La decisione dei giudici

Per la Cassazione l’affettività è un diritto: il detenuto può avere incontri intimi e riservati con il partner

La vicenda avvenuta lo scorso 11 dicembre: è stato accolto il ricorso fatto da un legale per il proprio assistito, accogliendo le indicazioni della Cedu e della Corte Costituzionale, e smentendo il provvedimento del Magistrato di Sorveglianza che aveva avallato la decisione della direzione del penitenziario

Giustizia - di Andrea Aversa

14 Gennaio 2025 alle 18:01

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Per la Cassazione l’affettività è un diritto: il detenuto può avere incontri intimi e riservati con il partner

Nonostante l’affettività per un detenuto è stato un diritto sancito di recente dalla nostra Corte Costituzionale, oltre che dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu), ci sono stati casi di persone alle quali sono stati vietati i colloqui in forma intima. In alcuni penitenziari un detenuto e sua moglie, o la sua compagna, possono vedersi solo se controllati a vista. È stato questo il caso di un recluso A.S. difeso dall’avvocato Davide Gatti che ha impugnato, facendo ricorso, la decisione dell’Ufficio di Sorveglianza di Torino che ha avallato la decisione della direzione del Carcere di Asti, secondo cui A.S. non poteva avere un colloquio intimo con la moglie. Il motivo? La struttura detentiva non consentiva tali attività. Per il magistrato di sorveglianza quello preteso dal detenuto non era un diritto ma una ‘mera aspettativa‘.

L’affettività è un diritto dei detenuti

Peccato che in questo caso la giustizia ha trionfato e lo scorso 11 dicembre, i giudici della Corte di Cassazione, hanno annullato il provvedimento impugnato dall’Ufficio di sorveglianza, accolto il ricorso presentato dall’avvocato Gatti e rimandato la decisione per un nuovo giudizio, sempre presso la magistratura di Sorveglianza. I giudici nel motivare la loro decisione si sono rifatti a ciò che già aveva disposto la Consulta, secondo la quale è, “illegittima l’omessa previsione della possibilità di svolgere colloqui con la persona convivente senza il controllo a vista del personale di custodia, se non ostano ragioni di sicurezza, ovvero di ordine e disciplina“.

La Corte di Cassazione, il caso-Asti e la Magistratura di Sorveglianza di Torino

Per i giudici l’affettività è un diritto e non solo un’aspettativa e in quanto tale, le direzioni dei penitenziari e i magistrati di sorveglianza sono tenuti a farlo rispettare. Al contrario, si verificherebbe “una compressione sproporzionata e irragionevole della dignità del detenuto e della libertà della persona a questi legata da una stabile relazione affettiva, che risulta limitata, anche per anni, a coltivare detta relazione, pur essendo estranea al reato e alla condanna“. Ecco perché per la Cassazione, l’ufficio si Sorveglianza avrebbe dovuto valutare in modo diverso il provvedimento stabilito dall’amministrazione carceraria di Asti. Per ora lo Stato di Diritto ha vinto e la palla è tornata ai magistrati di sorveglianza. Vediamo se rispetteranno la Costituzione e la legge oppure no.

 

14 Gennaio 2025

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