La rubrica Sottosopra
Maria Corina Machado, il turpe Nobel per la Pace ai guerrafondai: “Perché l’ha dedicato a Trump e non ai venezuelani?”
Il caso di Machado, politica reazionaria e golpista al servizio delle mire di Trump sul Venezeula
Esteri - di Mario Capanna
Il tutto è falso / il falso è tutto.
(G. Gaber)
Il premio Nobel per la pace, assegnato alla venezuelana Maria Corina Machado, è un’aberrazione funzionale: serve a dare la fallace sensazione che persone reazionarie, con mentalità fascista e guerrafondaia, siano in prima fila nel coltivare la distensione fra i popoli e la democrazia. Una plastica rappresentazione dell’attuale mondo rovesciato, dove l’arbitrio dei più forti vuole ergersi a legge dominante.
La Machado – molto ricca, essendo figlia del magnate dell’industria elettrica e dell’acciaio – è da tempo impegnata nel combattere l’assetto sociale e politico del Venezuela. Ha scarso consenso all’interno del Paese, ma ne ha molto presso le cancellerie degli Stati Uniti e dell’Europa. Non a caso comincia ad acquisire notorietà partecipando, nel 2002, al fallito colpo di stato volto a destituire il presidente Hugo Chavez.
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Da allora si è sempre più radicalizzata, grazie anche al sostegno prima di George W. Bush e poi di Donald Trump. Ha stretti legami, oltre che con lui, con l’ex presidente golpista brasiliano Bolsonaro, con l’argentino Milei, con il movimento spagnolo di destra Vox e con Netanyahu. Pieno il suo sostegno alle nefandezze israeliane, in particolare lo sterminio a Gaza, compresa la richiesta di trasferire l’ambasciata venezuelana da Tel Aviv a Gerusalemme. Inoltre ha firmato nel 2020, con il suo partito, un accordo di associazione con il Likud. Un curriculum, dunque, assolutamente… specchiato. Per questo insieme di ragioni Luciano Neri, presidente del Cenri (Centro di ricerche internazionali) e acuto analista geopolitico, sostiene che “il premio Nobel per la pace ad una esponente dell’estrema destra fascistoide come Maria Machado più che ridicolo è vergognoso, ed è la pietra tombale sulla residua credibilità del comitato di assegnazione del premio, composto da personaggi della destra norvegese nominati dal parlamento (di destra) di Oslo”.
È illuminante vedere le caratteristiche dei componenti il comitato. Ne fanno parte: Anne Enger, esponente del sedicente Partito di centro (in realtà di destra), leader della campagna contro l’aborto; Asle Toje, fautore della piena unificazione fra Ue e Nato, collaboratore di “Minerva”, una delle più antiche riviste norvegesi, che sostenne Hitler; Kristin Clemet, del Conservative Party, ex primo ministro; Gry Larsen, funzionaria del partito laburista (che in Norvegia è una forza conservatrice atlantista) e stretta collaboratrice di Jean Stoltenberg, ex primo ministro ed ex segretario generale della Nato. Si tratta, con tutta evidenza, di una camarilla vera e propria: coerente il fatto che assegni il premio Nobel (per la pace!) a una donna reazionaria, che è poco più di nessuno, ma che ha il ragguardevole “merito” di rendersi utile idiota di Trump e dei governi europei, per tentare di affossare la democrazia venezuelana, sbarazzandosi del presidente Nicolas Maduro, che ha un consenso popolare effettivo e sta consolidando l’autonomia e il progresso del proprio Paese, con luci e ombre, fra difficoltà derivanti anche dalle sanzioni americane.
La posta in gioco è molto alta: la consorteria trans atlantica sta alacremente lavorando per sbarrare il passo al Venezuela, cercando di annientare il contagio positivo che potrebbe estendersi all’America latina. Per gli Usa, che la considerano il “cortile di casa”, la guerra si profila, al solito, come il rimedio ritenuto risolutivo. Trump ha già bombardato, in acque internazionali, alcune navi venezuelane, assassinando decine di persone, con la scusa, mai provata, che trasportassero droga. Si sta ripetendo lo schema dell’aggressione all’Iraq, motivata con le inesistenti armi di distruzione di massa. I progetti di attacco bellico sono in accelerazione: è recentissima la notizia che Trump ha autorizzato la Cia “a condurre operazioni segrete” in Venezuela, e questa è una costante delle amministrazioni statunitensi nell’America latina (Cile, Argentina, Panama ecc.).
Indefesso, come si vede, il lavoro della cricca guerrafondaia, che utilizza per i propri fini persino il premio Nobel (per la pace!). Altamente significativa, al riguardo, la lettera aperta che, l’altro giorno, l’argentino Adolfo Perez Esquivel, premio Nobel per la pace, ha indirizzato alla “collega” Machado. Si dice “sorpreso” per il conferimento del premio, che lei ha dedicato “non al proprio popolo, ma a Trump”, e le chiede: “Perché hai invitato gli Stati Uniti a invadere il Venezuela?”. Dimenticavo un particolare… ovviamente secondario…: il Venezuela possiede le maggiori riserve di petrolio al mondo… Così continuerà ad andare la politika, fino a quando le persone e i popoli non reagiranno.