Scontri tra i gruppi e il nuovo governo

Cosa sta succedendo in Siria, escalation di violenza fa strage tra i civili: almeno 13 bambini morti

Da giovedì un’escalation impressionante di violenze nelle zone costiere. Allarme di Unicef e Save the Children: “Tra le vittime almeno 13 bambini”

Esteri - di Umberto De Giovannangeli

11 Marzo 2025 alle 15:30

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Cosa sta succedendo in Siria, escalation di violenza fa strage tra i civili: almeno 13 bambini morti

La Siria non conosce pace. In un Paese squassato da una pluridecennale guerra civile trasformatasi nel corso degli anni in una guerra per procura, l’uscita di scena del “macellaio di Damasco”, il presidente Bashar al-Assad, non ha portato alla pacificazione. Una conta infinita di morti civili, tra cui donne e bambini, una giostra infernale di nomi di villaggi alawiti, sulla costa siriana e sulle rive dell’Oronte, dove i corpi degli uccisi sono rimasti a lungo per le strade e dove le case hanno bruciato dopo il passaggio di miliziani sunniti, siriani ma anche stranieri. Barbarie allo stato puro.

Civili fatti strisciare per essere colpiti prima a una gamba, poi alla pancia, poi, guardandoli negli occhi alla testa. Sgozzati. Trascinati fuori casa e uccisi in strada con moglie e figli che guardano dalla porta. Intere famiglie sterminate. Negli ultimi quattro giorni nella provincia di Latakia, nell’ovest della Siria, ci sono state rivolte della popolazione contro le forze di sicurezza e il nuovo governo siriano di transizione, quello guidato dai gruppi che hanno rovesciato regime di Bashar al- Assad, a cui sono seguiti massacri di civili. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, organizzazione con sede nel Regno Unito che da molti anni segue quello che succede in Siria, tra giovedì e lunedì mattina sono stati uccisi 973 civili e oltre 300 tra miliziani fedeli ad Assad e membri delle forze di sicurezza governative. Non si sa molto di quello che sta succedendo a Latakia perché tutta la zona è stata chiusa ai giornalisti. Si tratta comunque della crisi più grave affrontata finora dal nuovo governo di Ahmed al Shara (che prima si faceva chiamare Abu Mohammed al Jolani ed era a capo del gruppo jihadista Hayat Tahrir al Sham).

Gli scontri sono cominciati giovedì a Jable, nella provincia di Latakia, quando un gruppo di uomini armati fedeli ad Assad ha fatto un’imboscata alle forze di sicurezza, uccidendo 16 persone. Da lì si sono estesi ad altre città della zona, che durante i quasi 15 anni di guerra civile nel paese è sempre rimasta molto vicina ad Assad. Nella regione si concentra infatti gran parte della comunità alawita, una setta religiosa di cui fanno parte sia Assad sia quasi tutti i suoi collaboratori più fedeli, a cui complessivamente appartiene il 10 per cento circa della popolazione della Siria. Il governo ha inviato uomini e mezzi, che sono stati accusati di commettere violenze e uccidere non solo miliziani rivoltosi, ma anche civili alawiti. Venerdì sera al Shara ha chiesto alle sue forze di sicurezza di evitare attacchi contro i civili: «Quando compromettiamo la nostra etica ci mettiamo allo stesso livello dei nostri nemici. Quello che resta del vecchio regime sta cercando una provocazione che porti a violazioni dietro le quali possono nascondersi».

Ghaith Moustafa è un residente di Baniyas, una città costiera tra Latakia e Tartus. Ha detto al New York Times di aver passato venerdì e sabato nascosto insieme alla moglie e al figlio di due mesi dietro alla porta d’ingresso della loro casa, l’unico posto lontano dalle finestre. Sabato pomeriggio, non appena gli spari e i combattimenti sembravano essersi fermati, la famiglia è uscita per raggiungere degli amici che vivevano in un quartiere dove gli scontri erano meno intensi: nel tragitto Moustafa ha detto di aver visto molti corpi per strada, macchie di sangue, vetrine rotte e negozi saccheggiati. Wala, una donna di al-Haffa, un’altra città della regione, ha raccontato di aver sentito i primi spari nel tardo pomeriggio di venerdì: guardando fuori dalla finestra della sua casa ha visto decine di persone fuggire inseguite da quattro uomini in divisa, che poi hanno iniziato a sparare contro la folla. Poco dopo alcuni uomini hanno buttato giù la porta di casa sua, chiedendole di aprire la cassaforte per consegnare loro dei gioielli.

In una nota ufficiale, l’Unicef, l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Infanzia, si è detto “profondamente allarmato per la recente ondata di violenza nelle zone costiere della Siria, che, secondo le notizie, ha causato la morte di almeno 13 bambini, tra cui un neonato di sei mesi. L’escalation avrebbe inoltre causato ulteriori vittime e feriti tra i civili, lo sfollamento di migliaia di famiglie e danni alle infrastrutture fondamentali. È indispensabile adottare tutte le misure possibili per proteggere i civili, soprattutto i bambini, e salvaguardare le infrastrutture civili essenziali, come gli ospedali. Le violenze in corso evidenziano l’urgente necessità di rispettare queste leggi e di garantire agli operatori umanitari un accesso rapido, sicuro e senza ostacoli per fornire servizi salvavita alle persone colpite dai combattimenti”. Sottolinea Save the Children:Le ultime notizie sull’uccisione di bambini e civili sono orribili. Molti bambini in Siria hanno già vissuto un’intera vita sotto i bombardamenti della guerra. Adesso, ancora una volta, sono stati spinti crudelmente nella brutalità degli scontri in Siria”. Siria, una faida infinita.

11 Marzo 2025

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