La mossa della segretaria
Così Elly Schlein ha ridato un volto al Partito Democratico
È molto complicata la battaglia di Elly Schlein. Però le ipotesi sono due: lei la spunta, e allora avremo di nuovo in Italia una sinistra vera, oppure Schlein perde, e allora la sinistra non esisterà più
Politica - di Piero Sansonetti

Circa un anno fa ho scritto un articolo sull’Unità nel quale dicevo, più o meno, che Elly Schlein aveva fallito il compito di rinnovare il Pd. Direi che mi sbagliavo. Elly Schlein in poco più di un anno è riuscita a portare il Pd sulle posizioni di sinistra che il Pd aveva perso da parecchi anni. Forse già dalla nascita. E ha recuperato un posto nella storia della sinistra italiana, che sembrava del tutto abbandonato. Ha fatto questo senza perdere consensi, anzi guadagnandoli. E mettendo in secondo piano le questioni interne, di equilibri, di rapporto tra le correnti, di lotta ai cacicchi. Ha spostato lo scontro sui grandi temi ideali e concretamente politici.
Mi spiego meglio. All’inizio sembrava che tutta la questione fosse quella di ridare una purezza al funzionamento interno del partito. Portando battaglia ai capi corrente, ai vecchi, alle ideologie. Poi, abbastanza rapidamente, tutto questo è sfumato e sono finite sul tavolo le questioni vere, cioè quelle sulle quali la sinistra era silenziosa dagli anni 80. Il lavoro, la sanità, il welfare, la pace, l’accoglienza, il reddito, la lotta alla povertà. Su questi temi Elly Schlein ha gettato tutto il suo impegno, persino il lavoro quotidiano. Mi dicono che ha visitato decine e decine di fabbriche. Ha incontrato migliaia di operai. Sono certo che finalmente ha rotto con la tradizione disastrosa del Pd sui temi dei migranti, che aveva portato ad avallare accordi mortiferi coi tagliagole libici. Ha affermato il principio che salvare i profughi è salvare, è salvare, è salvare, come diceva Gertrude Stein. Niente di più.
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E quindi – come ora sostiene persino una sentenza della Cassazione – salvarli e accoglierli è obbligatorio (voi sapete quanto sia veemente e magari persino faziosa la linea editoriale di questo giornale a favore dei diritti umani dei profughi, e di denuncia dello sterminio). La Schlein ha messo al centro dell’iniziativa politica del Pd il welfare, la salvezza del welfare, nel momento nel quale l’idea prevalente del presunto riformismo è quella di sacrificare il welfare – considerato una vecchia fissazione cattocomunista e socialdemocratica – a un’economia più competitiva, più selettiva, che prevalga sui diritti e sullo Stato. E infine, in questi giorni, quella della Schlein è stata quasi l’unica voce, in Europa, a favore della pace e contro la follia del riarmo, del guerrismo, del dannunzianesimo in salsa liberista.
Nel Pd si è aperto uno scontro. Che immagino sarà aspro. Parte dalle differenze profondissime sull’idea di Europa. In poche parole: la Schlein sostiene l’Europa del welfare e della apertura ad altre realtà, a partire non solo dalle grandi potenze ma anche dei Brics. Più o meno è l’Europa delle origini. Quella che immaginavano anche Mitterrand, Brandt, Berlinguer, Spinelli. Poi c’è un grande schieramento che raccoglie quasi tutta la destra e una bella fetta di sinistra, guidata da Romano Prodi, che invece pensa che l’Europa può crescere solo se dimostra di essere una forza militare. E propone di investire una parte molto consistente dei propri bilanci nella costruzione e nell’acquisto di armi di distruzione.
È molto complicata la battaglia di Elly Schlein. Difficile da vincere. Però le ipotesi sono due: lei la spunta, e allora avremo di nuovo in Italia una sinistra vera, che poi potrà fare tutti gli accordi che si vuole col centro, ma li farà da sinistra. Oppure Schlein perde, e allora la sinistra non esisterà più. Chissà per quanti anni. E a tutti noi resterà solo la scelta se essere trumpiani o militaristi. Che poi è la stessa cosa. Diceva Rosa Luxemburg: barbarie o socialismo. Già.