Il dl passa al Senato
Il governo ha approvato il decreto fascista e seppellito il garantismo: più carcere e repressione
60 nuovi reati, carcere per chi protesta in carcere o in strada: il decreto ungherese suscita la rivolta della sinistra: “È l’Ungheria di Orban”
Politica - di David Romoli

Il peggior provvedimento varato da questo governo è da ieri legge. Trasformato da ddl in decreto, blindato con la fiducia, imposto a rotta di collo al Senato in poco più di 24 ore il Dl sicurezza è stato approvato ieri con 109 voti contro 69 no. Manca la firma del capo dello Stato, che deve ora promulgare il decreto, e in teoria potrebbe negarla. Non lo farà. Una parte dei suoi rilevi sono stati accolti e, per quanto poco la legge gli piaccia e gli piace pochissimo, a questo punto molto difficilmente potrebbe opporsi.
Non che al Quirinale sfugga l’inaudita forzatura procedurale consistente nel trasformare una legge in decreto per imporla a viva forza. Ma si tratta appunto di una questione procedurale di pertinenza delle Camere. A intervenire sarebbero dovuti essere i presidenti delle stesse. Se ne sono ben guardati. La legge che introduce 14 nuove fattispecie di reato e una pletora di aggravanti, per un totale esorbitante di oltre 60 nuovi reati, è passata tra le proteste un tantinello più vivaci del solito dell’opposizione, in un clima di scontro frontale che è arrivato a un passo dalla scazzottata dopo la provocazione aperta del presidente della commissione Affari costituzionali Balboni, FdI che aveva accusato l’opposizione di essere “più vicina alla criminalità organizzata e alla mafia che non alla povera gente”.
Un drappello di senatori del Pd e del M5s si lancia all’attacco, i commessi li fermano prima che raggiungano Balboni, la vicepresidente Rossomando, in quel momento incaricata di presiedere, calma gli animi con un formale richiamo rivolto a Balboni. Ma anche prima dell’intemerata del tricolore il clima era più che surriscaldato. Prima di tutto per la raffica di forzature estreme alla quale ha scelto di far ricorso il governo ma anche per l’incidente notturno seguito a un altro intervento di FdI, in questo caso dell’ineffabile senatore Berrino, secondo cui “le donne che fanno figli per rubare non sono degne e se un giudice stabilisce che un bambino sia più sicuro in carcere che con i genitori forse è meglio così”. Surreale eppure vero.
La protesta delle opposizioni passa per una messa in scena palesemente allusiva. I senatori si siedono per terra, con le spalle alla presidenza. Vale la pena di ricordare che tra i gravi reati che in nome della sicurezza sono appena stati coniati c’è anche il blocco stradale, poco importa se pacifico, e se poi il micidiale attentato si verifica per protesta in carcere costa due anni di galera. La Russa, dalla presidenza non si scompone: “Va bene sedersi per terra, mica è la prima volta che succede. Basta che stiate in silenzio”. Gli accovacciati alzano le mani. Il presidente ironizza: “Ecco alzate pure le mani in segno di resa”. “Abbiamo messo in pratica una di quelle condotte che il governo vuole criminalizzare e reprimere cancellando la libertà di espressione e di dissenso”, spiegherà poi la 5S Maiorino.
I soli leader eletti a palazzo Madama sono Calenda e Renzi. Il primo si chiede “dove sia finito il garantismo della destra” e sarebbe facile che al di là della vernice in superficie non è mai esistito. Però boccia la plateale protesta scelta dal centrosinistra: “Con gli show si aiuta solo la destra”. Il leader di Iv sostiene che il dl “non affronta nessuna delle questioni che interessano davvero i cittadini”. Non dimentica il suo caso personale: “Togliere la scorta agli ex premier è indegno, ipocrita e meschino”. Il più duro e il più efficace è il capogruppo di Avs De Cristofaro: “Disubbidiremo. Non riuscirete a trasformare questo Paese nell’Ungheria. Prima di quanto pensiate non saremo più il Paese di Meloni”.
Elly interviene dall’esterno: “È solo propaganda più repressione”. Magari: è molto peggio. Giorgia esulta sui social: “Passo decisivo per la tutela dei cittadini, delle fasce più vulnerabili delle donne e degli uomini in divisa”. In realtà a preoccuparla era anche la tutela della maggioranza: la forzatura è stato un grazioso omaggio alla Lega, imbufalita per le sabbie mobili nelle quali annaspa l’autonomia differenziata. Salvini incassa: “È una bella giornata, da ministro, da genitore e da segretario della Lega”. Game over, dunque? Non necessariamente. L’ultima parola non è ancora detta. Resta la Corte costituzionale e che il decreto assurdo che manda in brodo di giuggiole Giorgia e Matteo passi quell’esame è certamente possibile. Ma altrettanto certamente non è garantito.