L'accordo tra il Cremlino e la Casa Bianca

Il piano segreto Trump-Putin per Siria e Ucraina: la testa di Assad per la testa di Zelensky

La guerra si espande in Siria e al confine con la Turchia: 200mila curdo-turchi sotto assedio. La Russia appoggia Assad. 400 i terroristi uccisi dagli attacchi aerei di Russia e Siria

Esteri - di Umberto De Giovannangeli

3 Dicembre 2024 alle 07:00 - Ultimo agg. 10 Dicembre 2024 alle 12:05

Condividi l'articolo

AP Photo/Ghaith Alsayed
AP Photo/Ghaith Alsayed

Tutti contro tutti. Ma sul fronte siriano si delinea il “grande scambio” tra lo zar e il tycoon: la testa di Assad per quella di Zelensky. È questo l’anello di congiunzione tra i due maggiori fronti di guerra: quello russo-ucraino e quello mediorientale.

La guerra “dimenticata” deflagra in tutta la sua devastante potenzialità. Devastante perché chiama in causa potenze regionali e globali, dalla Russia di Putin agli Stati Uniti di Biden (in attesa di Trump), dall’Iran di Khamenei all’Israele di Netanyahu e alla Turchia di Erdogan, con l’aggiunta delle mai dissolte milizie jihadiste e quelle di Hezbollah. Sullo sfondo, s’intravvede anche la longa manus delle petromonarchie sunnite del Golfo, a cominciare dal Qatar, finanziatore di un dei gruppi più attivi nel fronte anti-Assad: Hayat Tahrir al-Sham. A tutto ciò si aggiunge – fanno trapelare fonti bene informate – una resa dei conti in atto all’interno del regime alauita e nel clan Assad, con voci sempre più insistenti di un possibile putsch militare.

Sul campo, continuano gli scontri in Siria tra l’esercito regolare e i ribelli jihadisti filo-turchi che hanno lanciato un’offensiva nel nord del Paese. Dopo aver conquistato Aleppo, il suo aeroporto e decine di cittadine vicine, i combattenti guidati dal gruppo Hayat Tahrir al-Sham (Hts) sono entrati ad Hama. Qui le truppe siriane hanno rivendicato qualche successo. “Le unità delle nostre forze armate hanno rafforzato le linee difensive con ogni tipo di materiale e personale militare durante la notte, hanno affrontato le organizzazioni armate e hanno impedito qualsiasi avanzata”. Secondo quanto riferito dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, miliziani pro-Ankara hanno spodestato le milizie curde dalla città strategica di Tall Rifat, prendendone il controllo nell’ambito di un’offensiva parallela. “Circa 200mila curdo-siriani sono sotto assedio da parte di fazioni filo-turche e le comunicazioni sono state interrotte nelle zone a maggioranza curda, facendo temere per possibili massacri”, ha aggiunto l’organizzazione.

Intanto, a Damasco il presidente Bashar al-Assad ha accolto il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, arrivato per ribadire il “forte sostegno” di Teheran nella lotta contro il terrorismo. Da parte sua, il leader siriano ha sottolineato “l’importanza del supporto degli alleati contro gli attacchi terroristici sostenuti dall’esterno”. Una forza guidata dai curdi e sostenuta dagli Stati Uniti in Siria sta cercando di evacuare i curdi da alcune parti di Aleppo verso aree sicure. Lo ha affermato in una nota Mazloum Abdi, capo delle Forze democratiche siriane, dopo che i ribelli filo-turchi hanno preso il controllo di una città dove vivevano decine di migliaia di curdi. «Stiamo coordinando attivamente tutte le parti interessate in Siria per garantire la sicurezza del nostro popolo e facilitare il suo trasferimento nelle nostre aree sicure nel nord-est del Paese», ha detto Abdi.

Un osservatore di guerra in Siria ha dichiarato ieri sera che circa 200mila curdi siriani sono stati “assediati da fazioni filo-turche” che hanno preso il controllo della città di Tall Rifat e dei villaggi vicini. Ad aiutare Assad c’è la Russia che ha ripreso a bombardare Aleppo, come non succedeva dal 2016. Mosca ha fatto sapere che i suoi caccia stanno collaborando con l’esercito siriano per respingere i ribelli nelle province settentrionali di Idlib, Hama e Aleppo. Raid aerei siriani hanno preso di mira l’ospedale universitario della seconda città del Paese, facendo almeno dodici morti. Altri otto civili sono stati uccisi in bombardamenti su Idlib, mentre jet russi hanno colpito il collegio francescano Terra Santa di Aleppo, facendo gravi danni. Oltre 400 terroristi sono stati eliminati nelle ultime ore durante gli attacchi aerei russi e siriani ad Aleppo e Idlib. Lo sostiene il comando dell’esercito siriano, come riporta Tass. L’aviazione siriana, sostenuta dalle forze aerospaziali russe, ha eliminato 5 posti di comando dei terroristi, 7 depositi nelle province di Aleppo e Idlib in 24 ore, riporta ancora Tass.

«L’escalation terroristica in corso in Siria riflette gli obiettivi di “dividere la regione, frammentare i suoi Paesi e ridisegnare la mappa geografica secondo gli interessi dell’America e dell’Occidente». Lo ha dichiarato il presidente siriano, Bashar al-Assad, nel corso di un colloquio con il suo omologo iraniano, Masoud Pezeshkian, dopo l’offensiva lanciata dalle milizie jihadiste di Hayat Tahrir al-Sham contro Aleppo. “Questa escalation non farà altro che aumentare la determinazione della Siria e del suo esercito nel contrastare il terrorismo su tutto il territorio siriano”, ha aggiunto Assad, secondo una nota della presidenza siriana. Pezeshkian, sempre secondo la nota della presidenza siriana, ha espresso il “rifiuto totale da parte dell’Iran di tutti i tentativi di minare l’unità e la stabilità della Siria”, sottolineando che “danneggiare l’unità della Siria è un duro colpo alla stabilità della regione”. Il presidente iraniano ha quindi affermato che “quello che sta avvenendo in Siria è il volto delle ambizioni sioniste-americane che prendono di mira i Paesi e i popoli della regione”.

«Naturalmente continuiamo a sostenere Bashar al-Assad, continuiamo i nostri contatti al livello appropriato e analizziamo la situazione». Così il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, a proposito della situazione in Siria. «Verrà presa una posizione su ciò che è necessario per stabilizzare la situazione», ha aggiunto Peskov. Il Cremlino ha poi riferito che Vladimir Putin e il presidente iraniano, Masoud Pezeshkian, in un colloquio telefonico, hanno espresso il loro «sostegno incondizionato alle azioni delle legittime autorità, volte a ripristinare l’ordine costituzionale» in Siria. Il punto è che il sostegno russo non è militarmente così “incondizionato” come vorrebbe Assad: tra Ucraina e Siria, lo zar sceglie la prima. E sulla Siria attende il 20 gennaio 2025, quando alla Casa Bianca tornerà Donald Trump, che di Putin non può dirsi amico ma sodale interessato questo è sicuro.

«Gli ultimi sviluppi sono stati causati dal fatto che Assad è stato incapace di avviare un processo politico»: lo ha dichiarato il ministro degli Esteri della Turchia, Hakan Fidan. Ankara ribadisce così le sue critiche al capo del regime di Damasco, anche perché preoccupata dal fatto che il riaccendersi del conflitto determini un flusso di profughi verso la Turchia. «Non vogliamo vedere città distrutte e civili in fuga» ha aggiunto. L’avanguardia dell’offensiva jihadista filo-turca, guidata da Hayat Tahrir al Sham, tenta di accerchiare su tre lati la città chiave di Hama, nella Siria centrale, per impedire ai rinforzi iraniani giunti dal vicino Iraq di sostenere i governativi nella zona. Lo riferisce l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, secondo cui i jihadisti hanno conquistato nelle ultime ore alcune località a nord-est e a nord-ovest di Hama. In particolare, si segnala l’avanzata di Hts lungo due direttrici: verso Mataban, a nord-est di Hama, e la presa di Qalaat al Madiq, cittadina chiave sul fiume Oronte, a nord-ovest di Hama e di fronte a Sqeilbiye, dove si trova una base militare russa. Da Tel Aviv, il portavoce dell’esercito di Israele (Idf), Daniel Hagari, ha affermato in un’intervista all’emittente Sky News: “Il regime iraniano sta inviando rinforzi in Siria. Stiamo monitorando la situazione e impediremo che le armi iraniane raggiungano la Siria”.

Tutti contro tutti. Proseguono i combattimenti tra le forze sostenute dalla Turchia e l’ala siriana del Pkk nei distretti a nord di Aleppo e nel quartiere aleppino di Shaykh Maqsud per spingere i curdi a lasciare il nord-ovest del Paese. Al tempo stesso, da domenica sono in corso negoziati, mentre i portavoce dell’offensiva militare sostenuta da Ankara nel nord, hanno precisato che le forze jihadiste siriane filo-turche sono pronte a evacuare un numero imprecisato di miliziani curdi da Aleppo e dalla zona a nord di Aleppo, verso la città orientale di Raqqa, a est dell’Eufrate. I ribelli, concordano gli analisti militari, si sono preparati da mesi, accumulando armi, intensificando l’addestramento. Ed hanno atteso il momento più propizio, con i tre principali alleati del regime in difficoltàIran, Hezbollah – o perché impegnati su altri fronti, ossia la Russia in Ucraina.

L’attacco era stato quasi annunciato, presentato come la “Risposta all’aggressione” (i continui bombardamenti da parte dei lealisti sulle zone abitate). Ora vogliono ristabilire l’autorità su ciò che hanno perduto dopo anni di feroci combattimenti. La forza principale è rappresentata dagli ex qaedisti di Hayat Tahrir al-Sham (Hts), guidati da un veterano, Abu Muhammad al Jauwlani, che ha portato il movimento su una linea pragmatica. A seguire una miriade di formazioni, comprese alcune filo-turche e jihadiste, così come gli uzbeki e i musulmani cinesi (uiguri) o militanti caucasici.

«Quello che stiamo vedendo oggi in Siria è un segno di un fallimento collettivo». È quanto ha dichiarato l’inviato speciale dell’Onu per la Siria, Geir Pedersen che ha ricordato di aver ripetutamente avvertito dei rischi di un’escalation in Siria, «dei pericoli di una semplice gestione del conflitto piuttosto che di una risoluzione del conflitto, e che nessuna parte siriana o gruppo esistente di attori può risolvere il conflitto siriano con mezzi militari». Secondo l’inviato speciale delle Nazioni Unite, in un Paese dilaniato da quasi 14 anni di guerra e conflitti, gli ultimi sviluppi pongono «seri rischi per i civili e hanno gravi conseguenze per la pace e la sicurezza regionale e internazionale». «Le parti siriane e i principali attori internazionali – ha avvertito – devono impegnarsi seriamente in negoziati significativi e sostanziali per trovare una via d’uscita dal conflitto. Senza questo, la Siria rischia ulteriori divisioni, deterioramento e distruzione». Su queste macerie, materiali, politiche, morali, si staglia il “grande scambio”. Una sorta di Jalta mediorientale (con propaggine ucraina).

3 Dicembre 2024

Condividi l'articolo