La senatrice del Pd

Parla Valeria Valente: “Stato di polizia, altro che sicurezza: la deriva autoritaria del governo Meloni”

«Premierato, autonomia differenziata, separazione delle carriere. Nei provvedimenti di questo governo c’è una deriva propria delle autocrazie. È ancora più grave che questa sia la visione della prima donna premier, altro che ‘matriarcato’ e femminismo...»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

22 Gennaio 2025 alle 09:00 - Ultimo agg. 22 Gennaio 2025 alle 09:48

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Photo credits: Andrea Panegrossi/Imagoeconomica
Photo credits: Andrea Panegrossi/Imagoeconomica

Valeria Valente, senatrice del Pd, femminista, è componente della Commissione Affari costituzionali e membro del Consiglio di Presidenza di Palazzo Madama, dopo essere stata nella passata legislatura per quattro anni Presidente della Commissione di inchiesta sul femminicidio e la violenza di genere. Proprio al Senato l’esame del ddl sicurezza sta entrando nel vivo nelle Commissioni Affari costituzionali e Giustizia: la Lega vorrebbe approvarlo, così com’è, mentre Fdi e Fi sembrano aver aperto alle modifiche suggerite anche dal Quirinale. Il giudizio del Pd è molto severo, venerdì c’è stata una mobilitazione in tutta Italia. Perché questo provvedimento è così pericoloso?
Innanzitutto, si tratta di un disegno di legge segnato ancora una volta da una drammatica deriva panpenalista, alla quale questa destra non riesce proprio a rinunciare. Una vera presa in giro. Un modo per raccontare al paese che solo attraverso pene e repressione crescenti possono essere garantiti maggiore sicurezza, ordine pubblico e tenuta sociale. Un’affermazione smentita dai fatti e dai numeri ormai da molti anni. Il punto è che il governo Meloni fa un massiccio ricorso al diritto penale, perché è una scelta a costo zero, che parla alla pancia delle persone e alle loro paure, anche se poi nulla risolve. In quest’ultimo ddl però si sono superati: qui si minano le fondamenta dello stato di diritto, si calpesta il principio della separazione dei poteri, presupposto e base di ogni democrazia e si mette l’Italia su un crinale scivoloso, con un impianto che per tanti aspetti ricorda quelli propri di sistemi fortemente illiberali, con tratti da vero stato di polizia. Uno schiaffo alla nostra Costituzione, alla storia e alla cultura democratica del nostro Paese e ai suoi principi fondamentali. Vengono istituite una ventina di nuove fattispecie di reato, si prevedono aggravanti varie e un generale inasprimento delle pene, si allargano a dismisura i poteri della polizia, che con troppa facilità vengono sottratti alla riserva di giurisdizione, si criminalizza il dissenso anche quando pacifico, si limitano e calpestano diritti basilari dei cittadini, specie di quelli più vulnerabili ed esposti, come detenuti e migranti.

È per questo che è intervenuta anche la moral suasion del Presidente della Repubblica…
Sì, il ddl introduce anche misure crudeli, odiose e apertamente lesive dei diritti umani e per questo a rischio di costituzionalità. Penso al carcere per le detenute madri senza obbligo di differimento della pena, al divieto di vendita di sim telefoniche ai migranti che arrivano in Italia sui barconi, alla norma che estende la resistenza a pubblico ufficiale anche alle proteste passive e non violente all’interno delle carceri o nel corso delle manifestazioni, alla trasformazione in illecito penale dei blocchi stradali e ferroviari pacifici, a un nuovo reato contro le proteste nei centri di accoglienza per immigrati, dove non ci sono per forza persone che hanno commesso reati. Tutto questo non ha nulla a che fare con la sicurezza. Anzi, aggraverà solo la situazione nei penitenziari, che a causa del sovraffollamento è già a dir poco esplosiva. E’ chiaro che il ddl è profondamente sbagliato, repressivo e regressivo e va cambiato, ci auguriamo che al Senato le altre forze della maggioranza non cedano ai ricatti della Lega, che i diritti delle cittadine e dei cittadini non divengano merce di scambio. Noi ci batteremo fino alla fine dentro e fuori dalle aule parlamentari, insieme ai tanti che stanno manifestando il loro dissenso e chiedono a questo governo di fermarsi.

A questo si aggiunge anche lo scudo penale per le forze di polizia.
Noi abbiamo espresso solidarietà alle forze dell’ordine per gli scontri che ci sono stati a Bologna e Roma, e non poteva essere diversamente perché condanniamo sempre ogni forma di violenza. Tuttavia, contro l’impunità dello scudo penale si sono espressi anche i sindacati delle forze di polizia. Pure un intervento sull’avviso di garanzia per le sole forze di polizia è discutibile. Vedremo cosa porteranno in Parlamento, intanto mi lasci dire che il quadro complessivo che emerge dalle riforme e dai provvedimenti di questo governo è preoccupante nella sua coerenza.

Vale a dire?
Il Premierato, l’Autonomia differenziata, la separazione delle carriere appena approvata dalla Camera, ma anche il ddl sicurezza e lo scudo penale, sono il frutto di un patto scellerato tra le forze di governo. Ma hanno anche un filo rosso che li lega: spaccare l’Italia, accentrare il potere nelle mani dell’uomo o della donna soli al comando, mettere in discussione l’equilibrio tra poteri e lo Stato di diritto. L’Autonomia differenziata aumenta le fragilità dell’Italia, il Premierato accentra tutto il potere in capo al Presidente del Consiglio e riduce il ruolo e le prerogative sia del Parlamento che del Presidente della Repubblica, stravolgendo gli equilibri democratici. Io non sono pregiudizialmente contraria alla separazione delle carriere, ma fatta così e in questo quadro rischia di incrinare un corpo autonomo, non soggetto più a principi e limiti chiari. Una deriva da stato di polizia propria delle autocrazie. Da un lato il comando assoluto, dall’altro sudditi silenti e obbedienti che si affidano per paura, in uno scambio pericoloso tra libertà e protezione. E dal mio punto di vista è ancora più grave che questa sia, nel suo insieme, la visione, la proposta politica della prima donna Premier, altro che ‘matriarcato’ e femminismo.

Non è la prima volta che lei esprime questo concetto, quando venne approvato il Premierato in Senato parlò di riforma nel segno del patriarcato e per questo fu criticata…
So che per molte femministe anche di sinistra Giorgia Meloni ha sfondato il tetto di cristallo. Per me, diventando la prima donna premier, Meloni ha raggiunto certamente un traguardo importante, simbolico per tutte noi, ma la scelta di farsi chiamare ‘il’ Presidente del Consiglio’, non è un inciampo. Lei stessa si vanta di aver giocato e di aver primeggiato con regole maschili, senza capire che la vera sfida era e sarebbe quella di cambiare quelle regole e aprire così un varco per tutte. Non è un caso che pratichi un’idea maschile del potere come forza e comando. Il femminismo della differenza ha invece avanzato una critica alla società patriarcale e ha concepito un mondo alternativo fondato sul riconoscimento che la differenza sessuale è un fatto e che i soggetti a fondamento dell’umanità sono due: l’uomo e la donna. Ogni disegno autoritario, come il loro Premierato, si scontra a mio avviso con questa visione basata sul rispetto delle diversità dell’altro da te, sull’accoglimento del materno e della cura, sulla relazione con l’altro. E anche sul grande senso del limite che questo comporta. E poi per Meloni parlano anche fatti e scelte concreti di governo: è femminismo se cambia in meglio la vita delle altre. A quasi tre anni dal suo insediamento, il governo Meloni ha invece penalizzato le donne, altro che ossessione per la natalità. Non c’è stato alcun massiccio investimento sul lavoro delle donne. Gli obiettivi del Pnrr che avevamo costruito per aumentare l’occupazione femminile e rilanciare il Pil, parlo della clausola del 30 per cento dei posti di lavoro e di quella del 33% sugli asili, sono stati tutti disattesi, i posti nei nidi sono stati tagliati e l’attuazione dei progetti è molto indietro, il lavoro domestico e di cura rimane sulle spalle delle donne, hanno detto no alla proposta del Pd di un congedo paritario di 5 mesi a stipendio pieno. Il messaggio è chiaro: le donne è meglio che stiano a casa a fare figli.

Senatrice Valente, perché ha definito la sentenza di Modena da “manuale del patriarcato”, è ancora così attuale il problema in Italia?
C’è chi, come Gian Domenico Caiazza, ha definito esagerate le nostre reazioni. Ma io ribadisco che quella sentenza, che abbiamo letto attentamente, è inquietante non tanto per la pena, ma per il ragionamento espresso nelle motivazioni. I giudici hanno ritenuto ‘umanamente comprensibile’ il gesto, perché avvenuto in un contesto di violenza reciproca tra i familiari, non facendo altro che restituire lo stereotipo per cui, se un uomo perde la pazienza e la uccide, in fondo è perché la donna se l’è cercata. Ma nulla può giustificare un femminicidio. Attribuire una parte della responsabilità alle donne vittime è proprio della logica del patriarcato. È un problema attuale? Come dicevo, certo che lo è. Lo abbiamo appurato con la commissione di inchiesta del Senato: violenza e femminicidio sono fenomeni di natura culturale, trasversali sul piano sociale, economico e geografico e sono gli estremi di una condizione femminile che è e rimane la vera emergenza dell’Italia, il vero nodo da aggredire per liberare i talenti e le competenze delle donne e avere un paese più equo, più giusto, più democratico e più competitivo. Una condizione che invece questo governo, seppure guidato da una donna, aggrava invece di risolvere.

22 Gennaio 2025

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