Il cantante all'addio alle scene

Umberto Tozzi: “Quando le femministe mi distrussero per ‘Ti amo’ ma rispetto ai rapper eravamo dei santi”

Il lungo saluto del cantante al pubblico nell'ultimo tour "L'ultima notte rosa" in quattro continenti. "Il problema della musica di oggi è che mancano le canzoni, forse perché non le sanno scrivere"

Spettacoli - di Redazione Web

28 Gennaio 2025 alle 12:44

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Foto Matteo Rasero/LaPresse 07 Febbraio 2019 Sanremo, Italia Spettacolo Festival di Sanremo 2019, terza serata Nella foto: Umberto Tozzi Photo Matteo Rasero/LaPresse February 07th, 2019 Sanremo, Italy Entertainment Sanremo music festival 2019, third evening In the photo: Umberto Tozzi
Foto Matteo Rasero/LaPresse 07 Febbraio 2019 Sanremo, Italia Spettacolo Festival di Sanremo 2019, terza serata Nella foto: Umberto Tozzi Photo Matteo Rasero/LaPresse February 07th, 2019 Sanremo, Italy Entertainment Sanremo music festival 2019, third evening In the photo: Umberto Tozzi

Se non ci fosse stato Giancarlo Bigazzi che lo esortava nella sua pigrizia – “sei una Ferrari con il pieno nel serbatoio che però sta chiusa in garage” – forse Umberto Tozzi non avrebbe scritto tutte le canzoni che lo hanno resto un supereroe del nazionalpopolare d’autore italiano. È in giro con “L’ultima notte rosa – The final tour“, una serie di concerti in quattro continenti dal 10 marzo in Italia: un lungo addio alle scene. Ha raccontato un po’ di aneddoti sulla sua carriera a Il Corriere della Sera.

Per quanto la critica lo abbia maltrattato, declassato a fenomeno estivo, canzonettaro, Umberto Tozzi è davvero una Supercar da oltre 80 milioni di dischi venduti in tutto il mondo. Le sue canzoni sono state tradotte e ri-arrangiate in altre lingue: è quello di Ti amo, di Gloria, di Gente di mare, della vittoria al Festival di Sanremo del 1987 con Si può dare di più in trio con Gianni Morandi ed Enrico Ruggeri, di un album solido come Notte Rosa del 1981. E menomale che la Ferrari era in garage.

La canzone Ti amo, successo clamoroso e immortale, scritta con Giancarlo Bigazzi che il direttore artistico della casa discografica non voleva nemmeno come singolo, nacque “sulle colline di Firenze, a casa di Bigazzi con la mia chitarra: mi resi subito conto che quel giro armonico era originale, specialmente a livello ritmico e metrico. Fin dal primo accordo suonato dalla mia Gibson nella versione originale del ’77, mi emoziona ancora oggi e quando la suono in ogni live … è immensa!”.

Per quel verso “fammi abbracciare una donna che stira cantando” venne massacrato dalle femministe. “Mi distrussero, dicevano che era un atteggiamento maschilista. E invece quell’immagine mi era venuta pensando a mia mamma che abbracciavo quando tornando a casa la trovavo a stirare”. Altro verso invece metteva in risalto una mascolinità meno coriacea, dura, imperturbabile. “Nel letto comando io ma tremo davanti al tuo seno”. Niente rispetto a quello che si sente oggi nella musica trap e rap.

“In effetti oggi si dice ben altro, noi eravamo dei santi in confronto… Non ascolto il rap: è giusto che ci sia, ma non mi emoziona, non mi trasmette nulla. Il problema della musica di oggi è che mancano le canzoni, forse perché non le sanno scrivere. Non credo si possa diventare come Michael Jackson con quello che sento in giro: lui invece emoziona ancora”. Snobbato dalla critica, era anche lontano dall’impegno politico. “Ho avuto un orientamento verso un altro pensiero e non mi sentivo appartenere a quei movimenti politici. Ero anarchico, non coinvolto da quelle esperienze”.

28 Gennaio 2025

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