La campagna Usa
Escalation Venezuela, Trump nega i raid imminenti ma Maduro chiede aiuto a Putin, Cina e Iran
L’Amministrazione Usa ha intensificato la sua campagna contro Maduro, nel tentativo di presentarlo come il capo di un’organizzazione criminale impegnata a “inondare” gli Stati Uniti di stupefacenti
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
Non è più un problema del “se” ma solo del quando e del quanto. I raid sul Venezuela sono imminenti, anche se giovedì Donald Trump ha negato. «Questione di giorni, forse addirittura di ore», secondo i media americani. “L’amministrazione Trump ha preso la decisione di colpire le installazioni militari all’interno del Venezuela e gli attacchi potrebbero arrivare in qualsiasi momento” afferma il Miami Herald, citando anonime fonti “informate dei fatti”.
Gli attacchi, come confermato anche dal Wall Street Journal, dovrebbero prendere di mira installazioni militari che, secondo gli Usa, sarebbero utilizzate dai narcotrafficanti e gestite da alti esponenti del regime di Nicolas Maduro. Fonti hanno riferito al Miami Herald che gli obiettivi – che potrebbero essere colpiti per via aerea nel giro di pochi giorni o addirittura ore – mirano anche a decapitare la gerarchia del cartello. Le fonti non hanno confermato se Maduro stesso sia un obiettivo. Con l’aumento della pressione militare americana nei Caraibi, Maduro avrebbe chiesto direttamente al Cremlino sostegno militare per rafforzare la difesa del Paese.
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Secondo quanto emerge da documenti interni del governo statunitense ottenuti dal Washington Post, il presidente venezuelano ha inviato una lettera a Vladimir Putin in cui sollecita la fornitura di missili, riparazioni di aerei Sukhoi, modernizzazione dei radar e assistenza logistica, proponendo anche un piano di finanziamento triennale tramite il conglomerato russo Rostec. La richiesta a Mosca arriva mentre gli Stati Uniti ammassano forze navali nella regione, con la portaerei Uss Gerald Ford schierata al largo delle coste sudamericane. Secondo i documenti, Caracas avrebbe contattato anche Cina e Iran per ottenere equipaggiamenti militari e droni a lungo raggio, ma solo la Russia rimane il principale alleato strategico di Maduro. Domenica scorsa, un aereo cargo russo Il-76, già sanzionato da Washington, è atterrato a Caracas evitando lo spazio aereo occidentale, poche ore dopo la ratifica di un nuovo trattato di cooperazione tra Mosca e il Venezuela.
Sebbene il tycoon non abbia ancora preso una decisione definitiva su un eventuale intervento via terra, le fonti hanno sottolineato che una campagna aerea si concentrerebbe su obiettivi considerati da Washington nodi cruciali nei legami tra il regime di Maduro e le reti del narcotraffico. Tra i siti presi in esame figurano porti e aeroporti controllati dall’esercito, che secondo gli Stati Uniti sarebbero utilizzati per il transito di droga. Attacchi aerei contro obiettivi all’interno del territorio venezuelano rappresenterebbero una significativa escalation della campagna, finora limitata a operazioni contro imbarcazioni sospettate di trasportare droga. Tuttavia, osservano esperti citati dal Wall Street Journal, il fentanyl viene prodotto in Messico con precursori chimici provenienti dalla Cina, e non vi sono prove che il Venezuela sia coinvolto nella produzione o nel traffico di questa sostanza sintetica.
Nel frattempo, l’Amministrazione Usa ha intensificato la sua campagna contro Maduro, nel tentativo di presentarlo come il capo di un’organizzazione criminale impegnata a “inondare” gli Stati Uniti di stupefacenti – un’accusa respinta da Caracas. “In Venezuela c’è un narco-Stato gestito da un cartello”, ha dichiarato la scorsa settimana il segretario di Stato, Marco Rubio, figura chiave nella strategia di pressione di Washington.