L'anniversario del genocidio
Cosa è l’antiziganismo, il razzismo anti rom che ancora oggi coinvolge la grande maggioranza della popolazione
Nella notte del 2 agosto del 1944 ad Auschwitz furono trucidati circa 4000 Rom e Sinti. Era la vendetta per l’unica rivolta avvenuta in un lager. Ancora oggi il razzismo anti rom coinvolge la grande maggioranza della popolazione
Editoriali - di Daniela Ionita
Nella notte tra il 2 ed il 3 agosto 1944, intorno a quattromila rom e sinti, in particolare donne, bambini e anziani, furono uccisi al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Quest’anno sono 80 anni da quella terribile notte di morte all’interno della camera a gas numero 5, in seguito a uno dei più grandi episodi di resistenza e ribellione mai compiuti ad Auschwitz contro le SS iniziato il 16 maggio del 1944. La giornata del 27 gennaio dovrebbe essere la giornata delle memorie, ma ancora oggi nella giornata non è dedicato abbastanza spazio a commemorare le perdite di vite della comunità rom e sinta. La versione ufficiale per molto tempo è stata che dello sterminio di più di 500mila persone della comunità rom e sinta si sapesse poco, nonostante i numerosi documenti, nonostante le numerose voci da poter sentire. Una memoria relegata al silenzio dell’opinione pubblica.
Le comunità rom e sinti tramandano consapevolmente le loro memorie tra le generazioni, ma queste vengono banalizzate, ignorate e poco valorizzate dalla cultura maggioritaria, nonostante la loro rilevanza storica. Diversi sono i campi in cui centinaia di migliaia di vite sono state imprigionate in Italia, Agnone in Molise, Prignano sul Secchia, in provincia di Modena, il campo di Tossiccia in provincia di Teramo e Rapolla in Basilicata sono stati i principali campi di concentramento, lavoro e morte di rom e sinti a partire dal 1940. Molti dall’Italia sono stati mandati a morire ad Auschwitz-Birkenau, Dachau, Bergen Belsen, Ravensbrück, Mauthausen, Lety u Pisku campo di lavoro e detenzione in Repubblica Ceca e Jasenovac, il terzo campo di sterminio per superficie sotto il comando di Ante Pavelić, in Croazia, sono alcuni tra i principali campi di concentramento e oppressione in tutta Europa. La storia è decisamente il passato, ma l’esercizio della memoria si gioca nel presente con le generazioni attuali e le nuove narrazioni comunitarie.
Diventa così importante anche una giornata del ricordo, giornate celebrative e rituali per poter affermare il diritto di esistere, il diritto della memoria della minoranza rom e sinta di cui l’opinione pubblica ha da sempre un senso distorto. La storia dei rom e dei sinti non è solo storia di una comunità ma è storia collettiva, storia italiana, europea, mondiale. Storia esclusa dai libri scolastici, in cui la comunità maggioritaria ha scelto di non narrare lo schiavismo europeo nei confronti di rom e sinti, le persecuzioni, gli stermini, il confinamento nei ghetti deciso non solo da regimi totalitari negli anni ‘40 ma ancora oggi in uso per via di politiche pubbliche discriminatorie, che creano odio. Opinione pubblica che non ha conoscenza e non ha interesse nell’ascoltare le voci delle comunità rom e sinte nonostante molto spesso, ci siano secoli di condivisione dello stesso territorio e della stessa cittadinanza, considerando la presenza di sinti e rom in Italia dal XV secolo.
È necessario creare spazi dedicati al racconto e alla narrazione, permettendo alle rivendicazioni del presente di emergere attraverso le voci e i corpi di coloro che oggi preservano la memoria e lavorano attivamente per una giustizia che riguardi sia la memoria sia la libertà di vivere. Questi spazi devono consentire di esprimere nuove narrazioni e formare nuove opinioni pubbliche, decostruendo stereotipi. È fondamentale creare spazi di ascolto in cui il racconto sia gestito dai protagonisti e dalle comunità, mettendo al centro le identità personali e comunitarie. Questi spazi devono promuovere la costruzione di cittadinanze reali, dove si possano occupare spazi e cambiare le narrazioni imposte da secoli di subalternità e percezioni sociali distorte nei confronti delle persone rom e sinte in Italia ed Europa. Da Auschwitz a oggi, la situazione per queste comunità non è cambiata radicalmente: l’odio, la discriminazione, l’umiliazione, la sofferenza e l’antiziganismo continuano a essere insufficientemente riconosciuti e denunciati. È essenziale mantenere viva la memoria e promuovere un cambiamento reale.
Esiste un legame profondo tra la memoria violata perché non ascoltata e la violenza quotidiana invisibile. La memoria comprende anche le esperienze delle persone che hanno vissuto o vivono in campi istituzionalizzati, creati da comuni e regioni come ghetti monotetnici, tanto da far guadagnare all’Italia il titolo di “paese dei Campi” dall’European Roma Rights Center, ma anche una recente raccomandazione del Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa al governo a causa delle politiche discriminatorie in materia di alloggi nei confronti della comunità rom e sinta. La memoria include le umiliazioni e il razzismo istituzionalizzato, come le foto segnaletiche su base etnica, l’obbligo delle impronte digitali, i censimenti etnici nonostante l’iscrizione all’anagrafe. Memoria è ricordare le classi differenziali Lacio Drom, riservate a persone rom e sinte, che sono state dismesse solo nel 1982 dopo vent’anni di umiliazioni e ghetizzazione su base etnica nell’istituzione che dovrebbe essere un luogo dove crescere, imparare e sentirsi accolti, uguali come bambini.
La memoria ricorda le violenze degli sgomberi forzati, spesso notturni, violenti e umilianti, e la paura costante di vedersi togliere i figli. La memoria è anche il quotidiano, rappresenta anche il rifiuto di un titolare per un lavoro, di un proprietario di casa per una stanza a causa dell’appartenenza etnico. La memoria è ricordare e rivendicare lo stigma attribuito da un’opinione pubblica disinformata e disinteressata. La memoria è ricordare l’aggressione di Forza Nuova e Casapound contro una madre romnì, negandole l’accesso a una casa popolare assegnatole a Roma. È ricordare Cifrasela, una bambina rom di 18 mesi, ferita da un colpo di fucile sparato da un uomo sul balcone, senza alcuna reazione da parte delle istituzioni. La memoria è ricordare il caso di Hasib Omerovic, è il ricordo della bimba morta folgorata nel campo di Giugliano. La memoria è anche e soprattutto la memoria per quelle persone che non hanno avuto voce per poter raccontare. La memoria della comunità rom e sinta per poter cambiare il futuro ha bisogno di un lavoro costante nel presente da parte di tutti, in particolare un cambiamento dell’opinione sociale. è necessario ricordare per riconoscere e riconoscere per contrastare le nuove forme quotidiane di odio, antiziganismo e discriminazione.
*Presidente di “Italiani senza cittadinanza”