La manifestazione della discordia
Manifestazione “per l’Europa”: a Roma in piazza fiori, cannoni e tanta confusione…
All’adunata di Michele Serra i più tenaci sostenitori dell’Ue militarizzata ma anche i più tenaci detrattori. Il riflesso del Pd attuale, che Schlein è tentata di rimettere in riga
Politica - di David Romoli

Nella manifestazione romana di oggi pomeriggio a piazza del Popolo converrà tenere in alta considerazione azioni e reazioni dei convenuti per avere il polso della situazione. All’appello lanciato sulle colonne di Repubblica da Michele Serra hanno risposto, sempre in nome dell’Europa, sostenitori di opinioni non diverse ma opposte. Ci saranno quelli per cui si scrive Europa e si legge Riarmo europeo e quelli per cui l’orizzonte europeo e il ReArm Europe firmato von der Leyen fanno a pugni. L’ideatore, probabilmente su spinta di una Elly Schlein in comprensibile imbarazzo avendo aderito per prima a una manifestazione che nel frattempo si era trasformata in peana al riarmo, ha precisato che il progetto Ursula non solo non è al centro della sua manifestazione ma è antitetico rispetto ai valori europei.
Sospirone di sollievo al Nazareno. I più bellicosi, come Carlo Calenda, hanno masticato amaro ma non per questo diserteranno l’appuntamento e li si può capire. È l’Europa, 95% del Pse incluso, a sostenere che l’identità tra Ue e riarmo è completa e che non c’è Europa senza cannoni. La valenza militaresca della manifestazione è tanto implicita da non poter essere cancellata neppure dalle parole di Serra o dalla presenza di Elly. Per evitare ambiguità sarebbe stato necessario trasformare apertamente l’appello in una chiamata a manifestare contro il riarmo, ma questo Michele Serra non poteva farlo. Non con il suo giornale e parte non indifferente delle adesioni che si spellano le mani per le armi di Ursula.
- Manifestazione 15 marzo 2025, perché, dove e quando: l’appello per l’Europa di Michele Serra e la sinistra divisa su armi e guerra
- Affari e finti pacifisti: la piazza di Michele Serra è il peggio di politici, lobbisti, giornalisti e intellettuali italiani
- Scendiamo in piazza per il disarmo: difendiamo l’Europa della pace e di Ventotene da von der Leyen
Conte naturalmente lucra: “Non ci saremo. Nata con buone intenzioni la manifestazioni si è infittita di esponenti favorevoli al riarmo. Non possiamo consentirci ambiguità”. Poi però, magnanimo, elogia Elly: “Ho apprezzato molto. Il suo no al riarmo è la premessa per un progetto politico di governo alternativo. La politica estera ne sarà un pilastro”. Si può immaginare facilmente quanto piacciano queste parole a quella parte del Pd che considera la politica estera vagheggiata da Conte più o meno come uno strumento del demonio. Nessuna ambiguità invece nella manifestazione convocata dalle reti di sinistra a piazza Barberini, alla quale aderisce a sorpresa anche l’Arci mentre i sindacati, con malumori nella Cgil molto maggiori di quanto sia trapelato, sarà a piazza del Popolo. Qui a essere criticato non sarà solo il ReArm ma anche quella difesa comune che andrebbe benissimo anche alla leader del Pd, se non fosse che questo Piano non c’entra niente.
È vero, in effetti, che il ReArm non ha niente a che spartire con la difesa comune. Non significa però che anche quell’obiettivo, che implica comunque riarmo e “rimilitarizzazione” della cultura europea sia accettabile e positivo. L’ambiguità è invece implicita a priori nella terza manifestazione, quella alla Bocca della Verità. È sì contro il riarmo europeo ma in nome della patria e del nazionalismo italiano. La guideranno l’ex comunista Marco Rizzo e il generale Vannacci e con questo si è detto tutto. La manifestazione di piazza del Popolo, alla quale parteciperà l’intero Pd ma con intenzioni e interpretazioni al suo interno opposto, vale come perfetta messa in scena della situazione di quel partito. Lo scoglio del dibattito parlamentare della settimana prossima dovrebbe essere aggirato, complice anche l’impossibilità di votare a favore della mozione di maggioranza a sostegno del governo. Resterebbe quella del M5s che però dovrebbe essere votata per parti separate e quindi evitare o almeno minimizzare le divisioni sarà facile.
D’altra parte le divisioni nella maggioranza aiutano a compattare. La premier è alle prese con un compito molto più difficile, inventarsi una formula che eviti la spaccatura plateale del centrodestra e nel suo caso il guaio di una spaccatura sarebbe molto più grave che a sinistra: aprirebbe una crepa tale da minare la stabilità stessa del governo. Ma conciliare posizioni opposte come quella della Lega ancor più contraria di Conte al riarmo e degli altri due partiti della maggioranza invece favorevole non si sta dimostrando un compito facile. Il Pd non farà alla destra il favore di dividersi. Ma il problema resta e dopo la disfatta di Strasburgo ora la segretaria è passata al contrattacco.
Fa sapere che un chiarimento è necessario ed è lei a brandire la minaccia di un congresso dal quale uscirebbe certamente vincente di molte lunghezze. Anche per questo la minoranza non spalleggia affatto la proposta di Zanda e anzi vuole evitare a tutti i costi uno showdown come il congresso ma anche come una conferenza tematica. La segretaria ha le armi e l’occasione per battere in breccia e imporre un chiarimento radicale sul dna stesso del Pd. Il suo giro stretto la incita a farlo. Se deciderà di andare fino in fondo o priviligerà l’unità del partito, fosse pure solo di facciata, lo scopriremo presto.