Il j'accuse del vescovo
Intervista a mons. Domenico Mogavero: “Dopo Papa Francesco impossibile tornare indietro”
«Il papa del Mediterraneo, il papa che realizzò il sogno di La Pira, il Papa che iniziò a farlo a Lampedusa. In Marocco, quando fu chiaro che esiste un solo Dio. Un gran nocchiero. Israele? Sbaglia e mi dispiace»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli

Papa Bergoglio raccontato da Monsignor Domenico Mogavero, Vescovo emerito di Mazara del Vallo, già Sottosegretario della Conferenza episcopale italiana (Cei).
Monsignor Mogavero, in molti, in questi giorni si sono cimentati nel dare una definizione di Papa Francesco e del suo pontificato. Lei che lo ha conosciuto da vicino, come definirebbe Francesco e il suo papato?
Lo definirei il Papa del Mediterraneo. Perché credo che, in maniera più o meno diretta o implicita, l’anelito di Papa Francesco è stato quello di inverare il sogno di Giorgio La Pira. Del Mediterraneo La Pira aveva fatto veramente un progetto di vita per il mondo. Lui affermava che se c’è pace in questo mare c’è pace per tutto il mondo, se non c’è pace e c’è violenza nel Mediterraneo non c’è pace ma violenza in tutto il mondo. Da questo punto di vista, Papa Francesco è stato davvero profetico…
Perché profetico?
Il primo viaggio del suo pontificato, Francesco l’ha fatto a Lampedusa. E da lì, da quel luogo di sofferenza e di speranza, ha offerto un vocabolario per noi assolutamente innovativo e rivoluzionario proprio perché profetico. Ci ha parlato della globalizzazione dell’indifferenza che nel corso del tempo non solo non è finita ma si è aggravata. Ci ha parlato dell’incapacità del pianto. Oggi non piange più nessuno. Certo, ci sono lacrime di emozione perché una morte, specie di un bambino, emoziona sempre, ma finita l’emozione, molti hanno dimenticato le lezioni e gli ammonimenti di Papa Francesco. Ci ha parlato dello “scarto”. Questa parola veniva usata in ambienti e in contesti molto commerciali, di consumi. Ma di “scarti umani” ha improvvidamente parlato anche chi ha responsabilità politiche, di governo, dalle quali dipende la vita o la morte di centinaia di migliaia di esseri umani. Francesco ci ha parlato di una umanità che subisce lo scarto di chi divide le persone tra quelle gradite e quelle, la gran parte, non gradite, tra quelle che ti fanno comodo e quelle che impongono dei ripensamenti nella tua vita e nel tuo stile di vita. Francesco ha fatto due viaggi a Lesbo. E lì ha detto delle cose pesanti. Soprattutto, ha fatto capire che non parlava soltanto. Perché da Lesbo ha portato con sé in Vaticano dei migranti. Papa Francesco ci ha insegnato che il magistero prima di tutto è un magistero dei gesti.
Il “Papa dei gesti”…
Un aspetto fondamentale del suo magistero. Al di là delle parole, perché i gesti sono universali. Qualunque differenza di lingua, di fronte al gesto viene annullata.
È stato un Papa che ha cercato di unire, anche quando le sue parole sono sembrate divisive, a proposito delle guerre, dell’Ucraina, del Sud Sudan, della Striscia di Gaza. A confronto di quelle cose che non si possono ascoltare, dette anche da persone che hanno anche grandi responsabilità internazionali, le parole del Papa non sono mai state divisive perché mettevano l’uno contro l’altro, ma perché costringevano a prendere posizione.
Ai funerali, sabato, saranno presenti delegazioni da tutto il mondo, molte delle quali guidate da capi di Stato e di governo, a cominciare dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Molti di quei leader che saranno in Piazza San Pietro per dare l’ultimo saluto a Francesco, agli appelli del Papa sulla pace, il disarmo, l’accoglienza hanno fatto orecchie da mercante.
Papa Francesco ha evidenziato l’incoerenza della politica, internazionale e non solo italiana, che mentre gli rende omaggio a parole, sconfessa nelle decisioni quello che è stato il magistero del Papa. Francesco ha evidenziato a più riprese e occasioni, l’incoerenza di chi parla in un certo modo, rende omaggio a parole, ma poi nei fatti fa tutto il contrario di quello che il Papa predica. Questo riguarda anche i cristiani, parte del mondo cattolico, ahimè anche all’interno del mondo ecclesiastico, della curia. Ci sono persone che evidentemente non hanno sposato in pieno i valori del Vangelo e anche il magistero di Papa Francesco. Credo che questa morte, così improvvisa anche se prevedibile, dovrebbe scuotere le coscienze e richiamarci non ad un tributo formale ad una persona che si è spesa per il Vangelo e per l’Uomo, ma ad un omaggio esistenziale. Se riconosciamo in lui il profeta del Terzo Millennio, dovremmo far si che la sua parola non cada nel vuoto ma diventi gesto concreto, come gesti concreti sono stati quelli del suo pontificato.
Tra le definizioni si danno di Francesco, c’è anche quella di Papa riformatore. Dentro la Chiesa e soprattutto nella curia, questo suo “riformismo” ha attecchito o ha subito freni e resistenze?
Le resistenze sono inevitabili. La volontà riformatrice non è che attragga e affascini tutti. Il progetto di riforma scomoda un po’. E con Francesco un po’ tanto. Anzitutto, perché costringe a rivedere le proprie certezze e le pacifiche convinzioni. In secondo luogo, Francesco è stato un riformatore scomodo, perché ognuno all’interno della Chiesa e nella cerchia ecclesiale, si sente in grado di fare o di perorare le riforme che ritiene più adeguate. Forse da questo punto di vista, non ha giovato molto all’opera di riforma del Papa, anche perché non l’ha potuta portare avanti quando era nel pieno del vigore fisico, il fatto è che il gruppo dei cardinali abbia impiegato moltissimi anni per arrivare alla riforma della Curia romana, e questo probabilmente è stato un fattore frenante nella trasmissione e nell’accettazione di quelle che erano le visioni di una Chiesa più trasparente che Francesco ha portato avanti. Su questo mi lasci aggiungere una cosa…
Certo
Le immagini che stiamo vedendo in questi giorni, relative ai funerali, relative agli onori che il Papa sta ottenendo per la conclusione della sua vita terrena, sono anch’esse la dimostrazione di una volontà di arrivare all’essenziale. Quello che conta non sono le tre bare, un catafalco enorme che sto vedendo in televisione mentre stiamo parlando. Quel che conta davvero è la semplicità di ciò che fa risaltare effettivamente lo spessore di una persona, il suo profilo vero, non quello che gli accessori possono mettergli addosso. Il trucco al viso, i capelli riordinati…Questo è contorno. La sostanza vera è ciò che questo Papa ci lascia: una vita trasparente, una vita che non ha fatto delle parole uno scudo. A volte è sembrato a molti che Francesco esagerasse nelle cose che diceva, che quasi quasi si lasciasse trasportare dal proprio impeto. Sapendo che era un gesuita di vecchia formazione, non penso che gli sia mai uscita di bocca qualche parola così per caso. Aveva sempre l’intendimento di arrivare a dare un messaggio, a volte pungente, a volte provocatorio, perché quelle “acque morte” con cui impattava non restassero tali ma diventassero acque vivaci e trasparenti.
I funerali di Papa Francesco si svolgeranno sabato. Il giorno dopo era previsto da tempo il Giubileo dei giovani.
Io penso che la figura e l’insegnamento di Papa Francesco aleggeranno anche sul Giubileo dei giovani. I quali avranno modo di potere rendere omaggio a lui non fisicamente presente ma per quello che ha rappresentato per il mondo giovanile. Questi giovani disporranno dell’eredità di una figura che resterà carismatica proprio perché figura “assente”, ma sarà assente col corpo ma non con gli ideali, con quella forza trascinante che ha impresso al mondo giovanile, cattolico e no. Io sono stato in Marocco durante la visita del Papa. Ho visto che cosa ha significato. Noi siamo abituati al Papa in un Paese cattolico, cristiano, ma non siamo abituati a vederlo in un Paese dove i cristiani sono una minoranza sparuta. Lì si è visto cosa significa il carisma di un vescovo cattolico, di un Papa, in un Paese che ha fatto una bellissima eco alle sue parole e soprattutto ha meso in condizione quel Paese, il Marocco, di dimostrare che la fede nell’ unico Dio è un elemento che unisce e non può mai essere qualcosa che ci mette gli uni contro gli altri. Ed è per questa ragione che sono parecchio rattristato e non comprendo dal punto di vista politico, l’atteggiamento del Governo israeliano che ha costretto le Ambasciate a cancellare i messaggi di cordoglio registrati sui siti. Mi sembra un gesto incredibile, una risposta umana e politica fuori posto, sbagliata alle parole del Papa. Francesco aveva parlato di genocidio, quantomeno da indagare. Prima di lui e dopo di lui in tanti hanno parlato di genocidio di Gaza. Nascondersi dietro un dito, con un silenzio diplomaticamente incredibile, imbarazzato e imbarazzante, non mi pare che sia un gesto distensivo del Governo israeliano nei confronti della problematica di Gaza e del dialogo con la Chiesa cattolica.
Tutti adesso si stanno esercitando nel “toto successore”. Non le chiedo di partecipare a questo rito. Le chiedo: l’insegnamento di Francesco segnerà anche il suo successore, chiunque verrà scelto?
Direi proprio di sì. Per tanti aspetti della vita della Chiesa, il magistero di Papa Francesco ha segnato un punto di non ritorno. Non si potrà tornare indietro. Non si potrà chiudere un volume e dire adesso riscriviamo tutto da capo. Non è possibile. Anche perché nella Chiesa, nonostante tutto, non ci sono mai stati momenti di rottura, di transizione in senso negativo, cioè tiriamo il freno e ripartiamo verso un’altra direzione, magari opposta. Il magistero di Francesco sicuramente verrà raccolto, anche se nessuno può pesare che il suo successore copi quello che ha fatto Francesco. Francesco è irripetibile come ogni Papa. Il nuovo Pontefice saprà come sistemare le cose e interpretare il progetto di Dio sul mondo e sulla Chiesa, conducendo quest’ultima nel mare tempestoso del nostro tempo. Francesco l’ha fatto. È stato un “grande nocchiero”.