In manovra neanche un euro peer l'emergenza abitativa
Sfratti e manganelli, così la destra calpesta i poveri: ma in Italia ci sono sette milioni di case vuote
Il governo non fa una ricognizione degli immobili vuoti, perché non vuol disturbare chi li affitta in nero. Più comodo prendere a calci gli indifesi, no?
Politica - di Marco Grimaldi
Bologna, un giovedì mattina: la polizia entra con la forza in due appartamenti, sfondando persino un muro. Dentro ci sono bambini, una ragazza con vulnerabilità, famiglie che hanno sempre pagato l’affitto. Ma niente da fare, bisogna eseguire lo sfratto. Nessun assistente sociale è stato contattato dalla Prefettura, nessuna alternativa abitativa richiesta al Comune. Solo scudi, caschi e manganelli, per liberare gli appartamenti destinati a diventare un B&B di lusso. Insomma, famiglie cacciate per fare spazio alla rendita turistica. E il paradosso è che, nel caso di Bologna, abbiamo un’amministrazione locale impegnata per garantire il diritto alla casa, mentre lo Stato arriva in tenuta antisommossa per tutelare la rendita.
Roma, due giorni dopo, un sabato pomeriggio: attivisti e abitanti di Quarticciolo, periferia est della capitale, occupano la sede del Municipio V dopo lo sfratto di due famiglie. Chiedono un incontro con l’assessore alle Periferie, chiedono l’interruzione delle esecuzioni degli sfratti finché un tavolo comune non abbia elaborato una soluzione alternativa per le famiglie. Perché certo, sono i prefetti a emettere gli ordini di sfratto, ma in quartieri come Quarticciolo, in tante grandi città italiane, le agenzie regionali di edilizia residenziale non assegnano gli stabili vuoti, perché non effettuano i lavori di manutenzione per renderli agibili.
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Ogni giorno in Italia si eseguono circa 100 sfratti con la forza pubblica, indipendentemente dalla presenza di minori, anziani o persone con vulnerabilità. È un dato che racconta una realtà drammatica e sistemica. I dati del Ministero dell’Interno ci dicono che nel 2024 sono state emesse oltre 40.000 sentenze di sfratto, in aumento rispetto all’anno precedente. Più di 30.000 per morosità, più di 21.000 eseguite. Le richieste di esecuzione sono cresciute del 10%. Non solo a Roma, ma per esempio in Lombardia, e a Milano in particolare, la situazione è fuori controllo: migliaia di sfratti eseguiti con la forza pubblica. Nel frattempo, il mercato delle locazioni è diventato una giungla. I canoni continuano a salire, l’offerta si restringe, e chi vive in affitto – il 25% delle famiglie italiane – è sempre più schiacciato. A Roma, Firenze, Bologna, l’affitto supera il 40% del reddito. A luglio 2025, il prezzo medio ha toccato i 14,9 euro al metro quadro. Prendere casa in affitto è diventato un lusso. E chi non ce la fa, precipita.
Non è solo questione di numeri. È questione di dignità. Di sicurezza. Di salute mentale. Di bambini che cambiano scuola ogni sei mesi, di anziani che non riescono a pagare le bollette, di famiglie che vivono nel terrore di una lettera in buca. In Italia 100.000 persone vivono senza dimora. Ecco perché, con una proposta di legge contestatissima – stiamo chiedendo innanzitutto 500.000 nuove case popolari, senza consumo di suolo. Perché abitare non può essere un lusso. La destra si scaglia da settimane contro quella proposta – caso unico e raro, trattandosi di un testo depositato da un partito di opposizione –, ma non siamo così ingenui da credere che sia solo per puntiglio ideologico. La destra dà battaglia alla nostra proposta di legge innanzitutto perché difende la rendita immobiliare. E ha paura di una ricognizione degli immobili sfitti, che farebbe emergere tante situazioni irregolari o estreme: abbiamo più di 7 milioni di case sfitte, di cui probabilmente 3 milioni risultano tali perché sono affittate in nero; sono i sottotetti e i sottoscala che Salvini ha condonato con l’unica – ignobile – legge sulla casa fatta in questa legislatura. Ma dà battaglia anche perché non vuole che si dica che ci sono 100.000 case popolari non utilizzate, soprattutto nelle regioni che governa da decenni: 20mila solo in Lombardia. Edilizia non ristrutturata e non assegnata a chi ne avrebbe diritto.
La realtà è che il Governo ha promesso un Piano casa che semplicemente non c’è, mentre, di fronte a un contesto immobiliare in cui l’unico attore rimasto è il mercato, noi affermiamo che esiste un interesse pubblico. Vogliamo difendere il diritto all’abitare – che andrebbe più solidamente sancito dalla nostra Costituzione – e a vivere le nostre città. Un diritto fondamentale oscurato da decenni di deregolamentazione del mercato immobiliare. Se la casa è un diritto, la società va organizzata in modo da garantirlo. Lasciare questo compito in mano al mercato significa abbandonare tutti coloro che hanno scarsa disponibilità economica. Perciò, la prima cosa che lo Stato e le istituzioni locali devono fare è de-mercificare gran parte del comparto abitativo.
Recuperare il loro ruolo regolativo e di intervento diretto, per restituire sostenibilità e accessibilità al mercato degli affitti. Attuare un grande piano di edilizia residenziale pubblica, agevolare affitti calmierati e canoni concordati, intervenire sugli affitti brevi, come avviene in tutta Europa. Censire, recuperare e destinare immobili alla locazione permanente, assistere chi subisce sfratto e appartiene a categorie fragili, promuovere autocostruzione, autorecupero e rigenerazione urbana. Di questo parla la nostra proposta di legge. Vorremmo una discussione vera in Parlamento, capace di misurarsi col merito di ciò che chiediamo. Sarà utopia?