L'oppositrice di Maduro
Maria Corina Machado, il Premio Nobel per la Pace è la speranza per il Venezuela di uscire dalla repressione
Maria Corina Machado è un simbolo di speranza per una nazione che ancora sogna di ritornare in democrazia, dopo venticinque anni di repressione, abusi e corruzione.
Esteri - di René Buonocore
La leader indiscussa delle forze democratiche oppositrici al violento regime castrochavista del Venezuela è Maria Corina Machado. Da quando ha ricevuto il meritato riconoscimento del Premio Nobel per la Pace 2025 a Oslo, l’Europa e parte dell’occidente faticano a comprenderlo e ad accettarlo rivolgendole accuse spesso infondate. Certo non si può negare che Machado è finora l’unica leader dell’opposizione che è rimasta sempre in Venezuela. Non sono più in Venezuela, infatti, Capriles e Guaido, finanche Edmundo Gonzáles Urrutia, riconosciuto vincitore delle elezioni del 2024 dalla comunità internazionale ma esiliato in Spagna. Il successo di quest’ultimo su Maduro fu raggiunto grazie alla campagna instancabile e tenace di Maria Corina Machado, fatta in prima persona dalla donna girando la nazione protetta dal popolo, grazie al suo impegno civile e al coraggio del suo elettorato. Ci vorrebbero pagine per descrivere le minacce e gli attacchi subiti: mezzi bruciati, benzina rubata, persone coinvolte nella campagna di Machado e Urrutia detenute arbitrariamente e messe sotto assedio dalle milizie bolivariane o da bande d’incappucciati. Machado grazie alla sua gente ha potuto raccogliere prove dei brogli commessi nei seggi elettorali e le fotografie dei conteggi d’ogni seggio, dati che ha reso noti alla comunità internazionale. In Venezuela non sono le prime elezioni fraudolente: infatti più il regime ha perso consensi più ad ogni elezione si è fatto in modo che il voto non contasse realmente. Da anni sono bloccate le votazioni dei venezuelani che risiedono all’estero, sistema utilizzato da Chávez e poi ripetuto da Maduro. Inoltre l’attuale dittatore ha avuto molti meno consensi del predecessore non avendo mai avuto il carisma di Chàvez né alcuna preparazione non solo culturale ma più adatta per il ruolo che svolge da troppi anni e con pessimi risultati.
La corruzione e il nepotismo del regime CastroChavista e Madurista
Da quando Chàvez ha preso il potere, il popolo venezuelano è stato manipolato con la propaganda orchestrata da Cuba assieme alla cupola di comando a Miraflores. La popolazione ha capito quasi subito il deterioramento delle condizioni generali di vita, cominciata con la mattanza e la scomparsa di studenti durante le proteste, e ciò capitava ben prima dell’arrivo delle sanzioni americane. Allo stesso tempo la corruzione e il nepotismo del regime, con la crescente impunità e il passare degli anni ha solo peggiorato la situazione. Questo spiega l’impressionante diaspora venezuelana, che coinvolge milioni di persone in pochi anni: cittadini usciti dalla nazione in massa, perfino marciando a piedi in numerosi gruppi verso le frontiere, sia verso nazioni in tutto il continente americano che per altre mete come Spagna, Portogallo e Italia. Un fenomeno che capitava ben prima dell’arrivo delle sanzioni americane. Fino ad ora i venezuelani che sono usciti dal Paese, sono quasi otto milioni, un terzo della popolazione in fuga dal regime. Si stima che nel corso del 2018, in media 5mila persone siano fuggite dal Venezuela ogni giorno in cerca di protezione o di una vita migliore. C’è una lista interminabile di abusi da parte del regime del golpista Hugo Chávez e dal suo successore Maduro: scelto dal dittatore e imposto al popolo. Prima Chávez e poi Maduro non hanno mai preso in considerazione la democrazia incolpando le “forze esterne alla nazione” dei loro evidenti fallimenti e per l’imbarbarimento delle condizioni di vita di tutta la nazione. Soltanto i “prossimi al regime”, infatti, hanno avuto trattamenti privilegiati, sia per la sicurezza personale quanto per l’acceso alle valute estere, dollaro in primis giacché l’economia si basa sul “mercato nero del dollaro” da venticinque anni. In questi anni, inoltre, è stato distrutto totalmente l’apparato produttivo, tanto nell’ambito privato come in quello statale, comprendendo anche PDVSA la compagnia nazionale petrolifera.
Chi è Maria Corina Machado
Machado ha iniziato la sua carriera politica nel 2002 con la fondazione del movimento “Sumate” cioè “Aggiungiti”. Un movimento che promuoveva la trasparenza elettorale in Venezuela. Nel gennaio 2011 è stata eletta deputata all’assemblea nazionale del Venezuela per la regione di Miranda, ed è risultata la candidata che ha ottenuto più voti nella storia dell’assemblea venezuelana. Nel 2014 le è stata tolta la carica per aver denunciato le ripetute violazioni dei diritti umani presso le organizzazioni internazionali, ed è stata inserita nella lista delle 100 donne più influenti dalla BBC per il suo attivismo pacifico e democratico. Questa è la vera motivazione per cui il regime, temendola, l’ha inabilitata politicamente dalle elezioni. Ma il candidato di riferimento di Machado ha vinto le elezioni impartendo a Maduro una sconfitta come mai accaduto prima. Il regime ha negato la sconfitta, ma non ha mostrato i dati reali. La storia si ripete da venticinque anni di totalitarismo e qualifica il regime venezuelano come una delle peggiori dittatura mai arrivata in latinoamerica.
Machado, inoltre, è una donna che si batte in una nazione fortemente patriarcale. A differenza di Trump non ha fatto alcuna campagna autopromozionale per ottenere il premio Nobel. Quello che ha fatto sono oltre due decenni di lotta per la libertà di espressione, per la democrazia e per la fine della dittatura, subendo sistematicamente le reazioni del regime che ha attaccato lei e suoi collaboratori. Persecuzioni orchestrate dai vertici “chavisti e maduristi con forze dell’ordine e paramilitari”. Maria Corina Machado è un simbolo di speranza per una nazione che ancora sogna di ritornare in democrazia, dopo venticinque anni di repressione, abusi e corruzione. Per concludere sembrano giuste le parole di Albert Camus: “La speranza, al contrario di quel che si crede, equivale alla rassegnazione. E vivere non è rassegnarsi”.