Il marketing politico

Libri e televendite: il triste bazaar dei giornalisti campioni di incassi, il mistero buffo di Italo Bocchino

Da Cazzullo, che spazia dall’Impero romano alla Bibbia, a Mieli: i volumi più acquistati sono quelli reclamizzati nei talk. Con una eccezione: Bocchino

Cultura - di Michele Prospero

12 Gennaio 2025 alle 13:58

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Foto collage Lapresse
Foto collage Lapresse

Libro e moschetto? Macché! La premier è ormai in piena autocritica. Getta via il libro (ha ammesso: “non riesco a leggere un libro da più di due anni”), ma mantiene saldo il fido “Musketto”. L’egemonia nel freddo campo del pensiero conta meno dei satelliti di Musk e della sovranità dispiegata nello spazio infinito e sui ghiacciai della perfida Groenlandia. Avendo pure fatto astinenza dalla tv, Giorgia Meloni ha sprecato l’opportunità di lasciarsi guidare dall’etere verso la buona lettura. È dai tempi di Paul Felix Lazarsfeld che gli studiosi si interrogano sugli effetti che la televisione ha nelle scelte (non solo elettorali) degli individui.

Anche il sociologo viennese, il quale negava l’esistenza di una diretta causazione mediatica dei comportamenti, è costretto ad arrendersi davanti a ciò che accade, non tanto nelle urne – dove pesano maggiormente gli influencer –, quanto nelle classifiche dei libri più venduti. Scrutandole, si ha la chiara impressione che la potenza degli strumenti di comunicazione risulti irresistibile. Immancabilmente in testa, come riferisce la pagina domenicale del Sole 24 Ore, si trovano infatti i prodotti letterari dei giornalisti: sono sempre i soliti cercatori d’oro, quelli che più girano tra i programmi con la loro nuovissima mercanzia in bella mostra. Le merci, diceva già Marx, appena tu per accidente le guardi ti rapiscono ammiccanti. Questo loro linguaggio seduttivo è amplificato dal tubo catodico che ammalia il consumatore di talk o di rotocalchi.

Il piccolo schermo, quasi per magia, trasforma il Cazzullo da Alba in un novello Pico della Mirandola che, ottenuta la sudditanza della tastiera, sfida ogni specialismo e supera qualsiasi umana limitatezza. In pochi mesi la memoria prodigiosa di via Solferino si è allenata per registrare informazioni e sfornare monografie su Dante e sulla Bibbia, sull’Impero romano e sulle guerre dei nostri nonni, sul Risorgimento e su Mussolini il capobanda. Con la sua lunga marcia nel fronte del video, tra una giornata particolare in prime time e una normale buca delle lettere del Corriere da riempire, Aldo Cazzullo consegue ogni anno la maglia rosa dei diritti d’autore. Adesso figura in cima alle vendite da ben 14 settimane.

Nel realizzare simili imprese, con la spintarella decisiva delle telecamere che permettono un percorso facilitato per scalare la vetta delle compere cartacee, ha fatto da apripista (oramai da lustri) il presidente vitalizio della “terza Camera”, nonché inchiostro logorroico della Maiella. Alla vigilia delle feste comandate, la sua mascella imperversa regolarmente in tutti i salotti per esporre in vetrina l’ennesima strenna natalizia – ancora una volta si parla di Mussolini e Hitler. Non si capisce perché un industriale della carne, se vuole fare pubblicità alle sue polpette, debba scucire quattrini, mentre Bruno Vespa, al pari di Paolo Mieli (anche lui non scherza con le televendite), per piazzare il suo voluminoso polpettone possa cavarsela gratis con i consigli per gli acquisti.

Le reti “amichettiste” (copyright di Fulvio Abbate) consentono di invadere il mercato, con oltre duecentomila esemplari smerciati, anche ai gialli concepiti da Walter Veltroni, scrittore, regista, intervistatore. Prolifico in tutti i rami multimediali, ha appena distrutto l’ultimo mito dei centri sociali tramutando il leggendario Jürgen Sparwasser (calciatore della Germania Est protagonista di un celebre gol-vittoria contro i nemici dell’Ovest ai mondiali del 1974) in un fuggiasco, per giunta seguace pallonaro della sua epica dottrina del “non sono mai stato comunista”.

Dinanzi alle tonnellate di tomi che il quinto potere fa comprare, cade il giudizio riduttivo di quanti non intravedono il nesso tra il numero delle copie rifilate e l’incessante lavoro di traino televisivo. Tuttavia resta in piedi un mistero buffo del marketing politico: come mai Italo Bocchino, che poggia le scattanti membra su ogni sgabello e divanetto di La7, non rende commerciabile le sue sudate carte, rimaste a quintali ammassate nelle librerie?

La risposta forse appare scontata: se nemmeno Meloni ha letto la fresca creazione intellettuale di Bocchino, che da analista profondo dei fenomeni ha colto in lei i tratti della “nuova Merkel” e in Fratelli d’Italia una rinata Dc di De Gasperi, immaginare gli scaffali presi d’assalto era impossibile anche per l’editore Urbano Cairo. Talvolta alcune opere dell’ingegno, frutto di un talento afferrabile soltanto dai posteri, richiedono il sostegno di un mecenatismo puro, svincolato dalla logica meschina del guadagno.

12 Gennaio 2025

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