La banalità del male
Trump è una minaccia per il mondo, Meloni si sottomette al nuovo re: così l’Italia diventa colonia americana
Occorrerebbe una forte spinta egualitaria, dalla politica. Cioè occorrerebbe una sinistra forte e radicale. Invece stravince la destra. E tutto questo sembra a tutti un fatto naturale, quasi grazioso. Sì: la banalità del male.
Politica - di Piero Sansonetti

La mattina del 5 novembre 1980, mercoledì: la notizia era che l’attore maccartista e reazionario Ronald Reagan aveva sconfitto Jimmy Carter ed era diventato presidente degli Stati Uniti. Sconfitta bruciante per Carter: 41 a 50. Conquistò solo 4 stati su 50. Quel giorno era prevista, casualmente, una riunione del comitato centrale del Pci. Andai a Botteghe Oscure (la sede del partito) per seguirla da giornalista. Incontrai su portone Paolo Bufalini che con aria solenne, pronunciò questa frase: “Nigro notanda lapillo”. Bufalini era un latinista ed era uno dei quattro moschettieri di Togliatti (insieme ad Amendola, Ingrao, e Alicata). Voleva dire, con quelle paroline latine, che era un giorno da segnare nel calendario con una pietra o una matita nera. Aveva ragione. Bufalini era una notevole mente politica. Quel giorno ci fu una svolta nella storia del capitalismo occidentale. Fine del rooseveltismo, del capitalismo sociale, e inizio della stagione dell’iper-liberismo che avrebbe travolto l’America, l’Europa e poi gran parte dell’intero mondo. Il risultato tangibile di quel capitalismo, che influenzò profondamente anche il pensiero liberale e socialdemocratico, specie dopo il 1989, fu l’enorme, folle aumento delle disuguaglianze, fotografato proprio oggi da uno sconvolgente rapporto di Oxfam.
Bene, ieri è stata un’altra giornata da segnare col pennarello nero. La presa del potere di Donald Trump. Il suo stile, la sua cultura politica, il tasso altissimo di idee reazionarie che lo caratterizzano, insieme alla ampiezza del potere che si è conquistato vincendo le elezioni di novembre, sono una minaccia molto seria per il mondo. Anche il suo linguaggio, il suo modo di discutere è spaventoso. Basta pensare che ha sdoganato, anzi santificato, la parola deportazione, che indica uno dei fenomeni più gravi al mondo di sopraffazione dello Stato sulle persone e sui diritti. E poi fa paura il modo nel quale ha composto il suo governo, imbottito di miliardari e di persone alquanto rozze.
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È un male, quello che è successo negli Usa? Sì. È un male eccezionale? No: lasciatemi usare la vecchia formula di Hannah Arendt: è un male banale. Giorgia Meloni ha voluto essere l’unica leader europea a compiere un atto solenne di sottomissione al nuovo re. Non è una cosa buona per l’Italia, che torna colonia americana, ma non della buona America di Truman, ma dell’America di Trump. Forse è una cosa buona per l’Europa che gli altri suoi leader non abbiano compiuto lo stesso atto. È una cosa buona l’urlo, isolato, del papa contro Trump. Il mondo è lacerato da inaudite e inammissibili disuguaglianze. Da clamorosi squilibri di potere e di ricchezze e di tecnologie. Occorrerebbe una forte spinta egualitaria, dalla politica. Cioè occorrerebbe una sinistra forte e radicale. Invece stravince la destra. E tutto questo sembra a tutti un fatto naturale, quasi grazioso. Sì: la banalità del male. The banality of evil.