Le falle nella sicurezza

Chi è Kimberly Cheatle e perché si è dimessa per l’attentato a Trump

Nancy Pelosi, ha aspettato che tutti si inginocchiassero per ufficializzare il suo appoggio, che definisce “ufficiale, personale e politico”. Un ritardo studiato, per non farla apparire un’incoronazione dall’alto

Esteri - di Umberto De Giovannangeli

24 Luglio 2024 alle 16:00

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Republican presidential candidate former President Donald Trump is surrounded by U.S. Secret Service agents at a campaign rally, Saturday, July 13, 2024, in Butler, Pa. (AP Photo/Evan Vucci) Associated Press / LaPresse Only italy and Spain
Republican presidential candidate former President Donald Trump is surrounded by U.S. Secret Service agents at a campaign rally, Saturday, July 13, 2024, in Butler, Pa. (AP Photo/Evan Vucci) Associated Press / LaPresse Only italy and Spain

Bibi atterra a Washington ma l’atteso viaggio negli Usa non si preannuncia un “pranzo di gala”. Certamente non alla Casa Bianca. Certamente non con Joe Biden, nell’incontro in programma domani. Di certo, gli eventi interni all’America hanno oscurato mediaticamente l’arrivo del premier israeliano. Quanto alla Harris, la vicepresidente non sarà presente in Senato quando Benjamin Netanyahu parlerà nel corso di una seduta congiunta del Congresso oggi pomeriggio. Lo scrive il Washington Post. Ma a dominare la giornata americana sono le dimissioni di Kimberly Cheatle, la direttrice del Secret Service, l’agenzia del governo statunitense che si occupa della sicurezza del presidente, del vice e degli ex presidenti. L’ha annunciato ieri con una email inviata al suo staff. Era direttrice dell’agenzia dal 2022. Il Secret Service era stato molto criticato ed era finito al centro di varie indagini dopo l’attentato contro Trump dello scorso 13 luglio, nel quale l’ex presidente degli Stati Uniti era stato ferito in modo non grave a un orecchio da un ragazzo di vent’anni che gli aveva sparato durante un comizio in Pennsylvania. Lunedì Cheatle aveva partecipato a un’udienza nella quale vari parlamentari l’avevano duramente criticata per i problemi nella gestione della sicurezza al comizio. In quell’occasione Cheatle aveva definito l’attentato «il più grande fallimento operativo» del Secret Service negli ultimi decenni e si era presa la responsabilità per le falle nella sicurezza. Non aveva però risposto in modo chiaro a molte delle domande che le erano state poste: per esempio, non aveva detto quanti agenti erano stati assegnati alla protezione di Trump, oppure perché il tetto su cui si era appostato l’attentatore, Thomas Matthew Crooks, un ragazzo di vent’anni, era stato lasciato fuori dal perimetro di sicurezza nonostante si trovasse a poco più di 100 metri dal palco da cui avrebbe parlato l’ex presidente.

Alla fine dell’udienza 15 membri del Congresso, di cui 12 Repubblicani e tre Democratici, avevano chiesto a Cheatle di dimettersi, ma lei aveva risposto dicendo di non averne intenzione. Nell’email di martedì con cui ha annunciato le dimissioni, Cheatle ha scritto che in quanto direttrice si prende «la piena responsabilità per le mancanze nella sicurezza». Biden si è detto grato dei decenni di lavoro della direttrice del Secret Service Kimberly Cheatle, subito dopo l’annuncio delle dimissioni. «Ha dedicato e rischiato la sua vita per proteggere il Paese», ha detto Biden mentre è in attesa gli esiti della revisione indipendente di quanto accaduto il 13 luglio, il giorno del tentato assassinio di Donald Trump. «Sappiamo che quello che è accaduto quel giorno non può accadere mai più. Prevedo di nominare un nuovo direttore del Secret Service a breve». Intanto, Kamala Harris va all’attacco. «Un predatore» che «ha abusato delle donne». Così la vicepresidente Usa ha definito lo sfidante repubblicano alla Casa Bianca, Donald Trump, dopo aver avuto il sostegno di un numero sufficiente di delegati per ottenere la nomination democratica dopo il ritiro di Joe Biden.

Rivolgendosi allo staff della campagna elettorale, presso la sede centrale del Delaware, Harris ha detto: «Io, insieme a voi, farò tutto ciò che è in mio potere per unire il nostro Partito democratico, per unire la nostra nazione e per vincere queste elezioni». Harris ha poi ripercorso la sua carriera, ricordando allo staff della campagna elettorale che «come molti di voi sanno, prima di essere eletta vicepresidente, prima di essere eletta senatrice degli Stati Uniti, sono stata Procuratore generale della California e prima ancora ero un Pubblico ministero in tribunale». Ed è «in quei ruoli che mi sono occupata» di «predatori che abusano delle donne, truffatori dei consumatori, imbroglioni che hanno infranto le regole per il proprio tornaconto. Quindi ascoltatemi quando dico che conosco che tipo è Donald Trump».

E il “tipo” in questione risponde col suo stile, attaccando Harris in una serie di post al vetriolo sul suo social Truth. La vicepresidente è criticata per la gestione del confine, uno dei dossier che gli ha affidato Biden. «La sua incompetenza ci ha regalato il confine peggiore e più pericoloso al mondo», afferma Trump citando un sondaggio di Nbc secondo il quale Harris è il vicepresidente più impopolare della storia. «I Democratici hanno detto bugie e ingannato il pubblico su Biden, hanno anche ingannato i Repubblicani, ai quali hanno causato uno spreco di soldi», aggiunge Trump. Quanto ai sondaggi, Donald Trump sarebbe in vantaggio di due punti su Kamala Harris nelle prime rilevazioni dei sondaggi che arrivano al 21 luglio, il giorno in cui Joe Biden ha annunciato il ritiro dalla corsa per il secondo mandato alla Casa Bianca. Secondo quanto riportano i media americani, la rilevazione effettuata dalla Quinnipiac University da venerdì 19 luglio a domenica 21 fotografa il 49% degli elettori a favore del tycoon mentre il 47% è per Harris, registrando un dato che è vicino al testa a testa, considerando che il vantaggio è entro il margine di errore. Strada spianata per la vicepresidente per la nomination e sfidante del tycoon. Secondo un sondaggio condotto lunedì sera dall’Associated Press, Harris ha ricevuto l’appoggio di più dei 1.976 delegati necessari per ottenere la nomination al primo turno di votazioni. Secondo la Cbs, i delegati di almeno 27 Stati hanno rilasciato dichiarazioni a nome delle loro delegazioni a sostegno di Harris. Dall’annuncio del ritiro di Biden, milioni di dollari in donazioni si sono riversati nella sua campagna e i principali democratici si sono schierati per sostenere la sua candidatura alla presidenza.

Tutti i potenziali rivali per la nomination, anziché sfidarla, hanno fatto giuramento di fedeltà all’aspirante regina. A uno a uno, hanno espresso l’endorsement i governatori Gretchen Whitmer (Michigan), Gavin Newsom (California), Ben Shapiro (Pennsylvania), J.B. Pritzker (Illinois), Andy Beshear (Kentucky), Wes Moore (Maryland). Ma anche il ministro dei Trasporti, Pete Buttigieg e le leader dell’ala sinistra: la senatrice Elizabeth Warren e le deputate Alexandria Ocasio-Cortez e Ilhan Omar. A quel punto sono arrivati i big. Nancy Pelosi, l’ottantaquattrenne ex speaker della Camera e leader di fatto del partito, ha aspettato che tutti si inginocchiassero per ufficializzare il suo appoggio, che definisce «ufficiale, personale e politico». Un ritardo studiato, per non farla apparire un’incoronazione dall’alto. La stessa preoccupazione spiegherebbe il silenzio di Obama. I Clinton, invece, non hanno perso tempo. Harris ha incassato anche l’endorsement di vari sindacati, tra cui Communications Workers of America, International Brotherhood of Electrical, American Federation of Teachers, United Food and Commercial Workers, United Farm Workers, National Union of Healthcare Workers e l’Unione internazionale dei pittori e dei mestieri affini. Altri importanti sindacati devono ancora dare il loro sostegno a Harris dopo aver appoggiato Biden, tra cui la National Education Association e la United Auto Workers.

La vicepresidente ha detto di essere «orgogliosa» di aver ricevuto il numero sufficiente di delegati democratici per ottenere la nomination alla Casa Bianca. «Non vedo l’ora di accettare formalmente la nomination», ha affermato in una nota, aggiungendo di essere «orgogliosa di essermi assicurata l’ampio sostegno necessario per diventare il candidato del nostro partito».
Da domenica, quando Joe Biden ha di fatto passato il testimone alla sua vice per la corsa alla Casa Bianca, Harris ha raccolto oltre 100 milioni di dollari. Lo riferisce la Cnn citando responsabili della campagna per l’elezione di Harris. Kamala Harris «è la migliore». Lo ha ribadito Biden in una telefonata al quartier generale della campagna che l’altra notte la vicepresidente ha visitato insieme al marito Doug Emhoff, per salutare e ringraziare lo staff. Il presidente, che ieri è rientrato alla Casa Bianca, ha ripetuto che sostenere Harris «è la decisione giusta». «Non sarò nel ticket ma sarò pienamente impegnato»: così il presidente Usa in una telefonata alla campagna, sostenendo che «abbiamo preso la decisione giusta» e invitando ad abbracciare Kamala Harris. Il presidente ha promesso che farà «qualunque cosa Kamala Harris voglia da me» o che «ha bisogno che io faccia», suggerendo che farà campagna per lei. E poi ha riaffermato il suo impegno per i prossimi sei mesi del suo mandato: «Sono determinato a fare il massimo possibile, in politica estera e in politica interna, a tenere bassi i costi per le famiglie, a continuare a parlare contro le armi, ad occuparmi dell’infanzia, degli anziani e del clima». E uno degli impegni più stringenti riguarda il Medio Oriente: «Continuiamo a lavorare per mettere fine alla guerra a Gaza», afferma l’inquilino della Casa Bianca. Netanyahu è avvisato.

24 Luglio 2024

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