A 50 anni dalla morte
Quell’ultima sera con Pasolini, Mirella Acconciamessa racconta: “Parlò a lungo con un ragazzo”
Mirella Acconciamessa: “Il giorno prima di quel tragico 2 novembre, Pierpaolo ci raggiunse alla trattoria Pommidoro, dove parlammo un po’ di cani e gatti in allegria. Prima di entrare parlò a lungo con un ragazzo. Alla fine della cena pagò con un assegno come sua abitudine. Ma quella sera fece si fece restituire 11mila lire di resto in contanti”
Interviste - di Graziella Balestrieri
Sono passati 50 anni da quella sera del 2 Novembre del 1975, in cui Pierpaolo Pasolini ha smesso di vivere. Una morte ancora oggi avvolta nel mistero. La sera del primo novembre, qualche ora prima di andare incontro al destino, lo scrittore aveva raggiunto gli amici da Pommidoro, una trattoria nel quartiere San Lorenzo, frequentata da intellettuali, professori, e da giornalisti come Aggeo Savioli e Mirella Acconciamessa, che sono stati gli ultimi a vedere Pierpaolo Pasolini ancora fisicamente in vita. E proprio Mirella Acconciamessa, a lungo redattrice dell’Unità, ci racconta di quella sera.
Mirella, lei e suo marito, Aggeo Savioli (critico cinematografico dell’Unità) siete stati tra ultimi a vedere Pierpaolo Pasolini la sera del primo novembre. Che cosa ricorda?
Anni fa, quando hanno riaperto l’indagine su Pasolini, l’ufficio politico della polizia mi interrogò per molte ore, e raccontai tutto quello che si poteva raccontare. Dopo mi dissero: “Signora, questa rimane una cosa confidenziale”. Passati un po’ di anni, visto che avevano chiuso l’inchiesta, chiamai chi mi aveva interrogato allora, che ormai era andato in pensione, e mi disse che potevo dire tranquillamente tutto, anche in altri luoghi o situazioni, diciamo. Potevo raccontare di quella serata, che per me è il ricordo di una serata tra amici nella trattoria che frequentavamo spessissimo tutti.
Stiamo parlando della trattoria Pommidoro, giusto?
Sì, certo. Pommidoro era la trattoria di Aldo Bravi e di sua moglie Anna, si trovava a San Lorenzo, nella piazza dove c’è il cinema. Eravamo molto amici di Anna e Aldo, tanto che io ero andata anche alla prima comunione della figlia. Diciamo che Aldo aveva un buon rapporto con tutti quelli dell’Unità, perché andavano tutti lì, erano dell’università, tutti amici, era un posto amico. Ci andavamo tanti, dai giornalisti ai professori dell’università, fino a Pasolini
Pierpaolo andava spesso lì?
Sì, ci andava spesso. Quella sera del primo novembre, e io ed Aggeo, mio marito, dovevamo andare a vedere una proiezione privata al cinema. Era un sabato se non ricordo male, e pioveva. Decidemmo di andare prima a cena da Pommidoro. Io ed Anna aspettavamo sulla porta che Aldo tornasse dalla caccia e nel frattempo ci perdevamo in chiacchiere, aspettando che rientrasse. Ad un certo punto invece vidi arrivare Pasolini. Si fermò fuori, a dieci o venti metri dall’entrata, e si mise a parlare con un ragazzo. Era l’unico particolare che ricordavo, che poteva avere qualche rilievo. Ma poi questo dettaglio non è servito a nulla. Pierpaolo parlò a lungo con quel ragazzo. E poi entrò anche se il ristorante era chiuso al pubblico: per gli amici Aldo e Anna facevano spesso queste eccezioni. Quando Pasolini entrò, da lontano mi accorsi che c’era a un tavolo in fondo anche Ninetto Davoli, intento a parlare con sua moglie e suo figlio. Pierpaolo venne a salutarci e fu una conversazione totalmente informale. Parlammo un po’ di Aldo, che era andato a caccia, e poi tirammo fuori la nostra solita conversazione scherzosa sui nostri gusti riguardo agli animali: io amavo i gatti, lui invece i cani. Erano conversazioni da sabato sera, tra amici, informali, fatte in tranquillità. Con mio marito Aggeo Pierpaolo aveva invece un rapporto più rispettoso, nel senso che occupandosi di cinema con mio marito magari l’argomento film ci scappava anche in quelle serate.
Pasolini era tranquillo, quindi. Notò se in qualche momento della serata fosse preoccupato?
No, Pierpaolo era tranquillissimo! Dopo aver fatto due chiacchiere con noi, arrivò Aldo dalla caccia e dopo qualche saluto, Pasolini andò a sedersi al tavolo di Ninetto Davoli e poi pagò la cena a lui e alla sua famiglia, come sempre era solito fare. Anna poi mi raccontò che Pierpaolo pagava sempre in contanti. Ma quella sera, come mi disse Anna, pagò invece con un assegno. Se non sbaglio, si trattava di un assegno di 22mila lire, ma si fece dare 11 mila lire di resto in contanti da Anna stessa. Molto probabilmente gli servivano i contanti. Poi ad ogni modo se andò e la storia sappiamo come è andata. Andò al Biondo Tevere, con quel ragazzo, fece mangiare solo lui, visto che Pierpaolo aveva già cenato… e poi…
L’ultimo incontro insomma…
Pensa che tutti mi chiamarono chiedendomi come mai quella sera non lo avessimo intervistato, né io né mio marito. Ma in tanti non hanno ancora capito che quando stavamo da Pommidoro eravamo semplicemente amici o conoscenti che si incontravano per andare a cena. Il lavoro non entrava lì, eravamo, allora, molto rispettosi degli spazi, per questo gli ambienti erano sempre così vivi e pieni di artisti, intellettuali, giornalisti. Eravamo in una trattoria a mangiare e a chiacchierare, tutto qui. Pommidoro era un posto piacevole, pulito, ben illuminato, un posto dove sentirsi sempre a proprio agio. Pensa che Anna mi insegnò come si fa la misura degli spaghetti per avere le porzioni esatte, con l’indice e il pollice. Insomma, parliamo di un ambiente sereno, familiare.
Eravate amici, hai detto. Da quanto tempo conosceva Pasolini?
Da una vita, anche se non l’ho incontrato poi così tante volte. La prima volta che incontrai Pasolini fu a Capodanno a casa Maselli, ti parlo quasi della preistoria ormai. Mi ricordo che fu una giornata bellissima, c’erano tutti, c’era mezza Roma, una giornata piena di scherzi e risate senza grandi pretese. In seguito incontrai Pierpaolo per lavoro, quando mi occupavo un po’ di cinema. Facevo interviste, andavo sul set, e andai due volte anche a vedere Pierpaolo girare.
Conoscevi Ninetto Davoli?
No, lo conoscevo così come lo conoscevano tutti, Ninetto lo conoscevano tutti e non lo conosceva nessuno.
Come avete appreso la notizia della morte di Pasolini?
In quei giorni lì c’era mia madre ricoverata in clinica. In quel 2 novembre del 1975 andai a prenderla per portarla a pranzo fuori. Poi, una volta rientrata a casa, ricevetti la telefonata di Aggeo, che mi disse di raggiungere rapidamente la redazione perché avevano ammazzato Pierpaolo.
Dopo 50 anni è giusto cercare ancora la verità o sarebbe meglio lasciare andare e pensare a quello che Pasolini ci ha dato da vivo e non alla sua morte?
Sono già passati 50 anni. Lascia stare, perché insistere?