Il 25 aprile
Il fascismo è la fogna della storia, non galateo istituzionale
È in voga un galateo istituzionale di marca espressamente fascista usato per inibire qua e là ogni forma di memoria resistenziale
Politica - di Fulvio Abbate

“Gli insulti di Salvini sono una medaglia d’onore, un ulteriore titolo nobiliare per chi reputi il fascismo, come si è più volte spiegato, la fogna della storia”. Sì, rivendico dalla prima all’ultima lettera ciò che ho detto in un video apparso sul mio canale, Teledurruti, in attesa del 25 aprile, ossia che il posto dei fascisti dev’essere nient’altro che quello. Avrò pure semplificato la sostanza del discorso, non c’è però ragione di ricorrere alla complessità delle cose quando un ministro dell’attuale esecutivo, orgogliosamente ancorato dalla subcultura identitaria fascista, ha la protervia di richiedere pubblicamente “sobrietà” in occasione dell’ottantesimo anniversario della liberazione dal nazi-fascismo. Uno Stato laico non antepone la scomparsa, sia pure della più eminente figura ecclesiastica, al proprio calendario repubblicano, democratico, “civile”.
Di fronte a una simile interessata reticenza, e ancor di più in presenza di un evidente intento di parificare fascismo e antifascismo non rimane che una reazione immediata, ancor prima che per dovere politico e, ripeto, “civile” per un bisogno necessario d’eleganza di fronte all’altrui miseria morale. E al bisogno di mistificare, quasi a ritenere che il ricorso all’antifascismo sia una forma di pensiero desueto, scaduto, detto da chi edipicamente continui a rimpiangere un regime criminale nel timore, in caso contrario, di non onorare i propri padri o nonni già in camicia nera, poco importa se da semplici capofabbricato o semmai provvisti degli alamari di console della Milizia o tra i graduati delle Brigate Nere di Salò. Le strumentali citazioni messe in pagina dalla “zona grigia” sempre a supporto di un sentire fascistoide endemico, ora tratte da Sciascia ora da Pasolini, nella propria presunta attendibilità ufficiale rendono tutto ancora più piccino e miserabile. Tornando a Salvini, sarebbe perfino il caso di ricordargli le parole di Umberto Bossi a difesa dei valori resistenziali.
Con altro stile, ragionando intorno allo stesso nodo, mi viene incontro un amico e conterraneo, Marcello Sorgi, che su La Stampa, in modo pacato, eppure non meno esemplare, così commenta: “Presa com’era dalla vigilia del funerale di Papa Francesco, che riunisce a Roma un numero di capi di Stato e di governo mai visto prima, se non in queste occasioni, Meloni ha impiegato la sua giornata a costruire l’agenda degli incontri e ha dedicato all’ottantesimo anniversario della Liberazione uno stringato comunicato in cui ancora una volta, pur condannando il fascismo, si guarda bene dal riconoscere il contributo della Resistenza alla rifondazione democratica dell’Italia. Sono lontane le parole dedicate da Fini allo stesso argomento nel congresso di Fiuggi del 1995, in cui Alleanza Nazionale, il partito nato per garantire la riconversione democratica della destra italiana post-Msi, riconosceva appunto l’antifascismo come valore comune a tutte le forze democratiche. Sarebbe perfino troppo facile osservare che Meloni, ieri, avrebbe potuto prendere esempio da Mattarella e dal suo discorso di Genova, dedicato al rapporto tra la Resistenza, le Resistenze europee, la libertà e la pace. Un messaggio esemplare, laico, verrebbe da dire sobrio, se il ministro Musumeci non avesse rovinato anche quest’aggettivo. Tra l’altro il Presidente della Repubblica è riapparso in pubblico in ottima forma: a dispetto di chi aveva gufato, qualche giorno fa”.
Progressivamente, a dosi omeopatiche, nel quotidiano si sta cercando di inibire, in nome di un “galateo” istituzionale di marca espressamente fascista, ogni forma di memoria resistenziale, ciò che è accaduto ad Ascoli Piceno, dove un semplice anodino striscione commemorativo ha visto l’intervento della polizia, così come l’avere inibito la presenza delle bandiere rosse al Cimitero Acattolico di Roma davanti all’urna di Gramsci nei giorni scorsi. Ripeto, se non fosse evidente il disegno in atto, progressivamente, con puntualità omeopatica, nel quotidiano le stesse istituzioni che ci hanno fatto dono di un irricevibile decreto sicurezza, stanno insinuando nella psicologia diffusa l’idea che l’antifascismo sia un peccato civile.