Il piano per la pace di Trump

Tregua grazie alla mobilitazione internazionale, ora la Palestina può tornare libera

Sul quotidiano liberal israeliano Gideon Levy osserva che la tregua è arrivata grazie alla mobilitazione internazionale. Con Bibi fuori dal tavolo, Gaza potrebbe avere finalmente un futuro autonomo

Esteri - di Umberto De Giovannangeli

14 Ottobre 2025 alle 16:30

Condividi l'articolo

AP Photo/Jehad Alshrafi
AP Photo/Jehad Alshrafi

Dobbiamo accogliere con favore l’intervento internazionale nel conflitto israelo-palestinese . A sostenerlo, con la consueta nettezza e capacità analitica, è l’icona vivente del giornalismo liberal, e libero, d’Israele, oltreché storica firma di Haaretz, conosciuto in tutto il mondo: Gideon Levy.

Annota Levy: “Ecco un’altra buona notizia: c’è la possibilità che il conflitto israelo-palestinese stia per subire una determinante internazionalizzazione. In un presente che fa presagire un futuro infausto, non potrebbe esserci notizia migliore. I palestinesi devono essere liberati dalla morsa eterna di Israele, e solo l’internazionalizzazione può raggiungere questo obiettivo. Dopo le recenti azioni di Israele a Gaza e in Cisgiordania, il destino dei palestinesi non può più essere lasciato nelle sue mani. La sorprendente notizia che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump terrà questa settimana un vertice in Egitto con i leader arabi, in assenza di Israele, per discutere del futuro di Gaza è un segnale propizio. Forse, solo forse, i palestinesi saranno finalmente liberati dal giogo israeliano che li opprime. Tutto è iniziato con l’accordo per il rilascio degli ostaggi. Le proteste determinate e impressionanti in Israele che ne chiedevano il rilascio non hanno avuto alcun effetto sul governo o sulla persona che lo guida, ma si sono rivelate decisive alla Casa Bianca”.

Spiega Levy: “Le manifestazioni, le dichiarazioni e, soprattutto, i suoi incontri con le famiglie degli ostaggi hanno miracolosamente toccato il cuore del presidente insensibile e narcisista e lo hanno spinto ad agire. Improvvisamente è diventato chiaro che la giusta campagna di lotta era quella condotta all’estero. Questa è una lezione importante per il futuro: prima di accusare tutte quelle persone che protestano, resistono, lottano ed esprimono opinioni sovversive all’estero, bisognerebbe riconoscere che l’unica arena in cui è ancora possibile ottenere un cambiamento autentico è quella internazionale. Solo da essa possono emergere segni di speranza”. Parole di verità. Che dovrebbero riempire di orgoglio i milioni di persone che in Italia, in Europa e nel mondo, hanno manifestato contro la mattanza di Gaza. E far vergognare (vero presidente Meloni?) quanti hanno irriso quelle manifestazioni di popolo.

Sottolinea Levy: “Non c’è più alcuna possibilità che gli israeliani riescano a districarsi dall’abisso morale in cui sono scivolati, che un giorno si sveglino e dicano: mettiamo fine all’apartheid, all’occupazione, al dominio malvagio di un altro popolo. Chiunque desideri combattere questi fenomeni deve concentrare i propri sforzi all’estero. Lì troverà non solo un orecchio più attento, ma anche un’opportunità di agire. Una volta che l’opinione pubblica spingerà più governi a mobilitarsi per unirsi a questa lotta, emergerà la speranza. L’affermazione secondo cui si tratterebbe di un intervento straniero negli affari interni di Israele è, ovviamente, una sciocchezza. Il destino del popolo palestinese non è una questione interna israeliana, né è affatto una questione israeliana. Il mondo non solo ha il diritto di venire in suo aiuto, ma ha il dovere di farlo, dato che i palestinesi sono indifesi contro la macchina dell’occupazione israeliana. L’internazionalizzazione introdurrà nuove forze nell’equazione tra occupante e occupato, ed è l’unica cosa che potrebbe ribaltarla. Non si tratta di semplici chiacchiere. L’accordo sugli ostaggi, nella sua descrizione confusa, include anche l’introduzione del mondo nel conflitto. Se dovesse verificarsi l’imprevisto e le successive disposizioni dell’accordo venissero attuate, il mondo sarebbe coinvolto. Anche le dichiarazioni di intenti sono incoraggianti. Il mondo entrerà nella Striscia di Gaza attraverso la fornitura di aiuti, la ricostruzione e persino le forze militari che sostituiranno le Forze di Difesa Israeliane.

Fino ad ora, dopo ogni attacco periodico dell’Idf a Gaza, l’esercito israeliano si ritirava, lasciando l’enclave al suo destino fino all’arrivo della prossima invasione, sempre più brutale della precedente. Ora, un’altra forza è destinata a entrare nel vuoto lasciato a Gaza. Inshallah. Speriamo che il successo del progetto pilota a Gaza porti forze straniere anche in Cisgiordania, per riportare la legge e l’ordine in quella terra di totale illegalità, sostituendo l’esercito straniero che ora controlla quella zona, l’Idf. Qualsiasi altro passo sarà sabotato da Israele e dai coloni. Provate a immaginare: soldati europei e americani che proteggono i pastori in Cisgiordania dalla violenza dei coloni. Soldati della forza di pace che impediscono all’Idf di rapire persone dai loro letti nel cuore della notte, come è ormai prassi comune. Soldati di tutto il mondo che smantellano centinaia di posti di blocco in Cisgiordania, contribuendo a costruire una realtà giusta”.

Prosegue Levy: “Sembra un’allucinazione? Certamente. Ma alla vigilia del rilascio degli ostaggi israeliani e dei palestinesi imprigionati e rapiti, è necessario fantasticare. La gioia per il loro rilascio sarà maggiore se sapremo che ci sarà un seguito e che la guerra più terribile finirà con qualcosa di più di un accordo sugli ostaggi. La palla è nel campo di Trump. Potremmo andare lontano sulle ali del suo grande ego. Almeno nei nostri sogni”.

14 Ottobre 2025

Condividi l'articolo