Il segretario di +Europa
Parla Riccardo Magi: “Da troppi anni spettatori delle torture sui migranti, cambiamo i patti con la Libia”
“L’abbiamo denunciato sin dal 2017, in quasi totale solitudine”, ricorda il segretario di +Europa. “Con l’attacco alla Cpi Meloni e suoi hanno portato lo scontro con la magistratura in tutto il globo terracqueo”
Interviste - di Umberto De Giovannangeli

Riccardo Magi, parlamentare, segretario di +Europa, da sempre in prima linea quando c’è da difendere i più indifesi tra gli indifesi: i migranti. Cosa racconta la vicenda Almasri e l’atteggiamento del governo?
Racconta tante cose. E gli italiani stanno capendo che non basta urlare di non essere ricattabili se poi non rispetti un mandato di cattura della Corte Penale internazionale per paura di nuovi sbarchi dalla Libia. Sin dal 2017 con Emma Bonino abbiamo denunciato, in quasi totale solitudine, il rinnovato accordo Italia-Libia e i suoi effetti. Non perché i flussi migratori non vadano governati, anzi, ma non a patto di fornire i mezzi e la copertura politica internazionale a una sistematica e comprovata violazione dei diritti umani. Si è stabilita una forma di cooperazione internazionale con poteri miliziani e para-mafiosi che non ha né favorito la stabilizzazione della Libia né migliorato le condizioni dei migranti che restano intrappolati per mesi e spesso per anni subendo sequestri, riduzione in schiavitù e violenze di ogni genere. In questi anni abbiamo ascoltato gli stessi racconti strazianti e visto le stesse spaventose cicatrici sulle navi delle Ong che li avevano salvati, nel centro di detenzione in Albania, li abbiamo voluti ascoltare alla Camera dei deputati e anche al nostro congresso. Sappiamo che la situazione libica è divenuta ancora più complessa con la presenza militare russa rafforzata in Cirenaica dopo i fatti siriani, ma è arrivato il momento di superare il memorandum Italia-Libia sostituendolo con un altro tipo di cooperazione.
La presidente del Consiglio e i suoi più stretti collaboratori hanno attaccato frontalmente i giudici. Quello del rapporto tra politica e magistratura è un tema scottante, da lungo tempo. Lei come la vede?
Verrebbe da dire che Meloni e i suoi hanno portato lo scontro con la magistratura in tutto il globo terracqueo! L’attacco alla Corte penale internazionale (in perfetto coordinamento con Trump) rea di aver spiccato un mandato d’arresto nei confronti di Almasri per crimini gravissimi e ancora prima l’offensiva contro Corte di Giustizia UE sulla vicenda Paesi sicuri in relazione al fallito progetto dei centri per migranti in Albania, segna un salto di qualità e un salto di scala. Questa destra sovranista è insofferente verso qualsiasi forma di diritto e di giurisdizione sovranazionale, li considera il vero nemico anziché il prodotto più avanzato della civiltà giuridica europea e della cooperazione per garantire la tutela dei diritti umani e scongiurare il dilagare dei conflitti attraverso il diritto. Del resto, la stessa Meloni nella scorsa legislatura ha depositato una riforma costituzionale per sancire il primato del diritto nazionale su quello europeo e sugli obblighi internazionali. Ha notato che fino a qualche mese fa anche gli esponenti della destra più estrema reagivano offesi se qualcuno li tacciava di essere antidemocratici e oggi invece cominciamo a sentire sempre più spesso chi sostiene che la democrazia non funziona, non è efficiente, non garantisce la libertà? Tra poco, temo, cominceremo a sentire che non è un valore, anzi è il problema. E guardi che io sono favorevole alla separazione delle carriere sulle orme di Giuliano Vassalli e Marco Pannella ma qui mi pare che si intenda travolgere la separazione dei poteri seguendo le orme di Orbàn che Meloni e Salvini hanno sempre indicato come esempio. L’artefice della “democrazia illiberale” cioè della non democrazia.
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I Radicali, da cui lei proviene, hanno una lunga e gloriosa storia sui referendum. C’è chi sostiene che si tratta di un’arma spuntata. È così?
Potrebbe sembrare paradossale: da un lato la partecipazione al voto diminuisce di elezione in elezione soprattutto dei giovani e delle donne e dall’altro proprio queste categorie di persone sono quelle che con maggiore partecipazione hanno sottoscritto il Referendum Cittadinanza sulla piattaforma online fino a raccogliere 640 mila firme in meno di un mese. È la dimostrazione che non è vero che alle persone la politica non interessa, quando hanno la possibilità di contare davvero partecipano e con forza. Quando abbiamo lottato per la firma digitale per sottoscrivere le proposte per le leggi popolari e i referendum con lo SPID immaginavamo esattamente questo: rivitalizzare la democrazia anche grazie alla tecnologia per portare sempre più cittadine e cittadini nelle Istituzioni. Ed è la scommessa più bella per i prossimi mesi, fino al voto, per riportare il dibattito nelle piazze, nelle case, a lavoro, nelle università. Con questo Referendum gli italiani saranno chiamati a scegliere quale deve essere l’Italia del futuro: quella che esclude creando marginalità o quella che riconosce diritti e opportunità. Per anni e per intere legislature la politica anche in modo trasversale ha promesso di riformare la legge sulla cittadinanza, vecchia di trent’anni e inadeguata al Paese attuale. Non è mai stato fatto e oggi c’è la possibilità di iniziare a farlo con questo referendum. Mobilitarsi per la campagna referendaria e farne un grande momento di dibattito e di scontro democratico assume ancora più valore nell’attuale contesto politico. Meloni che invoca sempre la volontà popolare al punto di volere l’elezione diretta anche del presidente del consiglio dovrebbe invitare tutti i cittadini a partecipare al referendum con cui senza delega il popolo decide. Vedremo se invece si nasconderà dietro al quorum e alla mancanza di informazione ai cittadini per azzoppare il referendum.
Una giustizia giusta, una politica che non delega alla magistratura interventi che le competono ma che non vengono praticati, gli Stati Uniti d’Europa, la nonviolenza… In sintesi, Marco Pannella. Cosa resta di attuale del suo pensiero e del suo agire politico?
Non sono mai stato appassionato dei “Pannella direbbe” o “Pannella farebbe” proprio perché avendoci avuto a che fare so quanto, prima di ogni certezza, poneva il dubbio come strumento critico di analisi politica. Due cose preziosissime Pannella ha lasciato a chi sa e vuole farne tesoro. L’urgenza assoluta di costruire una patria europea, come entità politica federale, unica via per far vivere la democrazia. La democrazia nella dimensione nazionale soffoca, muore e lascia il posto ad altro. Qual è l’Europa “great again” che Musk, Meloni, Salvini, Le Pen, Abascal vorrebbero: quella dei piccoli o medi stati nazionali in competizione e in conflitto, quella della Seconda guerra mondiale? Paghiamo già il prezzo enorme di tutta l’Europa politica che manca. Che si tratti di sicurezza e difesa di fronte alle gravissime crisi geopolitiche e ai nuovi e vecchi conflitti; della crisi di settori che rappresentavano l’ossatura del sistema produttivo europeo; della risposta al cambiamento climatico con necessaria transizione energetica; delle politiche migratorie, non c’è nessuna sfida strategica che gli europei possano pensare di affrontare con qualche possibilità di successo senza un rilancio dell’integrazione politica europea e una profonda riforma delle sue istituzioni. Altro che nazionalismo, il nazionalismo è la guerra come ammoniva Mitterand. L’altra preziosa eredità pannelliana sta nel metodo nonviolento che oggi può e deve tornare attuale. In un contesto sempre più polarizzato e intimamente violento credo che la disobbedienza civile e la nonviolenza possano essere metodi più proficui per far avanzare le libertà mentre qualcuno vuole soffocarle, per accompagnare sempre una proposta alla protesta. La nonviolenza è l’arma migliore per fare opposizione intransigente perché fa emergere la vera natura violenta e aggressiva del potere che si fronteggia e lo mostra a tutti.
I contenuti, i programmi. Ok. Ma senza una coalizione non si vince. Fuori da metafore agropolitiche – campo largo, campo accidentato etc – esiste un problema di costruzione di un’alleanza plurale per sconfiggere le destre. È una missione impossibile?
Dal congresso di +Europa appena terminato è emersa una linea chiara: non vogliamo essere complici del Governo Meloni e vogliamo contribuire con le nostre idee e le nostre battaglie alla costruzione di un’alternativa di governo credibile per le elettrici e gli elettori. Serve avere un luogo di confronto permanente delle opposizioni, lo chiediamo da mesi. Più che campo largo noi diciamo che l’Italia, ora, ha bisogno di un campo “europeista” nel senso del federalismo europeo per rispondere uniti alle grandi sfide globali e un campo “referendario” che assieme a noi voglia riattivare la democrazia. Nel nostro congresso abbiamo registrato la convinta adesione di Elly Schlein e del PD ad entrambi i temi a cominciare dall’adesione alla campagna sul Referendum Cittadinanza. Ora aspettiamo tutti gli altri partiti.