Le rivelazioni al processo bis
Cascina Spiotta, l’inchiesta degli abusi contro gli ex Br: intercettati anche gli avvocati
A 50 anni di distanza dalla sparatoria, procura di Torino e procura nazionale antiterrorismo hanno autorizzato il monitoraggio di Burani, legale di Azzolini, e spiato Steccanella...
Giustizia - di Paolo Persichetti

Per fare luce sulla sparatoria che il 5 giugno 1975 vide la morte in circostanze sospette della brigatista Margherita Cagol, e il ferimento mortale dell’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso il giorno successivo al sequestro, da parte della Brigate rosse, dell’imprenditore dello spumante Vallarino Gancia, procura di Torino e procura nazionale antiterrorismo hanno autorizzato a cinquant’anni di distanza il monitoraggio e l’intercettazione di dialoghi che riferivano il contenuto di conversazioni avute da un indagato con due avvocati.
Indagine contro i difensori
I due legali, Davide Steccanella e Vainer Burani, hanno assunto le difese nel processo che si è poi aperto nel febbraio scorso davanti la corte d’assise di Alessandria, rispettivamente di Lauro Azzolini e Renato Curcio. I due legali hanno tutelato nel corso delle indagini anche altri ex Br considerati dalla procura «persone informate dei fatti», chiamati a testimoniare nella qualità di ex imputati di procedimenti connessi: una posizione che prevede tutele particolari da parte del codice di procedura, come l’assistenza di un legale e la possibilità di avvalersi della facoltà di non rispondere. Nonostante i Ros di Torino fossero perfettamente consapevoli della funzione svolta dai due legali, non hanno esitato a pedinare, osservare e intercettare, la loro attività difensiva violando i principi di tutela della difesa previsti dalla costituzione e dallo stesso codice. Non è la prima volta che accade e non è nemmeno la prima straordinaria singolarità di questa sconcertante inchiesta, dove codice di procedura e diritti costituzionali delle persone sottoposte a indagine sono stati abusati ripetutamente.
Monitorata l’attività dell’avvocato Burani
Secondo quanto riferito dagli inquirenti nelle informative inviate alla procura, l’interesse mostrato dalla persona attenzionata sulle nuove indagini condotte dalla procura sabauda sarebbe stato indizio di colpevolezza. Rivolgersi a un avvocato, per giunta vecchio amico e residente nella propria città di origine, Reggio Emilia, come è accaduto a Lauro Azzolini quando il 6 febbraio 2023 si è recato presso lo studio di Vainer Burani, «che, si ricorda, non era il suo difensore», sottolinea l’estensore dell’informativa, sarebbe stato un fatto illecito, come se un imputato non avesse il diritto di ascoltare altri avvocati. Nell’informativa che porta la data del 28 febbraio successivo, i carabinieri censurano l’incontro ritenendolo una prova della volontà di inquinare le prove, una dimostrazione anticipata di colpevolezza. Il tutto secondo una vecchia logica inquisitoriale per cui nel corso di una indagine la pubblica accusa e le forze di polizia delegate alle indagini hanno la massima agibilità di manovra, possono qualunque cosa (persino indagare una persona già prosciolta in passato), mentre la persona attenzionata o indagata non può nulla.
Se si muove per attingere informazioni e capire cosa stiano facendo gli inquirenti, non solo dimostra anticipatamente la propria colpa ma si macchia del reato di inquinamento delle prove. E se questo accade tra ex appartenenti a un gruppo politico: sentirsi al telefono come è accaduto ad alcuni di loro (legati da affinità amicali o perché detenuti nel medesimo carcere in passato), oppure incontrarsi occasionalmente nel corso di una presentazione di un libro, dimostrerebbe la persistenza del vecchio legame associativo. «Oggi sono un’associazione di pensionati con le stesse idee», ha dichiarato l’ex magistrato Guido Salvini, divenuto nel frattempo legale delle parti civili nel processo. Nell’ottobre del 2022 era uscita una intervista all’ex colonnello Luciano Seno, uno dei responsabili del nucleo speciale dei Carabinieri diretto dal generale Dalla Chiesa, che era intervenuto nella indagini. Seno che era stato appena ascoltato dai pm aveva rivelato che le nuove indagini indirizzavano la loro attenzione nei confronti di Lauro Azzolini. Due libri e diversi articoli di stampa avevano riacceso l’attenzione sulla vicenda. La procura aveva iniziato a convocare alcuni ex appartenenti alle Br della prima ora che avevano cominciato a chiedersi cosa stesse accadendo, il perché della nuova inchiesta per un fatto prescritto (il rapimento) e una sparatoria rispetto alla quale i carabinieri e le autorità avevano sempre mostrato nei decenni precedenti disinteresse, voglia di non approfondire circostanze che potevano riaprire l’attenzione sulla morte mai chiarita di Mara Cagol.
Intercettato il contenuto della conversazione con l’avvocato Steccanella
Dopo il monitoraggio dell’avvocato Burani, il 25 maggio del 2023 i carabinieri del Ros prendono di mira anche l’avvocato Steccanella, solo perché un amico della coppia Azzolini-Sivieri (difesi da Steccanella), intercettato nel corso di una precedente conversazione, era stato convocato in procura. Il teste, la cui unica colpa era quella di essere divenuto amico in anni recenti della moglie di Azzolini, era stato chiamato per riferire su una conversazione avuta con quest’ultimo, ritenuta rilevante sul piano probatorio. Preso dal panico il testimone, totalmente ignaro di vicende giudiziarie, chiese alla sua amica Biancamelia Sivieri, anch’essa ex appartenente alle Br milanesi, di parlare con l’avvocato Steccanella per essere rassicurato. L’incontro veniva monitorato dai Ros che successivamente intercettavano la conversazione intercorsa tra Azzolini e Sivieri sul contenuto dell’incontro ricavandone l’abusivo sospetto di subornazione del teste da parte dell’avvocato.
Una velenosa insinuazione introdotta nelle carte dell’indagine che si è risolta solo nell’udienza del 20 maggio scorso, quando davanti alla pretesa della pubblica accusa di sentire in aula il carabiniere autore dell’informativa, di fronte alla rimostranze molto forti dell’avvocato Steccanella che aveva rimesso il suo incarico nelle mani della corte chiedendo di sapere se il processo contro il suo difeso Lauro Azzolini si stava trasformando nel processo contro il suo difensore, la corte ha rinunciato all’esame del carabiniere riconoscendo la piena correttezza dell’operato del legale. Una situazione analoga si è ripresentata, nel corso della nuova udienza che prevedeva la deposizione del carabiniere che ha condotto il monitoraggio dell’incontro tra Azzolini e l’avvocato Vainer Burani.
La minaccia contro Maraschi
Non avendo grandi argomenti per puntellare il proprio teorema accusatorio, in particolare contro Curcio e Moretti, l’accusa getta fango sulle difese, e come se non bastasse è venuta dai legali della parte civile, Brigida e Salvini, la richiesta di vietare a Massimo Maraschi, condannato all’epoca per il rapimento Gancia e la sparatoria nonostante fosse nelle mani dei carabinieri già da 24 ore, di mantenere la posizione tenuta nel corso del suo processo, obbligandolo a trasformarsi in un collaboratore di giustizia.