L'altra guerra
Siria nel caos, la telefonata Putin-Erdogan: “Ferma l’aggressione terroristica dei ribelli jihadisti”
Alle porte di Hama l'avanzata dei nemici del regime di Assad. Ankara preoccupata dai curdi. L'Iran pronto a intervenire a sostegno dell'alleato Damasco
Esteri - di Redazione Web
Ancora caos in Siria: continua l’avanzata dei ribelli jihadisti che hanno lanciato l’offensiva contro il regime di Damasco del Presidente Bashar al-Assad, arrivati alle porte di Hama. Lo fa sapere l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (OSDH), organizzazione con sede all’estero, nel Regno Unito. Decine le famiglie che si sono spostate dai villaggi nelle campagne occidentali della città verso la città di Lattakia. Conversazione telefonica intanto tra Vladimir Putin e Recepp Tayyp Erdogan mentre l’Iran annuncia che potrebbe entrare in campo in difesa del suo alleato Assad. Così come durante la guerra civile: in Siria si tratta sempre di una guerra per procura. La guerra è arrivata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Ci sono sempre interessi se non manovre in prima persona di altri attori rispetto a quelli sul campo. Erdogan, presidente della Turchia, per esempio ha sempre avversato il regime di Damasco con le sue ambizioni da rais del Medio Oriente e battitore libero in politica estera. Ha fomentato e secondo alcune inchieste anche foraggiato i movimenti sunniti contrari al regime alauita. Damasco invece è alleato di Teheran, fa parte dell’asse dell’alleanza architettato dal generale dei pasdaran Qassem Suleimani, anche per questo è stato colpito da Israele nella guerra scatenata dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Il Presidente della Russia Vladimir Putin è invece stato l’alleato che con il suo intervento a sostegno di Assad ha impedito che il regime capitolasse nella guerra civile.
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La telefonata Putin-Erdogan
E nella telefonata con Erdogan ha sollecitato e ribadito di “fermare rapidamente l’aggressione terroristica contro lo Stato siriano da parte di gruppi radicali”. Secondo il Cremlino è necessario ora “fornire pieno sostegno agli sforzi delle autorità legittime per ripristinare la stabilità e l’ordine costituzionale in tutto il Paese, in particolare utilizzando le opportunità esistenti di Ankara nella regione”. I due leader, continua la nota, “si sono espressi a favore del rafforzamento dell’interazione sia in formato bilaterale che nel quadro del processo di Astana” impegnandosi a “un ulteriore stretto coordinamento tra Russia, Turchia e Iran per normalizzare la situazione in Siria”.
Ankara ha resto noto che entrambi i presidenti hanno concordato sulla necessità di mantenere “l’integrità territoriale della Siria” che “rimane prioritaria”. Erdogan ha auspicato una soluzione “giusta e permanente” da raggiungere “aprendo nuovi spazi al dialogo e alla diplomazia”. Secondo il comunicato “il presidente ha sottolineato che l’ascesa di gruppi terroristici sarà ostacolata, la posizione della Turchia su questo tema rimane ferma”. La preoccupazione di Ankara è che dalla situazione possa trarre beneficio l’Ypg, il gruppo di separatisti curdi che combatterono anche contro lo Stato Islamico, considerati però dalla Turchia come una costola siriana del Pkk, il Partito dei lavoratori curdo considerato organizzazione terrorista oltre che separatista. Appena ieri almeno sette miliziani curdi sono morti nei bombardamenti della Turchia ad Afrin, finita sotto controllo di Ankara in seguito a un’operazione lanciata nel 2018 al fianco del Free Sirian Army, gruppo di opposizione siriano che presidia l’area e contrasta un possibile ritorno di Ypg.
La situazione in Siria, Iran pronto a intervenire
“Nell’ultima settimana abbiamo assistito a cambiamenti drammatici in prima linea in Siria, la situazione è estremamente fluida e pericolosa. Una vasta fascia di territorio è passata sotto il controllo di attori non statali, tra cui il gruppo terroristico Hayat Tahrir al-Sham, e gruppi di opposizione armata, tra cui l’Esercito nazionale siriano. Questi gruppi ora controllano di fatto un territorio con – stimiamo – circa 7 milioni di persone, tra cui Aleppo”, ha detto l’inviato speciale dell’Onu, in Siria, Geir O.Pedersen, durante la riunione del Consiglio di Sicurezza. “Il mio primo messaggio è semplice, abbiamo bisogno di una de-escalation e di calma, e il secondo è che la de-escalationdeve essere accompagnata da un orizzonte politico credibile per il popolo siriano”.
A sua volta l’Iran pronto a entrare in campo per sostenere il suo alleato Assad. “Se il governo siriano ci chiede di inviare forze in Siria, studieremo la loro richiesta”, ha detto il ministro degli Esteri, Abbas Araghchi, in un estratto da un’intervista pubblicata sul suo canale ufficiale Telegram. Durissime le parole all’agenzia di stampa Tasnim, del consigliere della Guida Suprema iraniana Ayatollah Ali Khamenei, Ali Akbar Velayati, secondo cui la Turchia sarebbe caduta in una trappola ordita dagli Stati Uniti. “Non avremmo mai immaginato che la Turchia, con una lunga storia islamica, potesse cadere in una trappola tesa dagli Stati Uniti e dai sionisti. Gli Stati Uniti, i sionisti e i paesi della regione, sia arabi che non arabi, dovrebbero tenere a mente che la Repubblica islamica dell’Iran sosterrà il governo della Siria fino alla fine”.