Le deportazioni di Trump
Papa Francesco e gli USA di Trump: “Si concentri sulla Chiesa cattolica, lasci a noi migranti e frontiere”
Al ritorno di Trump alla presidenza, insieme alle preghiere Francesco ha mandato un messaggio: “Sarà una disgrazia la deportazione degli immigrati”
Cronaca - di Angela Nocioni

L’ultimo personaggio politico che il Papa ha incontrato prima di morire è stato James David Vance, ossia il prossimo presidente degli Stati uniti nel caso non improbabile in cui Donald Trump sia cacciato dalla Casa Bianca per impeachment. Esplicito contrasto ha manifestato papa Francesco a Donald Trump fin da subito. Già nel 2017 la disapprovazione del pontefice alla politica del primo governo Trump era chiarissima. Dopo la rielezione, all’inizio del nuovo mandato alla presidenza degli Stati Uniti, insieme alle invocazioni di preghiera il papa ha mandato a Trump anche un messaggio: “Sarà una disgrazia la deportazione degli immigrati”.
Ha scritto Bergoglio: “Ispirato agli ideali della nazione, terra di opportunità e accoglienza per tutti, spero che il popolo americano prosperi e si sforzi sempre per costruire una società più giusta, in cui non ci sia spazio per l’odio, la discriminazione o l’esclusione. Allo stesso tempo, mentre la nostra famiglia umana affronta numerose sfide, senza contare il flagello della guerra, chiedo a Dio di guidare i suoi sforzi nella promozione della pace e della riconciliazione tra i popoli. Con questi sentimenti, invoco su di te, sulla tua famiglia e sull’amato popolo americano l’abbondanza delle benedizioni divine”. Appena Trump ha annunciato le prime deportazioni e i tagli all’Usaid, il papa ha mandato una lettera a 280 vescovi degli Stati Uniti. Li ha esortati, inascoltato, a difendere i migranti. Ha scritto: “Gesù era un migrante che ha dovuto andare in esilio insieme alla sua famiglia in Egitto”. Ha ripetuto che uno straniero considerato illegalmente presente in un territorio non è un criminale.
“Ho seguito con attenzione l’importante crisi che si sta verificando negli Stati Uniti in occasione dell’inizio di un programma di deportazioni di massa. La coscienza rettamente formata non può smettere di esprimere un giudizio critico ed esprimere il suo disaccordo con qualsiasi misura che identifichi, in modo tacito o esplicito, la condizione illegale di alcuni migranti con la criminalità. Il diritto di un Paese a difendersi e a proteggere le sue comunità deve essere riconosciuto da coloro che hanno commesso crimini violenti o gravi mentre si trovano nel paese o prima di arrivare. Detto questo, l’atto di deportare persone che in molti casi hanno lasciato la propria terra per motivi di estrema povertà, insicurezza, sfruttamento, persecuzione o per il grave deterioramento dell’ambiente, ferisce la dignità di molti uomini e donne, di intere famiglie, e li pone in uno stato di particolare vulnerabilità e impotenza”.
Al Papa la Casa Bianca ha risposto attraverso Tom Homan, il funzionario incaricato da Trump per la guerra ai migranti: “Voglio che si concentri sulla Chiesa cattolica e ci lasci la sorveglianza delle frontiere” ha detto Homan. Sui tagli voluti da Trump ai fondi dell’Usaid, l’Agenzia statunitense per gli aiuti allo sviluppo internazionale ha parlato il cardinale ceco-canadese Michael Czerny, gesuita, a capo del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale: “Se il programma degli Stati Uniti pensa che i programmi siano stati distorti dall’ideologia, allora dovrebbe riformarli. Chiuderli non è il modo migliore per riformarli”. Trump ha nominato un ultraconservatore come ambasciatore presso la Santa Sede: Brian Burch, il presidente di Catholic Vote.