Il ministro prende tempo
Affettività in carcere, per Nordio: “Sentenza storica ma ci vuole tempo…”
“La sentenza della Consulta è storica”, dice Nordio al question time, “ma ci vuole tempo”. Magi (+Europa): “Basta scuse, va attuata”
Giustizia - di Angela Stella

Nulla da fare per l’affettività in carcere. Lo ha ribadito il Ministro della Giustizia Carlo Nordio rispondendo ieri alla Camera ad una interrogazione di +Europa. Come è noto la sentenza 10 del 2024 della Corte costituzionale aveva riconosciuto che la possibilità per la persona detenuta di continuare a mantenere, durante l’esecuzione della pena, rapporti affettivi anche a carattere sessuale fosse “esigenza reale e fortemente avvertita” e corrispondente a diritto soggettivo da riconoscersi ad ogni detenuto, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’articolo 18 della legge sull’ordinamento penitenziario.
Tuttavia il principio per Nordio si scontra con la situazione attuale dei nostri istituti di pena e quindi niente da fare: “È una sentenza storica – ha detto il Guardasigilli – che si allinea anche con una normativa più evoluta della nostra, che è orientata a quel principio di umanizzazione della pena. Allo stesso tempo, però, è una sentenza che non prende atto di una realtà che non può essere modificata in pochissimo tempo”. E poi il solito gerundio: “ci stiamo lavorando intensamente”, però “il fatto che sia necessario coniugare questo sacrosanto diritto, sancito adesso dalla Corte costituzionale, con le esigenze di sicurezza, di compatibilità edilizia, di compatibilità con il personale, ha creato e crea dei problemi che non sono solvibili in tempi rapidissimi”.
Poi alcuni dati: “con ordine di servizio del 28 marzo del 2024 del DAP è stato costituito questo gruppo di studio multidisciplinare, con rappresentanti del Ministero della Giustizia, del Garante, della magistratura di sorveglianza. Allora, dal monitoraggio è emerso che dei 189 istituti penitenziari, solo 32 hanno confermato allo stato l’esistenza di uno spazio idoneo allo scopo, previa la preventiva attuazione di ingenti e corposi interventi strutturali. Gli altri 157 istituti hanno dichiarato di non avere a disposizione spazi adeguati”. La replica di Riccardo Magi, segretario e deputato di +Europa: “qui non si tratta di aderire o meno con la propria sensibilità, umana o giuridica, si tratta – quando si hanno responsabilità di Governo – di dare attuazione”.
Ieri intanto in commissione Giustizia della Camera è arrivata la risposta sempre da parte del Ministero della Giustizia a tre interrogazioni del deputato di Italia Viva, Roberto Giachetti. In quella relativa ai suicidi in carcere è emerso come dall’inizio del 2025 per il Dap si siano suicidati 16 detenuti, mentre per alcune associazioni o sindacati di polizia penitenziaria sarebbero ventidue al 30 marzo. Questo perché nella risposta all’atto di sindacato ispettivo si conferma che nel computo finale “non vengono inseriti i decessi avvenuti al di fuori degli istituti di pena”. Quindi se si tenta un suicidio impiccandosi in cella ma si muore in ospedale quel decesso non viene calcolato.