Il nuovo premier siriano
Siria: perché Assad è caduto, aperto il banchetto, chi comanderà in Medio Oriente
In pochi giorni si è consumata la morte di uno Stato. Nascerà un mosaico di protettorati su basi etniche, ognuno retto da un servitore delle potenze regionali che hanno trasformato una guerra civile in una guerra per procura. Due i vincitori certi: Erdogan e Netanyahu. L’Iran grande sconfitto
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
Siria, non è solo la fine di un clan, quello degli Assad, che ha dettato legge per 54 anni. Siria, non è solo la fuga vigliacca di un dittatore che, oltre 13 anni fa, ha dichiarato guerra al suo popolo trasformandolo in una moltitudine di profughi e riducendo il Paese in un cumulo di macerie. Ciò che si è consumato in pochi giorni, è la morte di uno Stato. La morte della Siria.
Ciò che nascerà sarà un simulacro di Stato, un mosaico di protettorati su basi etniche, ognuno dei quali retto da un servitore delle diverse potenze regionali– Turchia, Arabia Saudita, Iran, Israele, Emirati Arabi Uniti in primis – che hanno trasformato una guerra civile in una guerra per procura. Uno Stato fallito su cui imperversano milizie, più o meno jihadiste, ed eserciti stranieri. In questo precipitare degli eventi vi sono due vincitori certi: Benjamin Netanyahu (Israele) e Recep Tayyp Erdogan (Turchia). E un grande sconfitto: l’Iran (con Hezbollah al seguito). Perché prima in Libano e poi in Siria è andato a pezzi il disegno della grande mezzaluna rossa sciita.
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Dopo aver governato la Siria per 24 anni, Bashar al-Assad è ricomparso dopo sole 24 ore a Mosca. La decisione della Russia di dare asilo a Bashar al Assad è stata presa personalmente dal presidente Vladimir Putin. Così il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, citato dalle agenzie russe. Il Cremlino si è detto “sorpreso” dalla presa del potere da parte dei ribelli in Siria. “Per quanto riguarda la posizione del presidente Assad, non ho nulla da dirvi”, ha aggiunto Peskov, ammettendo che “quello che è successo ha sorpreso il mondo intero e, in questo caso, non facciamo eccezione”.
Mosca avrebbe chiesto alla Turchia supporto per l’evacuazione dalla Siria dei soldati russi che vi sono dispiegati, ha reso noto Cnn Turk, precisando che il trasferimento riguarda solo le forze di terra ancora dispiegate nel Paese e non i militari di base a Tartus e Hmeimim. I soldati in partenza saranno inviati nelle regioni della Siria controllate dalla Turchia e poi portate in Russia con aerei. Mohammed Al-Bashir, attuale premier del “governo di salvezza” che gestisce la provincia di Idlib, è stato incaricato di formare un nuovo governo siriano per gestire la fase di transizione. Lo riporta al Jazeera, spiegando che la decisione è arrivata nel corso di un incontro tra il leader di Hayat Tahrir al-Sham (Hts), Abu Mohammad al-Jolani, e l’ex premier del regime siriano Mohamed al-Jallali, incaricato di gestire gli affari governativi.
I ribelli siriani hanno annunciato un’amnistia generale per tutto il personale militare arruolato durante il regime del deposto presidente Bashar al-Assad. Lo riporta Al Jazeera. «Le loro vite sono al sicuro e nessuno può aggredirle», ha affermato il comando armato del gruppo in una dichiarazione su X, aggiunge l’emittente panaraba. “Impedire a Daesh (o Isis) e al Pkk di beneficiare dell’attuale situazione” in Siria “garantirà che il Paese smetta di essere un rifugio sicuro per il terrorismo”. È quanto ha affermato il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, in dichiarazioni rilanciate dal giornale Sabah. “Continueremo con determinazione il nostro impegno in tal senso”, ha aggiunto. Sul campo, si regolano i conti. L’Esercito Libero Siriano sostenuto dalla Turchia ha sottratto la città di Minbic al controllo dell’organizzazione separatista curda Ypg. L’operazione è stata lanciata l’altro ieri e in poche ore i ribelli sostenuti da Ankara hanno preso il controllo di gran parte della città. Tuttavia, gli scontri sono andati avanti e nella notte era stata diffusa la notizia dell’uccisione di 22 miliziani curdi. A dare la notizia della sconfitta di Ypg è stato lo stesso Esercito Libero siriano. I separatisti curdi perdono così la loro roccaforte a ovest dell’Eufrate: Minbic era sotto il controllo di Ypg dal 2016.
Quanto a Israele, Tel Aviv ha avvisato in anticipo l’amministrazione Biden che avrebbe preso il controllo della zona cuscinetto al confine con la Siria e di altre località chiave oltre il confine. Fino a quando, è la motivazione, la situazione della sicurezza non si stabilizzerà. È la prima volta, dalla guerra del 1973, che Israele fa suoi territori siriani. Ed è la prima volta dalla Guerra dei Sei Giorni che le forze armate israeliane si trovano contemporaneamente al di là delle linee nemiche su tre confini, Gaza, Libano meridionale e Siria. Le Idf sono distribuite a scopo di difesa in tutto il sud della Siria, tra il monte Hermon e i confini con Israele e Libano. Lo ha reso noto l’esercito israeliano, aggiungendo che le basi dell’esercito siriano sono state abbandonate con le armi al loro interno e l’Idf sta lavorando per distruggerle. La Forza di disimpegno degli osservatori delle Nazioni Unite (Undof) deve ancora lasciare il paese, ha riferito l’esercito israeliano, aggiungendo che decine di obiettivi in Siria sono stati attaccati per danneggiarne le capacità strategiche.
Anche il grande sconfitto, l’Iran, ha aperto una linea di comunicazione diretta con i ribelli della nuova leadership della Siria dopo la cacciata del suo alleato Bashar al-Assad. Lo ha detto un alto funzionario iraniano alla Reuters spiegando che la mossa rappresenta un tentativo di “impedire una traiettoria ostile” tra i paesi. Negli ultimi giorni gli Stati Uniti avrebbero trasmesso, indirettamente, messaggi ai gruppi ribelli che hanno guidato l’offensiva contro Bashar al-Assad in Siria. Lo scrive il New York Times, che cita funzionari statunitensi e turchi secondo i quali gli Usa avrebbero iniziato a ‘comunicare’ con le fazioni armate tramite il governo turco – attraverso canali diplomatici, militari e d’intelligence – dopo l’avvio dell’offensiva, scattata la scorsa settimana, prima della caduta di Damasco. Tutto passa per Ankara. Il “sultano” gioisce. E si appresta a incassare. Tanto. Da tutti.