Il parlamentare dem
“Referendum occasione unica per rimettere il lavoro al centro della politica”, intervista a Roberto Morassut
La battaglia dei referendum che si svolgeranno il’8 e il 9 giugno sono un’occasione per discutere nel merito di temi, come i servizi sociali, come la sanità, che sono parte della lotta per i diritti sociali, collettivi e individuali
Interviste - di Umberto De Giovannangeli
Roberto Morassut, parlamentare e membro delle Direzione nazionale del Partito Democratico.
Quale lezione politica, oltreché lascito morale, trarre da Papa Francesco e dal suo pontificato?
Francesco ha cercato di invertire la rotta di un allontanamento della Chiesa dalla Storia che ancora oggi appare grave nonostante il suo esempio, i suoi strappi, le sue sollecitazioni che, a dire il vero, hanno inciso profondamente sulla immagine della Chiesa ma non ancora, mi pare, sulla dottrina, sugli aspetti teologici, che sono essenziali per offrire alla Chiesa le chiavi più opportune per reinterpretare il messaggio di Gesù nel mondo attuale.
Quale altro insegnamento lascia Bergoglio?
Papa Francesco ha cercato di reimmergere la Chiesa in una società e in un mondo secolarizzato e in quanto tale smarrito. Molti che in questi giorni hanno celebrato la figura di Papa Francesco non hanno mai ascoltato e non ascolteranno il suo messaggio che vuole parlare alla speranza degli ultimi della Terra, dei carcerati, dei migranti perché è un messaggio disperatamente rivoluzionario che sovverte le risibili speranze di chi crede che l’Occidente possa sopravvivere a sé stesso senza accettare di mescolarsi con un mondo che ormai lo sovrasta e lo infiltra, come ciclicamente è sempre accaduto nei secoli. Ma in questa apertura vi è anche la drammatica presa di coscienza che solo una responsabile accettazione dei limiti e della parzialità dell’uomo può salvare la specie dalla catastrofe (climatica, bellica o sociale) e che è quindi giunta al termine la lunga traiettoria della cultura occidentale- aristotelica che migliaia di anni fa ha separato l’uomo dalla Natura ponendolo in una posizione di dominio. Tra la fine del secolo scorso e l’inizio di questo nuovo secolo sono venute meno o si sono gravemente indebolite sia le grandi “credenze” o “utopie” terrestri, sia le forze delle religioni. La globalizzazione finanziaria ed economica incessante (prevista da Marx) ha affondato il concetto di sovranità, il valore dello Stato come luogo della forza attraverso il quale governare o sovvertire i rapporti sociali ed umani. Il capitalismo è stato sostituito dalla tecnica che ha preso il suo trono. Il Male è la dimensione del dramma o della tragedia contemporanea che ci spinge all’incertezza o ci scatena un senso di lotta che diventa guerra quando intere comunità, Stati, ideologie si accorgono del loro declino. La presenza e la conoscenza del Male ci fa sentire la solitudine e attiva un bisogno di dolcezza. Abbiamo bisogno di dolcezza, il che vuol dire tante cose: accoglienza, solidarietà, comunità, sostegno ai fragili, recuperare i dannati …. Viviamo con Satana al cospetto che non è più solo una raffigurazione sovrannaturale ma una dimensione terrestre, umana.
In politica?
Nella prospettiva storica il sovranismo ed il nazionalismo cui assistiamo oggi sono un colpo di coda di vecchi miti, un’increspatura sull’onda di un mare che va nella direzione di grandi organismi pluri-statali (autocratici o democratici) che soli possono, nell’arco delle generazioni future, recuperare parte della forza dello Stato. Per la disperazione di morte che queste culture esprimono sono pericolosissime perché la guerra è sempre la lotta di chi vuole sopravvivere nella coscienza della propria prossima fine. Sul piano religioso e specificatamente del Cristianesimo cattolico occidentale la Chiesa è sempre di più davanti ad un bivio drammatico: se riaffermare l’autorità della tradizione o “incamminarsi” come diceva Papa Francesco nel Mondo. “Dio è cammino, scoperta”. Idea che molto ricorda quella “etica del viandante” richiamata da Umberto Galimberti in vari suoi libri e nella quale il senso della vita non è l’orizzonte finale ma il viaggio terreno nel quale avvicinarsi a Dio per chi crede, o alla pienezza del vivere per chi non crede, accettando la limitatezza della propria esistenza e costruendo su di essa reti di solidarietà, alleanze umane, una nuova morale. Qualcosa che molto somiglia al periodo in cui nella crisi dell’Impero Romano nel IV secolo, ormai percepito non più come un grande promotore di civiltà, sorse l’esigenza di un nuovo significato dell’uomo, smarrito nella globalizzazione del mondo di allora, oppresso da uno Stato vorace di risorse e tributi; una condizione nella quale il Cristianesimo seppe offrire un più alto senso di comunità e una speranza per il dopo vita. Diocleziano lottò con la spada ferocemente per riaffermare l’autorità morale e politica del vecchio organismo ma una volta che si rese conto della impossibilità della sua missione, depose la spada e si ritirò a Spalato a coltivare cavoli.
Quali scelte?
Torno alla questione della tecnica e del dominio che ha assunto nella nostra vita reale. La tecnica può annullare la centralità dell’uomo dopo che, per millenni, l’uomo l’ha usata per sfruttare, usare e dominare la natura la Natura. Mentre la tecnica può essere, nelle meravigliose possibilità che oggi offre e sempre di più offrirà, lo strumento al servizio dell’uomo per risaldare il suo rapporto con la Natura e quindi con sé stesso in quanto parte della Natura. Questo è del tutto evidente per quello che riguarda la questione climatica, le scelte energetiche, le forme degli insediamenti umani, degli spostamenti, del cibo. Ma è altrettanto importante per quello che riguarda il lavoro, la creazione del plusvalore e la sua distribuzione. Marx considerava la tecnologia un elemento capace, in prospettiva, di liberare l’uomo dallo sfruttamento e dall’alienazione creata dal macchinismo e spingerlo ad una vita intellettuale e spirituale più piena. L’intelligenza artificiale offe questa opportunità a patto che essa determini una riduzione di orari di lavoro per numeri sempre maggiori di persone, un beneficio sempre più esteso dei grandi valori che essa produce dal punto di vista economico, di un controllo democratico del suo utilizzo a fini sociali e non autoritari da parte di pochi, un aumento delle opportunità di crescita e sviluppo intellettuale e culturale attraverso il tempo libero, per sempre maggiori masse di individui. Si comprende allora come siano attualissime la lotta per legare transizione sociale e transizione ecologica (se l’uomo è parte della Natura e non dominatore di essa, la giustizia sociale è anche un fatto ecologico), per ridurre l’orario di lavoro, per livelli salariali minimi adeguati, per la parità di genere nel lavoro, per introdurre misure patrimoniali che senza colpire la ricchezza né il benessere taglino le unghie alle ingiustizie insostenibili, alle rendite acquisite non per merito e che vengono tesaurizzate per garantire il futuro di poche milioni di persone e di eredi , come era nella Spagna del XVII secolo. Per rafforzare ed estendere le reti sociali, di assistenza, di solidarietà e di formazione culturale.
Un discorso che investe fortemente la sinistra.
La sinistra non ha più da decenni la rendita che derivava dalla configurazione compatta del mondo del lavoro. C’erano dei forti nuclei di appoggio, delle fondamenta nel lavoro operaio, raccolto nel processo di produzione fordista, che agivano socialmente come leva culturale e anche morale nel resto della società. Da decenni questa rendita si è andata assottigliando fino a sparire. Per rimettere al centro il lavoro bisogna mettere al centro l’uomo e alcuni diritti incomprimibili a affrontare il tema del rapporto con la tecnica e dei benefici che la sua centralità produce: per pochi o per la maggioranza delle donne e degli uomini. È in questo grande alveo che deve scorrere il fiume di una nuova idea di socialismo che non ha più un fine da raggiungere anche a costo della violenza o della costrizione ma che è un cammino che passo dopo passo innalza l’uomo e lo reintegra nel suo ambiente naturale e nel quale può rinascere anche un nuovo senso del divino laddove Dio venga inteso come cammino. Sant’Agostino per risolvere il contrasto tra il volere divino ed il libero arbitrio affermava che l’uomo sceglie secondo il suo volere ed incontra Dio, il suo disegno. Non lo subisce ma lo incontra. La pace è la condizione essenziale per questo cammino. Ma la pace non è un’aspirazione morale, una vocazione di anime belle. Deve fondarsi su una grande visione mondiale, su un progetto di governo del mondo che faccia sentire tutti in sicurezza. E l’architrave di questa possibile prospettiva è un ‘Europa più unita fondata su un modello sociale integrato e democratico. Una prospettiva che deve avere alla base anche una sua capacità difensiva senza la quale non c’è possibilità di recitare un ruolo nell’arena mondiale.
L’Europa e Trump…
Le incertezze di Trump dimostrano che c’è lo spazio per un’altra prospettiva. Papa Francesco ci ha regalato anche dopo la sua scomparsa le immagini dei potenti della Terra che dialogano dentro la Basilica di San Pietro. Immagini di grande simbolismo evocativo che possono lasciare tracce reali solo se l’Europa saprà farsi soggetto politico e se la sinistra sarà l’anima di questo progetto. Tutto questo dimostra la miseria della destra italiana che lavora contro un futuro di pace e prosperità e che tradisce ogni giorno il messaggio di speranza di Papa Francesco.
Tra i temi cruciali c’è quello del lavoro che non si riduce al le celebrazioni del 1° Maggio. La sinistra batte un colpo?
In Parlamento il Partito Democratico ha presentato proposte di legge sul salario minimo, sulla riduzione dell’orario di lavoro, sulla parità di genere che il governo ha puntualmente fermato per non affrontare nemmeno la discussione. La battaglia dei referendum che si svolgeranno il’8 e il 9 giugno sono un’occasione per rimettere al centro del confronto politico e sociale il tema del lavoro e dei servizi sociali, come la sanità, che sono parte della lotta per i diritti sociali, collettivi e individuali.