Il voto dell'Assemblea
Francia, il premier Lecornu si salva dalle due mozioni di sfiducia: soccorso socialista per il fedelissimo di Macron
Esteri - di Carmine Di Niro
Sébastien Lecornu può tirare un sospiro di sollievo. L’Assemblea nazionale francese, la camera bassa del Parlamento, ha respinto le due mozioni di sfiducia presentate contro il primo ministro, che venerdì 10 ottobre è rientrato in carica su nomina del presidente Emmanuel Macron dopo che la settimana scorsa si era clamorosamente dimesso, 27 giorni dopo la prima nomina dello stesso Macron e a sole 12 ore dalla presentazione della sua prima squadra di governo.
L’Aula ha infatti respinto le mozioni di sfiducia presentate dai due partiti radicali dell’Assemblea: da una parte l’estrema destra del Rassemblement National, il partito di Jordan Bardella e Marine Le Pen, dall’altra la sinistra radicale di La France Insoumise, di Jean-Luc Mélenchon.
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La mozione della sinistra ha ricevuto 271 voti, contro i 289 che servivano perché passasse (su queste mozioni vota solo chi è a favore, gli altri parlamentari non partecipano), quella dell’estrema destra soli 114 voti a favore: questo perché i parlamentari progressisti avevano già annunciato che non l’avrebbero sostenuta.
Lecornu si è salvato grazie al sostegno dei Socialisti, che consentiranno così al primo ministro di continuare il suo lavoro in vista dell’appuntamento chiave dei prossimi mesi, ovvero l’approvazione della legge di bilancio per il 2026.
La France Insoumise ha poi annunciato che presenterà oggi stesso una nuova mozione per la destituzione del presidente della Repubblica Emmanuel Macron.
Le concessioni di Lecornu ai Socialisti
L’appoggio al neonato governo Lecornu da parte dei Socialisti deriva propria dalle concessioni promesse dall’ex ministro della Difesa, fedelissimo di Emmanuel Macron, al gruppo di centrosinistra: il primo ministro nel suo discorso all’Assemblea generale di martedì ha annunciato la sospensione della contesta riforma delle pensioni fino alla prossima elezione presidenziale fissata nel 2027. Si trattava della condizione fondamentale per il partito guidato da Olivier Faure per non appoggiare la mozione di sfiducia della sinistra radicale: il costo della riforma, che alza a 64 anni l’età pensionabile e che era considerata un provvedimento simbolo del macronismo, dovrà però essere “compensata” da altri tagli alla spesa.
La seconda richiesta dei Socialisti era che il governo non ricorresse all’articolo 49.3 della Costituzione per approvare senza il voto del Parlamento la legge di bilancio per il 2026, passaggio su cui era caduto il predecessore di Lecornu, François Bayrou. Dal 2022 ad oggi tutti i governi nominati da Macron avevano utilizzato l’articolo 49.3 per approvare le misure più impopolari che non avrebbero trovato sponda nel Parlamento, diviso in tre blocchi.
Altra concessione riguarda l’approvazione, seppur zoppa, della tassa Zucman, la misura proposta dall’economista francese che prevede una tassazione extra del 2 per cento sui patrimoni di 1800 super-miliardari francesi. Lecornu ha parlato nel suo discorso alla Camera bassa di “regolamentare l’ottimizzazione fiscale” e creare “un contributo eccezionale per i patrimoni elevati”, senza però che “il patrimonio professionale venga coinvolto”.
La legge di bilancio
La missione di Lecornu resta difficilissima. I Socialisti hanno chiarito che l’aiuto e la “fiducia” al governo è limitata al voto odierno e che sulla legge di bilancio verranno chieste nuove concessioni per promuovere un testo più vicino alle istanze progressiste.
Il primo ministro è però stretto tra incudine e martello. Dall’altra parte infatti è pressato dai Repubblicani, i gollisti di destra alleati dei partiti centristi in orbita macroniana, che sono stati strenui difensori della riforma delle pensioni ora accantonata. Anche per questo dal partito si è chiarito che si darà battaglia “articolo su articolo, emendamento su emendamento” sulla legge di bilancio.