La legge di bilancio 2026

Fratelli coltelli d’Italia: Salvini e Tajani litigano, Meloni e Giorgetti tagliano peggio di Monti

I cordoni della borsa strettissimi le servono perché la legge di bilancio dell’anno prossimo sarà l’ultima prima delle elezioni e lì sarà “no austerità”

Politica - di David Romoli

24 Ottobre 2025 alle 09:00

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Foto Mauro Scrobogna / LaPresse
Foto Mauro Scrobogna / LaPresse

Prima il braccio di ferro sulla norma che porta dal 21 al 21% la tassa sugli “affitti brevi”, i B&B, al momento la sola industria italiana, non precisamente produttiva, che tiri. Fi e Lega, stavolta alleate, fanno l’inferno, Giorgetti si arrende, la tassa, con tutta la sua conclamata ingiustizia, resta quella che era, cioè risibile. Passano le ore e tra gli azzurri e i leghisti i sorrisi si mutano in smorfie rabbiose. La fregatura è clamorosa. La tassa resta al 21% ma solo per chi non adoperi piattaforme di sorta per allocare la casa o la camera in subaffitto. Chi passa per Airbnb o affini si becca quel 5% d’aumento e si tratta del 90% della platea. Era evidente, di conseguenza, che ieri sarebbe stato il giorno della rivolta.

Il testo ormai è bollinato, troppo tardi per rimetterci le mani. Ma resta il passaggio parlamentare e lì Lega e FdI fanno a gara a chi promette più sfracelli. Tajani usa toni quasi bolscevichi pur se al contrario: “Mi pare che ci sia in qualche grand commis delle Finanze una voglia di punire e reintegrare le tasse ma è la politica che decide. Presenteremo emendamenti, a partire dal Senato, per eliminare questa tassa e interverremo anche sui dividendi”. Cioè su quel 2% di aumento Irap che le banche dovrebbero pagare e anche questo all’Abi pare un affronto. Se Tajani il Mite ruggisce, che deve fare Salvini l’Imbestialito di professione?

Alza a sua volta la voce più che può: “La tassa sugli affitti brevi è sciocca e con getto minimo. Lede l’iniziativa privata e la proprietà privata. E’ entrata nella manovra per distrazione e il suo destino è essere cancellata in Parlamento”. A questo punto è Tajani a sentirsi in dovere di essere ancora più drastico. Infatti diventa tombale: “Voteremo contro e presenteremo un emendamento soppressivo”. Emendamento per emendamento la Lega non è seconda a nessuno ma il tono del capogruppo Romeo è meno ultimativo. Anche lui anticipa l’emendamento che “cercherà di rimettere le cose a posto”, insomma di eliminare la tassa ma individuano un correttivo invece di limitarsi a sopprimere. Non ci si può dimenticare che il ministro dell’Economia, dunque anche delle Finanze, è un leghista.

La sorte della tassa sugli affitti brevi è segnata. Non uscirà viva dal Parlamento. La molto contenuta imposta per le banche ha qualche chances in più perché su quel fronte Lega e Fi sono divisi, la prima a favore, i secondi contrari. Ma quella mediazione è già una vittoria di banche e assicurazioni anche se non il trionfo completo a cui mirano Patuelli, il presidente di Abi, e Tajani. La vicenda, data l’esiguità della posta in gioco, ha un aspetto farsesco. E’ molto utile, in compenso, per mettere a fuoco quali sono le divisioni reali all’interno del governo e di conseguenza della maggioranza. Non passano solo né soprattutto per le linee di demarcazione tra i partiti. Non si tratta solo dell’eterno duello tra forzisti e leghisti: c’è anche quello naturalmente ma la differenza fondamentale va individuata altrove. Nella maggioranza ci sono i partiti, cioè il Carroccio e Fi perché il terzo e maggiore, FdI, è massa di manovra della premier e non è previsto che abbia nulla da dire oltre l’approvazione di quel che la regina decide. Ma ci sono anche i tecnici che seguono peraltro una direttiva politica: tenere i conti in ordine è la priorità assoluta, tutto il resto viene dopo.

Arrivata al governo criticando con i toni più infiammati l’Europa e il rigore europeo, la destra di Giorgia Meloni si è rivelata la più solerte e disciplinata nell’applicare quel rigore. Per trovare un altro governo tanto austero bisogna tornare indietro di una quindicina d’anni, sino a Mario Monti. Quella di Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti, la coppia di ferro che ha scelto la strada dell’austerità è una scommessa che può pure pagare perché il verdetto delle agenzie di rating spinge il mercato, abbatte la rendita dei titoli di Stato, porta lo spread rasoterra. Conforta un calcolo economico politico che però non lascia nulla in mano alle forze politiche e alle loro richieste. Il rigore impedisce di fare quel che chiede la sinistra, ad esempio di investire sulla sanità e sul potere d’acquisto, ma anche di fare quel che farebbe la destra compatta, senza risse di sorta, se potesse, a partire dalla comune crociata sull’abbassare le tasse. E’ una lotta impari perché a decidere, alla fine, sarà sempre la premier e la linea di Giorgetti combacia perfettamente con quella di Giorgia Meloni.

C’è una ragione di più se la premier ha deciso di tenere quest’anno i cordoni della borsa strettissimi e di rientrare nel parametro del deficit al 3% con un anno di anticipo su quanto richiesto uscendo così subito dalla procedura d’infrazione. La prossima legge di bilancio, quella del 2026, sarà l’ultima prima delle elezioni e lì non si potrà, per la prima volta dalla vittoria nel 2022, essere davvero austeri. Bisognerà spendere quel tanto che assicuri consenso nelle elezioni della primavera seguente. Dunque bisogna risparmiare quanto più possibile ora.

24 Ottobre 2025

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