiglie rom rumene, con bambini piccoli e anziani, che vivevano in baracche su un’area verde marginale. Per loro dalla politica nessuna soluzione, ma non è un fatto isolato

Cronaca - di Dijana Pavlovic

4 Aprile 2025 alle 10:00

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Foto LaPresse – Vince Paolo Gerace
Foto LaPresse – Vince Paolo Gerace

Ieri, in via Medici del Vascello, zona sud-ovest di Milano, è stato effettuato uno sgombero ai danni di alcune famiglie rom rumene che da qualche tempo vivevano in baracche realizzate su un’area verde marginale e isolata, tra palazzi vuoti da anni e orti urbani. Si tratta di un terreno in parte abbandonato, che ricade all’interno del Piano Casa del Comune di Milano, ma il cui sviluppo è tutt’altro che imminente, viste anche le difficoltà urbanistiche e politiche attuali successive all’inchiesta sul “Salva Milano, gli arresti di funzionari e dimissioni di assessori.

Le famiglie sgomberate oggi sono parte di una comunità più ampia, circa 2000 persone di origine rom rumena, presenti a Milano da vent’anni. In queste due decadi, hanno subito centinaia di sgomberi, prima con l’assessore De Corato – che ricorreva alle ruspe senza offrire alternative – e poi con l’assessore Granelli, che almeno aveva tentato una via di accoglienza temporanea tramite centri e progetti sociali, poi smantellati. Oggi è rimasto attivo un solo centro per emergenza abitativa con appena 20 moduli familiari e circa 100 posti. Negli ultimi anni, in assenza di politiche abitative strutturate, molti rom dei campi ripetutamente sgomberati hanno iniziato a occupare le case popolari sfitte, diventando gli ultimi arrivati in una lunga catena di emergenza abitativa.

Ma proprio loro sono oggi oggetto di una nuova ondata di sgomberi mirati. Gli altri occupanti abusivi, al momento, non vengono toccati. E quando si sgomberano le case, senza alternative, inevitabilmente tornano a comparire baracche in zone marginali. Nel caso specifico di via Medici del Vascello, si trattava di una giovane coppia con due figli piccoli e i genitori di lui, anziani. L’uomo ha appena firmato un contratto di lavoro regolare, ma non può fare domanda per la casa popolare perché non ha una residenza anagrafica. Mantiene da solo tutta la famiglia. A causa dello sgombero, oggi non si è potuto presentare al lavoro e teme conseguenze. Durante l’operazione, mentre piovigginava, è arrivato un parente più anziano.

Dopo vent’anni di pellegrinaggi tra sgomberi e centri di accoglienza, è riuscito ad avere una casa popolare. I suoi figli frequentano la scuola, suonano in un’orchestra giovanile. Ha temporaneamente accolto la madre e i bambini nella sua abitazione, ma con il rischio concreto di perdere il proprio alloggio: i servizi sociali effettuano controlli mensili per verificare che nelle case popolari non ci siano ospiti. Se li trovano, scatta lo sfratto. Mentre sto con loro sul marciapiede telefono ad alcuni funzionari del Comune. Dicono: “Possiamo prendere solo la madre con i minori in un dormitorio, non c’è posto per gli altri.” Nessuna sistemazione per l’uomo, per i genitori anziani, per la famiglia nel suo insieme. Gli dico: “ma che senso ha? Non era allora più sensato occuparsi di famiglie come questa, trovare il modo di fargli avere residenza, accesso alle case di emergenza abitativa”…. Mi dicono: “Che vuoi che ti dica? Se fosse per me…” 

Ciò che è avvenuto oggi in via Medici del Vascello non è un fatto isolato. È il risultato di una politica assente, o meglio: presente solo nel momento dell’intervento di forza, non in grado di affrontare con una strategia razionale un tema più grande del destino di quattro “zingari”: l’emergenza delle migliaia di persone che occupano abusivamente, che oltre tutto subiranno le conseguenze del decreto sicurezza di questo governo, e delle migliaia che attendono da anni un alloggio popolare.

Intanto si sgombera, senza alcuna applicazione delle regole minime internazionali sugli sgomberi forzati (preavviso scritto, soluzioni alternative, tutela delle famiglie vulnerabili). Solo un passaggio dei vigili due giorni prima a dire informalmente: “Ve ne dovete andare”. Poi, lo sgombero. E infine, i sacchi sul marciapiede. Ora, un po’ di uomini donne e bambini sono per strada, cercheranno forse un altro angolo abbandonato di questa città nella quale si possono costruire grattacieli abusivi su un vecchio capannone, si possono far fare ai privati bei palazzi per speculare e guadagnare. E prepariamoci per la prossima settimana di Art Week, bella gente. Non pensiamo agli sfigati.

4 Aprile 2025

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