Lo scambio Iran-Italia-Usa

Liberiamo Cecilia Sala e Abedini, lo scambio è giusto: a Meloni serve il coraggio di Craxi a Sigonella

Meloni ha intrecciato con gli Usa un rapporto stretto, che le impone deferenza. Ma per salvare Cecilia ci vuole l’autonomia dimostrata da Bettino a Sigonella

Politica - di Mario Capanna

7 Gennaio 2025 alle 08:00

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Photo credits: Giuliano Del Gatto/Imagoeconomica
Photo credits: Giuliano Del Gatto/Imagoeconomica

Il diritto degli uomini dev’essere tenuto come sacro, per quanti sacrifici ciò possa costare al potere dominante.
(I. Kant)

Due prigionieri incolpevoli: Cecilia Sala e Mohammad Abedini Najafabadi. Vanno liberati subito. Adesso. I due casi, ormai, sono inscindibilmente intrecciati: se non ci sarà la scarcerazione dello svizzero-iraniano Abedini, Cecilia non la rivedremo in Italia, probabilmente per lungo tempo. Il legame tra le due sventure è, per così dire, in re ipsa: Cecilia è stata arrestata a Teheran tre giorni dopo la cattura, in Italia, di Abedini. Una evidente rappresaglia (così agiscono spesso gli Stati), totalmente inaccettabile. Inutile girare, da miopi, intorno alla questione: il nesso di causalità fra i due eventi è apparso con chiarezza, sia nell’incontro tra il ministero degli Esteri italiano e l’ambasciatore iraniano sia in quello dell’ambasciatrice italiana con il ministero degli Esteri di Teheran. Non prenderne atto sarebbe da irresponsabili.

Dunque: la prima cosa da fare, per ottenere la seconda, è ridare la libertà ad Abedini. Se c’è la volontà politica, la scelta è semplice: il ministro di Grazia e giustizia Nordio, in base all’art. 718 del codice di procedura penale, può richiedere ai magistrati – e ottenere! – la revoca dell’arresto. Basterebbe che Giorgia Meloni, la… mini-Thatcher presidente del Consiglio, avesse un millesimo del coraggio dimostrato da Craxi a Sigonella, nel 1985, contro gli americani, e la matassa verrebbe subito sbrogliata. Avrà avuto via libera da Trump con il viaggio lampo a Mar-a-Lago?

D’altra parte bisogna avere l’onestà di riconoscere che l’arresto di Abedini su mandato di cattura internazionale emesso dagli Usa, e la richiesta di estradizione sono basati su presupposti evanescenti. L’accusa è che egli avrebbe fornito ai Guardiani della rivoluzione iraniani componenti per droni che sarebbero stati usati il 28 gennaio 2024 contro un avamposto di soldati americani in Giordania, uccidendone tre. Il pretesto è simile a quello usato contro la Libia nel 1986 quando, a seguito dell’uccisione di un marine in una discoteca a Berlino, fu ritenuto responsabile Gheddafi, e Reagan ne bombardò la residenza a Tripoli.

Ora: che c’è di anormale nel fatto che un ingegnere svizzero-iraniano produce, in due sue aziende (la Illumare SA in Svizzera e la Sdra in Iran), componenti elettroniche e le vende a chi gliele compera (anche se, purtroppo, per usi militari)? Non è, questo, il “libero mercato”, di cui lor-signori amano tanto riempirsi la bocca, a ogni piè sospinto? Insistono gli Usa: lui ha venduto il materiale a una organizzazione terroristica! Ma i Guardiani della rivoluzione sono un’organizzazione non ritenuta “terroristica” né dall’Ue né dall’Italia. Sicché l’arresto poteva – e doveva – essere evitato, con molte e fondate motivazioni. Al contrario: ci si è comportati come se il nostro governo e l’Italia fossero camerieri degli Stati Uniti, in una marca di provincia. Facendo finta di non sapere che la richiesta di arresto, oltretutto, proveniva dalla superpotenza che da molto tempo è in conflitto con l’Iran, a cui applica anche “sanzioni”. Ho messo il termine fra virgolette, perché questa è un’altra grossa questione. In base all’art. 41 della Carta dell’Onu, solo il Consiglio di Sicurezza ha facoltà di stabilire sanzioni agli Stati.

Le “sanzioni” emesse, come nel caso Usa-Iran, da uno Stato contro un altro, vanno definite, in modo pertinente, come “misure unilaterali”, che perciò non ci coinvolgono, se vogliamo essere un Paese a sovranità non limitata. Questo è il momento di dimostrare l’autonomia e la dignità dell’Italia, restituendo la libertà ad Abedi, e ottenere così la libertà di Cecilia e il suo ritorno a casa. Sono profondamente convinto che dobbiamo muoverci per questa giusta causa e sarà utile che ognuno faccia conoscere il proprio punto di vista. In casi come questi è della massima importanza la mobilitazione dell’opinione pubblica, a difesa dei diritti di libertà, e questo non confligge con la richiesta, avanzata dai genitori di Cecilia, del silenzio stampa, che riguarda la discrezione mediatica circa gli sviluppi delle trattative in corso. Ci sono momenti in cui non si può restare abulici e indifferenti, quando siamo di fronte ai diritti calpestati delle persone. Per di più innocenti.

P.S. A chi maliziosamente pensasse che io sia filo-teocrazia iraniana, racconto un aneddoto. Teheran, 1980, in piena crisi degli ostaggi americani sequestrati in ambasciata. Grande assemblea con delegazioni politiche da ogni parte del mondo. Io partecipavo in rappresentanza di Democrazia proletaria e come parlamentare europeo. Per il Pci c’era Pietro Ingrao. Fui l’unico, nell’intervento ufficiale in plenaria dinanzi agli ayatollah, a denunciare la repressione da parte del nuovo Iran contro i curdi e a sostenere il loro diritto all’autonomia. Non so se è chiaro…

 

7 Gennaio 2025

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