La Lega chiede tasse
Manovra, rissa senza fine sugli extraprofitti delle banche: Salvini versione “Robin Hood”, Meloni e Tajani frenano
Sarà un vertice di maggioranza ad alta tensione, quello di oggi. “Per ogni lamentela, chiederemo ai bancari un miliardo in più”, tuona il padano
Politica - di David Romoli
La maggioranza ci riprova. Il vertice convocato per oggi tenterà per l’ennesima volta di mettere fine alla rissa che nella maggioranza prosegue incurante di intese e accordi. Sul tavolo dei tre leader, con l’aggiunta di Lupi come quarta gamba del centrodestra, Noi moderati, e del ministro dell’Economia Giorgetti ci saranno soprattutto tre questioni ingombranti quanto più non si potrebbe: banche, affitti brevi e case. Il più ostico è quello sul quale l’accordo sarebbe in realtà già stato raggiunto, firmato e controfirmato, cioè il “contributo” di banche e assicurazioni alle casse dello Stato.
In un braccio di ferro tra i più duri Tajani, gran difensore delle banche anche perché l’azionista di riferimento, Mediolanum, non gli permetterebbe di fare altrimenti, era riuscito a limitare considerevolmente il danno. Tassa sugli exprofitti su base volontaria e non strutturale, insomma una carezza. Non era riuscito a evitare l’aumento di due punti Irap che a paragone di quel che hanno incassato le banche negli ultimi anni è poca roba ma a Abi e al suo presidente Patuelli sembra invece quasi la rivoluzione bolscevica. Protestano. Puntano i piedi. Chiedono di rivedere quello che considerano un ingiustificato balzello. “Non esiste il concetto giuridico di extraprofitti”, strilla Patuelli e Tajani è costretto a fargli da sponda con dichiarazioni molto sopra le righe come quella sulle banche “che non sono mucche da mungere”. In realtà il leader azzurro sa benissimo che tornare su quella peraltro lievissima tassa non è possibile. Non a caso il portavoce di Fi Nevi sta ben attento a bilanciare puntualmente le intemerate del capo sottolineando che l’accordo va bene così com’è. La levata di scudi azzurra, probabilmente, ha soprattutto valenza difensiva: alzare la voce contro la tassa già decisa per evitare nuovi colpi. In particolare quelli che vorrebbe infliggere Salvini.
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Il leghista non ha fondi a disposizione per allestire un Piano Casa credibile e il problema è tanto urgente, in Italia come in tutta Europa, che il Consiglio europeo lo aveva messo tra i primi punti all’odg nella riunione della settimana scorsa a Bruxelles anche se poi, tra Ucraina e Green Deal da riscrivere, è passato un bel po’ in cavalleria. Una parte di quei fondi inesistenti il vicepremier targato Carroccio li vorrebbe proprio dalle banche. “Senza soldi non si fa nulla”, sbotta. Chiede di anticipare al 2026 il contributo di 660 milioni previsti per l’emergenza abitativa nel 2027 ma bussa anche alle poste sbarrate di banche e assicurazioni: “In tre anni hanno fatto 112 miliardi di utili. È giusto che una parte venga destinata alla casa, soprattutto per i giovani. Chiederò che una parte dei fondi arrivi con gioia ed entusiasmo da un sistema che sta facendo utili notevolissimi”. Come al solito Salvini si diverte con gli accenti truculenti: “Per ogni protesta chiederemo alle banche un miliardo in più”.
Un contributo robusto, molto più di quanto stabilito nella manovra, da parte delle banche sarebbe più che giusto. Ma Tajani si mette di mezzo e in realtà anche il ministro dell’Economia tira sin dall’inizio dello scontro a evitare tensioni troppo alte con le banche. Non a caso FdI chiede al capo leghista di rivolgersi al numero due del Carroccio: “Chieda a Giorgetti cosa intende fare”. Ai tricolori l’idea di passare per difensori strenui delle banche ovviamente non va giù e dietro la querelle c’è anche un preciso posizionamento propagandistico. Dunque si fa sentire anche la premier. Lo fa con toni molto duri nei confronti delle pretese delle banche: “Vogliamo un contributo sulla rendita accumulata per condizioni di mercato che il governo ha fortemente contribuito a creare. Se su 44 miliardi di profitti nel 2025 ne mettono a disposizione circa 5 per aiutare le fasce più deboli possiamo essere soddisfatti noi e in fin dei conti anche loro”. È un altolà esplicito alla voracità delle banche, ma anche, implicito, alle nuove richieste di Salvini, che non vengono citate. E proprio contro quelle richieste alla fine fanno muro Tajani e tutta Fi: “L’accordo è quello e non si modifica più”. Ovviamente né in un senso né in quello opposto.
Sul cancellare l’aumento della tassa per gli affitti brevi in maggioranza sono tutti d’accordo, Lupi vorrebbe addirittura abbassarla sensibilmente. Ma Giorgetti ha chiarito per l’ennesima volta che i saldi non si toccano. Quei fondi dovranno essere rimpiazzati: il governo ha tenuto da parte un centinaio di milioni per le modifiche parlamentari alla manovra e in quei limiti ci si dovrà comunque tenere. Dunque inutile sperare che il Parlamento aggiunga qualcosa al pochissimo stanziato per la sanità. Il capo dello Stato prova ad ammonire: “Il diritto alla salute è definito dalla Costituzione universale. Si colloca come dovere delle istituzioni e diritto degli italiani”. Ma anche questa volta le parole di Mattarella resteranno inascoltate.